31 luglio 2012

Politico de panza, politico in vacanza!


Agosto è alle porte. E la politica va in vacanza. Pure quella locale che, diciamocelo, non è che si sciatti troppo. I Bicarbonati continueranno ad alleviare gli acidi pure in questo mese e anche in assenza di notizie su cui ricamare qualche pensiero a piede libero. Del resto la tecnologia lo consente. E’ sufficiente una chiavetta, un portatile, un po’ d’ombra e un bicchiere di Chinotto. Le sigarette, invece, no. In certi momenti sono meglio del Vangelo ma vista l’età e i rischi meglio tirare una riga. Il fumo fa male e non aiuta la spending review personale. Mentre faccio questa dichiarazione d’intenti non posso non pensare alle vacanze dei politici. Di questi tempi è meglio non strafare e mantenere un certo riserbo. Infatti tutto tace e non ci sono notizie sulle destinazioni di sindaco, assessori e consiglieri. E allora non ci resta che immaginarle le loro vacanze. Magari ritagliandole a partire da ciò che fanno e pensano. E da come ritorna indietro la loro immagine. La prima domanda è d’obbligo: Sagramola che combinerà in questo agosto di fuoco? Non sembra tipo da mare con infradito e asciugamano in spalla, ma da sbraciolata di monte a base di costine, salsicce e qualche senso di colpa. Da espiare nella foresteria del Monastero di Fonte Avellana: cilicio stretto alla coscia, bambolotto con la faccia di Sorci e ninna nanna romantica per il predecessore: “Se mi lasci non vale”. Resterà invece a riposarsi a casa Angelo Tini. In giardino, in quel di San Donato. Sdraio comoda ma senza ombrellone sennò si blocca la calcolatrice a energia solare che gli ha regalato Marco Boldrini e non potrà continuare a confondere le spese per le mense scolastiche con quelle per i cateteri e i trasporti pubblici con l’acquisto di nuove barelle per l’Ospedale. Vacanza low cost pure per l’assessore al Turismo Balducci che non ha sciolto la riserva tra piazzare una canadese nell’area camperisti del nuovo campo sportivo o approfittare delle personali entrature per affittare la freschissima cripta della chiesa di San Benedetto. Grande attesa per la decisione vacanziera di Pariano. Parenti e amici lo danno per certo in Calabria ma pare che Pino stia pensando seriamente di passare le ferie in aula consiliare per evitare che qualche buontempone del Pd gli nasconda la poltrona e il campanello da Presidente. Non sarebbero casuali, in tal senso, intere cassette di peperoncini rossi accatastate nell’atrio di Palazzo Chiavelli. Prenotazione in beauty farm per Roberto Pellegrini, capogruppo dell’Udc. Già pronti i mutandoni da lottatore di sumo. Per lui si profilano pure spiragli di dieta macrobiotica: paccheri con guanciale di mora romagnola, porchetta di Bevagna in crosta, melanzane alla parmigiana. In conclusione tiramisù della casa per compensare i coglioni tirati giù, conseguenza diretta dell’Udc in maggioranza. Avvistata invece in Grecia la consigliera Lilia Malefora. Per approfondire l’etimologia della parola demagogia che tanto le garba usare con l’opposizione. E’ stato amore a prima vista e cambio rapido d’anagrafe: Lilias Maleforas. Non c’è verso di farla rientrare in Italia. Neanche comunicandole, in tempo reale, la notizia che Paglialunga ha rassegnato le dimissioni da assessore per l’incarico di erbario a Montefano. Aria di vacanze anche dalle parti dell’opposizione. Pare che Urbani si sia deciso a partire solo perché le sue cene ormai vanno deserte e la Sagra di Nebbiano quest’anno non porta voti. Vacanza last minute anche per Marco Ottaviani che, pare, non riesca a decidere quale crema solare portarsi al mare. Qualche orecchio lesto pare abbia messo nero su bianco i responsi cumani del verticalissimo Ottaviani che volentieri riportiamo: “Mostrommi a me discente dell’aureo Ippocrate il profilo dell’eburneo tubo da cui la cremosa mescola discende all’epidermide e ivi si posa come a lenir l’effetto scarlatto di inesorabile canicola”. E per finire la vacanza in campeggio dei nuovo eletti. Tutti al mare. In cerca di un posto al sole che per ora è occupato da altri piombatissimi culi. Leporoni guida la comitiva verso riva mentre Guidarelli è lì per tutti. A gonfiar canotti. Per i lettini e gli ombrelloni, tranquilli, che c'è il bronzeo Castriconi. E per i cittadini esigenti e un po’ fregnoni? Niente. Solo qualche colpo d'IMU sui coglioni.

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30 luglio 2012

L'auto del Comune e l'asta tosta

George Orwell in 1984, il suo testo denuncia del totalitarismo sovietico, parlava di neolingua per descrivere il principale strumento della dittatura mentale del Grande Fratello. Una neolingua in cui ogni parola significa sistematicamente il suo contrario e diventa la chiave universale di controllo del pensiero. Grazie al cielo le società totali sembrano in via di estinzione, ma qualche brutto vizio resta comunque in circolo. Qualche giorno fa, sul quotidiano La Stampa versione on line, è apparso un articolo elogiativo del taglio ai costi operato dalla Giunta Sagramola. Motivo dell'elogio: la messa all'asta dell'unica auto blu in dotazione del Comune di Fabriano. Cose che fanno presa in tempi di politica sputtanata. Dettagli che scatenano l'elogio facile e i visi compiaciuti. Particolari che alimentano la neolingua dell'elogio. Siccome siamo democratici e ci stanno profondamente sul culo la neolingua e i suoi ribaltamenti sarà il caso di inserire l'asta tosta nel suo contesto. Ricordando che la prima asta per la vendita dell'auto è andata deserta nonostante la base d'asta fosse da rottamazione allo stato puro. E il contesto si chiama Bilancio di Previsione 2012. Per cui si scopre che vengono messi a bilancio 17.000 euro per il noleggio di automezzi riservati al Comune. E ancora, che è previsto un incremento del 30% delle spese per carburanti, pneumatici e lubrificanti. E sti cazzi! All'anima della spending review e del francescanesimo rivenduto ai giornalisti nazionali! Faccio il figo vendendo l'auto blu e poi riprendo le auto in affitto. Così i cittadini sono contenti e cojonati. Come ripetutamente e allegramente accade. Ma siccome non c'è limite all'idealismo si va avanti a sperare e a crederci, immaginando sforbiciate da potatura di montagna sui costi della politica. Le spese a preventivo per il Consiglio Comunale per il 2012, tanto per dirne una, ammontano a circa 150.000 euro. In parallelo i tagli ai trasporti per studenti e disabili sono pari a 90.000 € di spese dirette più 13.550 di contributi. Insomma, più di centomila euro. Considerata la dimensione territoriale del nostro Comune c'è da gridare vendetta al cospetto di Dio. L'opposizione prova a metterci una pezza e a recuperare qualcosa tagliando la quota di risorse destinata al Consiglio Comunale. Attraverso un emendamento propone un taglio lineare del 13% che consente di recuperare 20.000 euro da destinare al trasporto dei ragazzi e dei disabili. Apriti cielo! La reazione corporativa dei consiglieri di maggioranza non si fa attendere. Manco fossero tutti con le pezze al culo, visto che se li prendiamo singolarmente non pare proprio che debbano ricorrere alla Caritas. Ventimila euro che non avrebbero compensato di certo il taglio ma che potevano rappresentare un concreto segnale di interesse verso i giovani, già bastonati dalla decurtazione integrale delle risorse destinato alle politiche giovanili. In più si sarebbero potuti aggiungere altri 27.500 euro derivanti dalla rinuncia alla nomina di un portavoce del Sindaco, che in una città di piccole dimensioni come Fabriano può tranquillamente fare il portavoce di se stesso: 20.000 euro di spese dirette, 3.000 euro di contributi e 3.500 euro di altre spese connesse. In questo modo si potevano recuperare, con qualche altra piccola aggiunta, circa 50.000 euro dimezzando il taglio ai trasporti di studenti e disabili. C'è quindi puzza di neolingua nel tentativo di far passare la Giunta Sagramola come punta di diamante dei tagli alle spese inutili e improduttive. La verità è un' altra e contraria a questa semplicistica vulgata: tagli alle spese che contano e lisciate di pelo alla casta. Scelte che magari non valgono quanto la notizia bufalara su un grande quotidiano e che mostrano il fiato corto di chi governa appena un ficcanaso qualunque prova a far di conto e non farsi fottere dalle parole. Asta tosta oggetti tosti per tutti i costi!

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29 luglio 2012

Caso Ardo: gli assordanti decibel del sindacato

Sul caso Ardo sono intervenuti duramente i sindacati, con la Fim Cisl in testa, che accusano il pool di banche, che ha presentato ricorso al Tribunale di Ancona in merito alla vendita dell'ex gigante fabrianese del "bianco", di aver messo in atto una sorta di azione immorale che mette a repentaglio il futuro dei circa 700 lavoratori riassunti dalla JP Industries. Siccome i giornali locali si accodano alla doglianza senza alcun approccio critico credo valga la pena puntualizzare qualche faccenda utile a chiarire la situazione. Cosa è successo di tanto scandaloso da portare al massimo livello i decibel sindacali? Semplicemente che il Tribunale ha deciso di nominare un perito per verificare se la vendita della Ardo sia stata taroccata al ribasso e se, per caso, con questa operazione, le banche si configurino come parte lesa per un ammontare, in solido, di circa 187 milioni di euro di crediti, divenuti in un istante vera e propria carta da culo. Le banche sono imprese commerciali che ricercano un profitto attraverso il quale remunerare il capitale di rischio degli azionisti. Come da mission, normativa e statuto. Per ottenere il profitto prestano denaro a un determinato tasso di interesse. Denaro che proviene dai depositi e dagli investimenti dei risparmiatori. Cioè da roba su cui non si scherza, tanto che il sistema bancario è sottoposto a una rigida normativa oltre che alla vigilanza della Banca d'Italia. Accusare le banche, creditrici verso la Ardo per qualcosa come 360 miliardi di vecchie lire, di voler far saltare un disegno industriale e occupazionale solo perchè esercitano un diritto consentito dalla legge e inquadrato da una specifica procedura, getta una luce inquietante sul senso di responsabilità generale del sindacato. Anche perchè il sistema bancario non è soltanto popolato da squali assetati di sangue ma, principalmente, da migliaia di lavoratori che, tra l'altro, in questo periodo stanno subendo dolorosi processi di ristrutturazione. Lavoratori che magari sono iscritti al sindacato e alla Federazione dei bancari della Cisl, tanto per essere chiari. La visione confederale dovrebbe suggerire prudenza ai dirigenti locali del sindacato, perchè non si può pensare di risolvere le vertenze del comparto metalmeccanico scaricandole sulle spalle dei bancari, senza rompere quel patto di solidarietà tra categorie che dà senso e sostanza a un sindacalismo davvero fondato sulla rappresentanza e sull'armonizzazione degli interessi in gioco. Oltre a questo va anche ricordata un'altra cosa importante e cioè che il Tribunale vuole capire se la vendita della Ardo è avvenuta con l'azienda in funzionamento o in stato di blocco totale della produzione perchè ciò avrebbe comportato una valutazione diversa dei valori di vendita. In questo senso va ricordato che l'applicazione della Legge Marzano prevede che l'azienda sia in funzionamento e che sulla base di questa premessa si possano percorrere due strade: la ristrutturazione o la vendita in solido o per singoli asset. La Fim Cisl, in questo quadro, non può limitarsi a difendere la cessione in sè  della Ardo al nuovo acquirente, ma dovrebbe avere il coraggio di fare una riflessione a tutto campo su scelte che hanno determinato anche una violenta lacerazione tra i lavoratori salvati e riassunti e quelli rimasti fuori da ogni gioco. Anche perchè i 700 riassunti sono tuttora lavoratori in cassa integrazione e l'operatività della nuova azienda langue. E per sincerarsene è sufficiente uscire da Fabriano e passare avanti agli stabilimenti di Santa Maria. Inoltre se il sindacato teme così tanto il ricorso delle banche e le decisioni del Tribunale vuol dire che, implicitamente, ne riconosce la fondatezza e la concretezza. Così come credo riconosca le debolissime basi industriali dell'operazione. E visto che ci siamo sarebbe anche il caso che le confederazioni si pronunciassero su una questione di fondo fino ad ora sistematicamente rimossa e cioè se non fosse stato meglio il fallimento della Ardo, che avrebbe consentito a molte aziende dell'indotto di recuperare qualche quota di crediti invece di chiudere i battenti e mandare a casa centinaia di persone, senza che questo stillicidio di nuova disoccupazione creasse indignazione nelle organizzazioni dei lavoratori. In conclusione consiglio ai nostri sindacalisti di approfondire anche un po' di storia del sindacato, perchè si renderebbero conto che il rispetto assoluto della legalità e delle regole - anche quando a sostanziarle è un Tribunale - è la migliore garanzia per i lavoratori e per l'esercizio dei loro diritti. Tutto il resto, invece, ha il sapore della complicità e del pastrocchio. E, sinceramente, a leggere certe dichiarazioni di parte sindacale il palato non gode.

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27 luglio 2012

La maggioranza...silenziosa

Innanzitutto vorrei ringraziare tutti quelli che ieri sono venuti a leggere questa pagina, che ha battuto il record di visualizzazioni in una giornata da quando il blog è in funzione: 730 rispetto a una media giornaliera di circa 300. Spero davvero di essere riuscito a raccontare in modo diverso un lunghissimo e denso consiglio comunale che non ha fatto mancare momenti di ilarità e attimi di tensione. Ma il lungo monitoraggio mi ha anche restituito un sapore amaro di "democrazia amputata" perchè è netta l'impressione che questo mandato amministrativo si svolgerà in assenza di uno dei protagonisti istituzionali della dialettica democratica: la maggioranza consiliare. In circa dodici ore di Consiglio Comunale l'intera discussione sul Bilancio Preventivo si è concentrata in un serrato confronto tra Sindaco, Vicesindaco e Opposizione. Con al massimo qualche blando e impacciato intermezzo assessorile. Ciò significa che sul documento di indirizzo fondamentale per la vita della nostra comunità i fabrianesi che hanno votato per il centrosinistra non hanno alcuna voce che li rappresenti in Consiglio Comunale e neanche un diritto di tribuna ma solo mani obbedienti che si alzano e si abbassano. In questa fase non è facile comprendere a fondo le ragioni di questa involuzione. E quindi capire se si tratta di una desertificazione naturale prodotta da un sistema elettorale che premia i cercavoti più che i portaidee, se si possa imputare il silenzio all'inesperienza dei nuovi eletti o se invece l'ostinato silenzio dipenda da una scelta politica e cioè trasferire i poteri di discussione e confronto dalla maggioranza consiliare alla Giunta. In quest'ultimo caso si tratterebbe di una scelta inquietante perchè già adesso il Consiglio Comunale è esautorato di gran parte dei suoi vecchi poteri che sono stati avocati dalla Giunta e dalla tecnostruttura con la famigerata legge Bassanini. Si rischia quindi di raddoppiare la dose di presidenzialismo - già congenita all'elezione diretta del Sindaco - con l'effetto di sacrificare la discussione alla decisione e le assemblee elettive al primato della governabilità. Quello a cui abbiamo assistito ieri è un impoverimento profondo del Consiglio Comunale e spetta alla minoranza - per una volta puntuale e baldanzosa - farsi carico della centralità perduta del Consiglio Comunale. Una città in ginocchio che smette anche di discutere e si rimette a decisioni taumaturgiche e non condivise è una città condannata a replicare gli errori del passato. E come spesso accade spetta alle minoranze - illuminate o meno che siano - prendersi la responsabilità di reggere l'intera baracca. Ai consiglieri di maggioranza, invece, rivolgo un caloroso invito: la prossima volta...nascondeteve!
    

26 luglio 2012

Sbirciatine in tempo reale sul Consiglio

Alle 9.30 comincia il Consiglio Comunale. Si discuterà del bilancio preventivo 2012. Probabilmente fino a tarda sera. Il blog dei Bircarbonati seguirà i lavori sbirciando qua e là e di tanto in tanto. Mano a mano ne daremo conto ai lettori con una sequenza in tempo reale di battute, descrizioni e citazioni. Seguitemi...non ve ne pentirete.

08.50 Incontro al Bar Centrale con Tini. Occhiale da sole. Rilassato. E' il suo giorno trionfale ma finge di esserci abituato. Nessun "ribollir dei tini". Per ora.

09.29 La diretta streaming non inizia. Vaghi sospetti di ritardo accademico. 

09.32 Inno di Mameli. Renzo Stroppa a braccia conserte imitato dall'assessore Balducci

09.34 Pariano giustifica l'assessore Rossi assente. Il Preside tace.

09.36 Parla il Preside Sagramola. Terra, Salute, Carta, Acciaio. Ma che c'entra col Bilancio?

09.41 L'assessore Balducci stira i riccioli per scongiurare la pennica

09.44 Pino Pariano a mani giunte. Oh Gesù!

09.49 Il Preside Sagramola illustra il programma dell'Azione Cattolica

09.56 Il Segretario Comunale si arma di ventaglio. Sagramola butta caldo?

10.00 Le frazioni luoghi di cultura e di arte. Aiutatece....

10.02 Inizia Tini. Esordio gastronomico: "La carne sul foco ce n'è molta"

10.03 Mimica irrefrenabile: un mix tra Rutelli e Alberto Sordi

10.13 Tini bastona la Giunta precedente. La maggioranza tace. Sorci chissà.

10.19 Tini spiega al Consiglio anche come si fa la carta. Un Sindaco vero.

10.20 Alianello scrive da quasi un'ora. O guarda le figure?

10.23 Tini: mi arcingo a chiudere il discorso. Non si diceva accingo?

10.29 Continua la rissa tra Tini e la lingua italiana che è la sua vera opposizione

10.32 Inizia D'Innocenzo. In blu, con profilo tartarughesco.

10.36 Silvanello non carbura

10.40 Secondo D'Innocenzo paghiamo il canone di depurazione dell'acqua senza depurazione. Paghiamo perchè caghiamo ma resta tutto in merda

10.54 Parla Urbani. Didascalico. Puntiglioso. Quasi ragionieristico.

11.02 Giovanna Leli con gli occhiali scuri in testa. Sta cercando un posto al sole? Orecchini terrorizzanti: ci può saltare dentro un leone del circo

11.10 Tini interrompe Urbani. C'eravamo tanto amati

11.11 Interviene Romagnoli. Vuole le relazioni degli assessori. Dice "modus facendi"...si dice "modus operandi"

11.15 Viene evocato Antonio Merloni. Panico in aula senza fuggi fuggi

11.17 Ottaviani parla con gli occhiali in testa. Sicuramente non fungono da fermacapelli

11.23 Continui riconoscimenti di Ottaviani all'intervento di Urbani. Urbani gongola e rigongola

11.28 Ottaviani nomina Sorci. Salta immediatamente il collegamento streaming

11.32 Ottaviani: "azione pedissequa del microchip". Riunione d'urgenza all'Accademia della Crusca

11.35: Ottaviani: "siete tornati ai presocratici.....Talete, Anassimandro, Anassimene. Vorrei sapere che è Anassimene". Castriconi dice di no e si chiama fuori

11.55 Tini: "il museo della carta è gestito in maniera promiscua"...gemiti in Consiglio

11.59 Primo intervento di Alianello da assessore. Si intravede lieve scagaccio

12.09 Ancora Tini....no Tini no party...

12.13 Tini: stiamo parlando di bambini normali non di disabili...da dimissioni

12.19 Tini: "io rimango coerente". Io rimango male...

12.28 Parla la dott.ssa De Simone. Con la chewing gum in bocca. O caramellina.

12.34 Attendiamo con ansia l'intervento dei consiglieri di maggioranza.

12.42 Sagramola: questo non  è il libro dei sogni. Amen

12.50 Pariano annuncia con dieci minuti di anticipo l'ora del pranzo. Più peperoncini per tutti

15.17 Il Consiglio è ricominciato. Le facce dei consiglieri segnalano digestioni incombenti

15.18 D'Innocenzo descrive la fisiognomica del portavoce di Sagramola. Sorrisi imbarazzati sui banchi della maggioranza

15.22 Alianello e Galli in scuro con occhiali in testa. Modello Blues Brothers o Jene? A scelta

15.23 Si parla di servizi funerari. Mani dei consiglieri maschi pericolosamente sotto i tavoli...

15.26 Zoomata su Paglialunga ai margini dei banchi assessorili. Caso o segnale politico?

15.35 Solari attacca il cambio politico di Tini. Cuoricini svolazzano intorno a Urbani

15.37 Solari: Turismo e cultura panacea per i mali di Fabriano. Forse pensava a Panarea

15.40 Sorci in visita urgente dall'otorino per eccesso di citazioni

15.45 Urbani alza gli occhi al cielo con bocca semiaperta, in evidente affanno respiratorio

15.48 Ancora acqua in bocca tra i consiglieri di maggioranza. Il livello delle brocche scende a vista d'occhio

15.58 Ottaviani: "diastasi della sutura". Digestioni sempre più a rischio

16.01 Tini accusato di anglofilia consulta indifferente l'annuario mondiale delle malattie 

16.12 Ottaviani continua a chiamare l'assessore al bilancio Angelo. Ma non si vedono le alucce

16.14 Auguri del Consiglio al Segretario Comunale. Per l'onomastico o perché lascia l'incarico? Più facile la seconda

16.19 Bonafoni si siede vicino a Galli. Rimpasto in vista?

16.22 Romagnoli evoca il popolo boliviano. Più coca per tutti

16.25 C'è bisogno di sognare. E' vero. Basta guardare i banchi della maggioranza. Tutti in fase REM

16.28 Interviene Crocetti. Tutti col fiato sospeso

16.30 Crocetti difende Sorci che si sente definitivamente in croce

16.31 Salvate il soldato Crocetti da se stesso

16.35 Urbani canta con l'Equipe 84. Karaoke politico

16.39 Ottaviani versa l'acqua a Urbani. Momenti di emozione

16.40 Urbani non ha resistito al richiamo del passato con Tini. L'amore conta

16.45 Urbani ha sciolto i cani. Una lacrima sul viso?

16.47 Tini si alza chiama Ottaviani e esce dall'aula mentre Urbani parla. L'amore non conta più

16.49 Urbani si definisce fido scudiero di Tini il Maestro. Anzi il tronista. Modello Maria De Filippi

16.53 Urbani...red passion

16.54 Interviene l'assessore Balducci. Chioma alla Branduardi. Alla fiera dell'est

16.58 Fabriano luogo nevralgico grazie alla Rassegna dell'Acquerello.Siamo salvi!

17.00 Balducci rimprovera l'approccio professorale di Romagnoli. Perchè ancora non c'ha pisciato.

17.01 Dall'Equipe 84 a Mina. Speriamo di non arrivare a Pippo Franco

17.03 Paglialunga cita Battisti. Si rivolterà nella tomba?

17.08 Paglialunga rivendica con tono craxiano i successi di assessore all'ambiente e della Giunta Sorci. Alianello sorride a denti stretti

17.12 Romagnoli afferma che lui è portavoce del movimento e dei cittadini. Sagramola, esperto in materia di portavoce, annuisce

17.16 Prende la parola Galli. Se c'è Aia c'è gioia

17.20 Prosegue l'orazione di Galli che usa molte parole per contestare l'uso di troppe parole

17.30 L'assessore Saitta vuole creare una rete a maglie strette. Co sto caldo!

17.37 Tini: abbiamo fatto quel che era umanamente possibile fare. Come è umano lei!

17.59 Tini continua a parlare. A rischio l'aperitivo dei consiglieri

18.56 Fra poco raggiungo i consiglieri in Consiglio. Grazie a tutti e.... sti cazzi!
    

25 luglio 2012

Il Caso Ardo e le domande a fondo perduto


Il caso Ardo è scomparso di scena da mesi. Dimenticato. Rimosso come una brutta storia di cui è meglio non far menzione. Magari per evitare il rischio di inciampare nella verità. Unica eccezione l'aggiornamento continuo sul rinnovo della cassa integrazione che, oltre a rasserenare lavoratori e famiglie, serve a spostare tutta la materia dal cervello al cuore della nostra gente. Invece la notizia di oggi è che il Tribunale di Ancona ha nominato un perito per verificare la correttezza delle modalità di vendita della Ardo al Gruppo JP Industries. La decisione del Tribunale nasce dal ricorso presentato da un gruppo di banche,  esposte con la Antonio Merloni per circa 180 milioni di euro, che chiedono l'annullamento della vendita perché sarebbe avvenuta sottostimando vistosamente i valori di mercato e quindi mandando in fumo i loro crediti. Non essendo un tecnico del diritto societario e delle operazioni di cessione aziendale evito di scivolare in qualche affermazione da ignorante. Ma un filo di civetteria autosbrodolante me la regalo, ricordando che il 19 novembre 2011, come segretario locale della Lega Nord, rilasciai - in totale solitudine e proprio mentre il Sindaco Sorci proponeva di realizzare monumenti in marmo al nuovo capitano d'industria - una dichiarazione ripresa dal Corriere Adriatico che sottoscriverei anche oggi: "Tredici milioni di euro per comprare tutta la baracca sono cifre da svendita nel bazar cinese. Ma c’è dell’altro. Qualcosa che fa pensare ai pavimenti impolverati che vengono ripuliti buttando lo sporco sotto i mobili. In questa situazione, chi ci rimette è la Carifac che, grazie all’operazione Ardo, prende una legnata da 10 milioni di euro”. Da cittadino e contribuente spero che la decisione del Tribunale di Ancona sia l'occasione per cominciare a fare piena luce su quanto è accaduto attorno alla Ardo, visto che alla fine dei giochi è un'intera comunità ad essercisi rotta l'osso del collo dal punto di vista economico e occupazionale. Ma siccome mi interessa il risvolto politico delle operazioni economiche mi piacerebbe alquanto trovare il bandolo di questa misteriosa matassa. Per ora mi limito a rivolgere a me stesso e a chi legge questo blog qualche domanda.


  • Perché il fallimento di un gruppo che aveva un fatturato consolidato al 2007 di circa 850 milioni di euro, 10 siti produttivi e circa 5.000 dipendenti è stato totalmente silenziato quando per realtà industriali in crisi enormemente più piccole si è costruito un battage mediatico tale da alimentare attenzione e soluzioni?
  • Perché due multinazionali - cinese e iraniana - partecipano a un bando internazionale di vendita l'una dimenticando di versare la cauzione di due milioni di euro necessaria a partecipare e l'altra presentando un Piano Industriale senza risorse a sostegno ma anzi chiedendo che fosse lo Stato a finanziarlo a fondo perduto? Era forse un bando per guadagnare tempo? E con quale scopo?
  • Come è possibile che una realtà industriale di queste dimensioni, seppur tecnicamente fallita, possa essere acquisita da un gruppo industriale venti volte più piccolo in termini di fatturato?
  • Il valore della vendita è stato stabilito sulla base di criteri di mercato o in relazione alle capacità finanziarie dell'acquirente?
  • Considerato che l'acquisizione era comprensiva di circa 200.000 metri quadri di spazi al coperto (da me approssimati per enorme difetto), ovvero di capannoni, ciò vuol dire che siamo a un valore di 65 euro al metro quadro. E non credo di sbagliarmi sostenendo che a valori di mercato siamo attorno ai 600 € a metro quadro. E' stata quindi un'operazione industriale o prevalentemente immobiliare?

A queste domande non so rispondere perché presuppongono informazioni e dettagli di cui nessuno di noi dispone. Eppure le considero modeste ma fondate deduzioni di un ignorante su cui costruire un'operazione verità assolutamente necessaria per capire fino in fondo chi siamo e dove viviamo. Ne vogliamo parlare?

    

24 luglio 2012

Il Bilancio Preventivo e il Cubo di Rubik

In uno spassoso film di Verdone due marpioni delle pompe funebri si presentano a una coppia lacrimante per accaparrarsi il funerale della povera mamma appena deceduta. La coppia resiste alle pressioni commerciali dei due brutti ceffi e opta per una cerimonia senza fronzoli. Uno dei due impresari, in brutale accento romanesco, si rivolge quindi a Verdone per stigmatizzare la pessima scelta: "pensatece...state a ffà un funerale de na tristezza unica". Ecco, buttando furtivamente l'occhio sulla relazione politica, redatta dall'assessore Tini, che accompagna il Bilancio di Previsione 2012 ho pensato che sta Giunta a sta città glie sta affà un funerale de na tristezza unica. Una relazione politica in cui non c'è un rigo di politica, di descrizione del contesto, di lettura della crisi del modello economico locale, di previsione del futuro e dei possibili contraccolpi sulla spesa pubblica, di posizionamento delle scelte nel trend economico e sociale, di traduzione in cifre delle grandi linee programmatiche con cui l'Obitorio Marche ha vinto le ultime elezioni, di opzioni fondate sulla tenuta del Patto Sociale che regge la comunità prima che sui vincoli del Patto di Stabilità. La relazione politica allegata al Bilancio di Previsione è, invece, l'ennesima relazione contabile e ragionieristica, dove il bilancio si delinea come entità autoreferenziale, che dialoga con se stessa e per tale ragione si fa strumento della tecnostruttura comunale più che rappresentazione di una politica intesa come arte della decisione lungimirante. L'unico cenno, non a caso, non è alla strategia ma alla tattica politica, al piccolo cabotaggio, alla visione a corta gittata delle formiche: prendere le distanze dal passato, accennare ai diversivi e alle omissioni di chi ha concluso il mandato, cavarsela spostando al prossimo documento previsionale l'entrata a regime della nuova amministrazione e ironizzando sul buongoverno del passato mandato. Un lancio all'indietro di patate bollenti usato, in grande, da Tremonti e da Monti ma che in mano a Tini assume un qualcosa di inevitabilmente collinare. Provate a dargli uno sguardo appena ne avete modo: è un rosario di puntualizzazioni sui residui attivi, sui servizi alla persona da far pagare in anticipo per far subito cassa ma senza uno straccio di analisi seria e dettagliata sulla crisi delle famiglie, l'assottigliamento dei patrimoni familiari, il welfare erogato dalle strutture parentali invece che dalla mano pubblica. Oltre a questo c'è da dire che la relazione politica è innanzitutto un atto di trasparenza nei confronti della comunità e solo in seconda istanza un allegato da sottoporre al vaglio delle forze politiche e dei consiglieri comunali. E per essere trasparenti con il popolo sovrano occorre innanzitutto garantire agli atti leggibilità e comprensibilità. Non è tollerabile che per capire come si muove il denaro pubblico occorra iscriversi a un corso di formazione sulla Contabilità dello Stato o elemosinare spiegazioni per sapere che cazzo voglia dire "impegni in dodicesimi", "residui attivi", "ruoli coatti", "Titolo 1", "spesa corrente". Questa è una microlingua specialistica che denota separatezza e serve a tirare una riga netta tra addetti ai lavori e popolo bue, tra i politici avvezzi al geroglifico e la massa dei contribuenti che parla come mangia. Ma poiché nell'analisi delle cose occorre essere minimamente equanimi, a Tini un merito è giusto riconoscerlo. Essere stato l'artefice di un'operazione politica seducente per machiavellico puntiglio: convincere la maggioranza di centrosinistra - che già era maggioranza nel quindicennio precedente - a sposare le tesi ferocemente critiche sui conti del Tini di centrodestra fino al punto di fare della linea del vecchio centrodestra, a trazione Udc, un vestito nuovo ricamato addosso al centrosinistra. Insomma una roba difficile pure da spiegare con la parola scritta, un Cubo di Rubik risolto in poche settimane e con una rapidità da carrarmato tedesco. Questo vuol dire che Angelino da San Donato non è solo un volenteroso conoscitore del Bilancio - esperto in minutaglie più che nella visione d'insieme - ma pure un acuto manovratore politico che, a colpi di cifre, sorrisi e tecnicismi, ha messo il Pd col culo per terra e l'Udc, ossia se stesso, sul seggiolone di velluto. Fossi Sagramola gli limerei le unghie col supporto di un onicotecnico specialista. Perchè un assessore al Bilancio deve razionalizzare le visioni del Sindaco e non imporre alle visioni del primo cittadino un vincolo preventivo e una camicia di forza contabile. A meno che uno non si chiami Monti o Tremonti. Ma San Donato, per ora e fino a prova contraria, è solo località di collina.
    

23 luglio 2012

I Poliziotti del Cielo


“Tu, con la tua virtù, Robespierre! Tu non hai preso denaro, tu non hai fatto debiti, tu non ti porti a letto le ragazze, indossi sempre un vestito decente, non ti sei mai ubriacato. Robespierre, sei di una rettitudine rivoltante. Io mi vergognerei di aver corso fra cielo e terra sempre con la stessa fisionomia morale, soltanto per il gusto di trovare gli altri peggiori di me. Non c’è dunque niente in te che qualche volta, sottovoce, segretamente, ti abbia detto che tu menti, menti? La tua coscienza è uno specchio di fronte al quale si tormenta una scimmia. Ognuno si imbelletta come può e si cava il proprio  divertimento. Val proprio la pena di prendersi per i capelli per questo. Sei forse il poliziotto del cielo?”. Ho ripreso testualmente alcune delle stupende parole che Danton rivolge a Robespierre nel dramma “La morte di Danton”, di Georg Büchner. Spero di averla fatta fuori dal vaso ma temo che si adatti a pennello al nuovo clima politico che si respira a Fabriano. Dopo il decennio sorciano, sostanzialmente laico e accomodante, siamo precipitati in una nuova stagione di puritanesimo: piovosa, triste, formalista, in cui hanno preso a circolare parole e azioni che tengono in allerta l’animo suscettibile dei liberali. Il punto è che quando finiscono i soldi ricominciano le dottrine e allora bisogna toccarsi i santissimi e girare col corno in tasca per tenere a debita distanza i rischi di contagio. Sull’Azione di questa settimana, tanto per dire, ho trovato un riquadro con le prime cose che ogni assessore intende fare in questo mandato. Ho letto con supremo disinteresse. Non per spocchia ma perché le dichiarazione d’intenti tendo a non prenderle sul serio, visto che sono soltanto una proiezione dell’ego espanso degli umani. Solo un punto fu quel che mi vinse. Quando mi cadde l’occhio sulle parole dell’assessor Saitta pronto a guerreggiare a difesa “del valore della famiglia e della rettitudine morale dei cittadini”. La moralità pubblica presidiata, promossa e protetta da un assessore ai servizi sociali provoca un certo effetto, a metà tra il raggelante e lo spassoso. Innanzitutto perché non esiste in natura ente locale che possa sindacare sulla vita delle persone e sull’etica individuale. E poi perché al massimo ricordavamo lo Stato Leviatano di Hobbes o quello d’impronta hegeliana. Cose grosse, minacciose, per fortuna un po’ datate ma alquanto attraenti. Lo Stato Etico promosso via Municipio non sarebbe altro che una grandezza degradata al livello dei barboncini. In più va considerato che Fabriano vive una crisi che ha bisogno di energie creative, di irregolari, di perimetri da oltrepassare, di vecchie muffe da spazzolare. Le lettere scarlatte che sembrano profilarsi dietro le parole dell’assessore ingessano e costringono la mente in un burka di conformismo opprimente da cui questa città prova solo ora e con grandissima fatica a emanciparsi. Di diversa natura ma culturalmente collocata su questa linea è pure la scelta dell’assessore Alianello di ricorrere agli ispettori della monnezza, arbitri del bene e del male nei cassettoni, preposti alla repressione del cittadino non virtuoso e armati di una nuova Colt postmoderna: la multa. La cosa sorprendente è che l’approccio repressivo proviene da una figura come Claudio Alianello, avvocato abituato per forma mentis e professione a cogliere le cinquanta sfumature di grigio della vita reale correlata ai codici e scrittore per passione, quindi avvezzo a spronare la fantasia e i suoi galoppi più che la procedura kafkiana che si cela dietro ogni forma repressiva. Siamo quindi pessimisticamente in attesa di nuovi attacchi alla secolarizzazione del paesello e ai già intristiti costumi della popolazione. Ed è davvero fantastico che la tutela della persona inserita in una piccola comunità passi anche dall’obiezione di coscienza innalzata non avanti ai carri armati ma ai furgoni di Ancona Ambiente che raccolgono la monnezza. E’ proprio vero che ogni cosa ha il suo tempo e ogni stagione i suoi frutti.
    

20 luglio 2012

Piantone avvisato è mezzo salvato!


Chi ha fatto il servizio militare di leva sa bene quanto fosse punitivo ritrovarsi a fare il piantone. Specie nei giorni di festa. Dalla classica domenica – tutto sommato sopportabile - alla solitudine disperante del giorno di Natale o peggio ancora della Notte di San Silvestro. Al piantone spettava un compito preciso: fare la guardia a un edificio, a uno spazio, a un corridoio. Con la piena coscienza di onorare una procedura precauzionale, a rischio zero e a elevatissima rottura di coglioni. L’unico sollievo proveniva dal sapere che non si è era piantoni per sempre ma solo di tanto in tanto e a tempo determinato e ristretto. Fare il piantone in pianta stabile significherebbe aprire un vaso di Pandora e far esplodere malattie mentali latenti, turbe psichiche assopite, buchi nell’anima occultati e disturbi della personalità per lungo tempo rimossi. Ho pensato al profilo del piantone in divisa e a vecchie storie di caserma perché qualche uccellino è venuto a cantare al mio balcone e mi ha sussurrato a un orecchio che, in certi ambienti che vi lascio immaginare, c’è chi vorrebbe mettere un piantone a guardia del mio blog. Per monitorare, osservare, registrare. Ma più di tutto per replicare, confutare, troncare e sopire, sopire e troncare. Una roba alla Don Rodrigo, da signorotti di campagna convinti che quattro palizzate tirate su in forma di palazzotto possano intimidire e persuadere al silenzio. La cosa che sconvolge non è che qualcuno possa aver pensato una roba del genere - perché di meritevoli di un trattamento psichiatrico forzato è pieno il mondo – ma che ci sia qualche altro disposto a immolarsi nel ruolo di piantone virtuale. Un poveretto che si mette lì, attende che io depositi l’uovo quotidiano e poi cerca di replicare secondo direttive ricevute dall’alto. Me lo immagino: con la penna in mano che scrive un primo commento in brutta, poi afferra il foglio e lo butta nel cestino e quindi ne prende un altro tutto bianco e riscrive di nuovo, finché – a fine risma - non gli escono due righe di italianuccio stentato e scarno. Due righe da curato della pieve che si spreme e si spreme e alla fine una stronzata gli viene. Sono davvero ansioso di sapere chi sarà il coraggioso – rigorosamente anonimo come si addice a un cecchino di Sarajevo con tendenze servili e cervello minuto – che si installerà qui a dire e brigare in nome di una segreta ragion di stato. Al piantone e a chi lo manda, di cui so nome, cognome e incarico, garantisco che lo faccio uscire coi capelli a schioppettata. Un tempo, nel vecchio west, a fare affari era il cassamortaro. Io mi accontento di dare lavoro ai parrucchieri. Piantone avvisato è mezzo salvato.
    

19 luglio 2012

Il silenzio di Patty dai Capelli Rossi



Quando ero bambino c’erano un sacco di cartoni animati edificanti che ci preparavano a  distinguere, senza ombra di dubbio, il bene dal male. In genere erano pieni di bambini buoni e generosi e ricchissimi di sfighe esistenziali: Heidi, Candy Candy, il dolce Remì. Per ciascuno di loro ho provato un qualche moto di solidarietà e non posso dimenticare l’oceano di malinconia che provavo per la triste storia di Anna dai Capelli Rossi, una brava bimba che ne aveva passate davvero di tutti i colori. Pensando all’oggi fabrianese ho trovato una straordinaria somiglianza tra Anna dai Capelli Rossi e l’Assessore Patrizia Rossi. A partire dalla fisionomia e dal crine fulvo di entrambe. In più anche per la Rossi provo un oceano di solidarietà perché fare l’assessore esterno in questa amministrazione equivale al trauma di due affidi e tre passaggi in orfanotrofio. Per la Patty dai Capelli Rossi vale il medesimo principio applicato a Pariano: diamogli tempo di capire, di studiare e di penare sulle sudate carte. E magari anche di farla fuori dal vaso. Però, a essere sinceri, la Patty dai Capelli Rossi ci sta preoccupando davvero tanto. Di lei si fa un gran bel parlare ma non abbiamo ancora avuto occasione di sentirla parlare. Capisco la discrezione, il low profile, i tempi di insediamento, la strizza da esordio, il disagio dei novizi. Però due parole di numero ci sarebbe piaciuto ascoltarle. Magari a commento del Sagramolone Presidente del Distretto Culturale Umbro Marchigiano. Invece no. Un silenzio quasi benedettino che non sfiorava minimamente l’ex Assessore Sonia Ruggeri, donna loquace, sanamente presente e presenzialista e comunque in grado di dare alla cultura un  suo valore se non proprio un valore aggiunto. Certo Sagramola ha marcato una frattura volontaria rispetto al recentissimo passato sorciano e forse questo incide anche sul modo di porsi dei singoli assessori. Ma se osserviamo il teatrino quotidiano ci rendiamo conto che, a modo suo, ogni assessore ha pisciato e sta pisciando sul territorio di competenza senza fare troppi complimenti e senza tema di rimbrotti da parte Preside Giancarlo. Tutti tranne Patty dai Capelli Rossi. Voglio essere cattivo: questo silenzio ostinato ha il sapore di un “non so dove mettermi le mani”. Magari sbaglio assessora Rossi, ma siccome non glielo ha comandato il medico di entrare in Giunta cominci a raccontare alla città le sue intenzioni e il disegno culturale che ha in mente. In fondo è un assessore tecnico che non deve rispondere a potentati, organizzazioni e comitati centrali. Solo a stessa e ai cittadini, se ardentemente lo desidera. Magari è poco per portare a casa risultati concreti ma abbastanza per cominciare a muovere le acque e guardare il futuro. Perché la Patty dai Capelli Rossi va! Vola va come una rondinee! Una voce non ce l'ha finchè non gliela dà Giancà!
    

18 luglio 2012

Pino Pariano, Cenerentolo col cuore in mano

La locandina del Messaggero di oggi parla di rischio sfiducia per il Presidente del Consiglio Comunale Pariano. C'è chi lo accusa di non aver gestito al meglio la costituzione dei gruppi consiliari dell'area berlusconiana e chi gli addossa colpe sulla gestione complessiva dei lavori consiliari. Marco Ottaviani, che è consigliere di opposizione di levatura politica, ha scritto sulla sua bacheca di Facebook una nota durissima, dove ipotizza, per Pariano, un calo di ossigenazione dovuto all'altitudine dello scranno presidenziale. La politica non è un pranzo di gala e quindi ci stanno pure gli scambi di insulti più sanguinosi. In realtà l'opposizione non attacca Pariano per le sue intrinseche abilità di Presidente ma perchè vede in Pinone il Calabro "il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità" (E.Montale). E la verità da scorgere, secondo l'opposizione, è che tenendo in tiro Pariano è possibile accendere un altro fuoco nel campo della maggioranza. Perchè è proprio nella maggioranza che cova un disappunto sussurrato verso il Presidente e le operazioni di ribaltamento degli equilibri, evidentissime e traversali, sono il pane e il companatico della politica, che è un appassionante gioco di ruolo schermato dalla foglia di fico delle regole e del bene comune. Soffermarsi sulle capacità del Presidente non serve a capire quel che sta accadendo e quindi accantono direttemente il tema. Da uomo affacciato al balcone e sempre più lontano dal tric trac della politica provo a decifrare la scacchiera per come la vedo io. Secondo me l'opposizione sta facendo una cazzata a premere su Pariano. Pino il Calabro ha sopportato in stoico silenzio le sbertucciate dei suoi compagni di partito e di coalizione quando c'erano da spartire le poltrone. Ha interpretato a capo chino  il ruolo di Cenerentolo che gli avevano appioppato nel Pd. Ma Cenerentolo ha cumulato un rancore educato verso la sua parte politica, che ha sublimato in una scelta precisa: fare il Presidente in punta di regolamento. A costo di sbandare e prendere qualche cantonata. Perchè il regolamento è la polizza vita di Pariano, l'unico fioretto con cui infilzare i suoi che lo destestano. Insomma Cenerentolo vive ogni giorno una sua personalissima guerra con le sorellastre piddine: un piede dentro e uno fuori, indomito e marmoreo innanzi ai frizzi e ai lazzi, più leale a se stesso e ai suoi elettori che non agli apparati di potere che vorrebbero trasformargli la carrozza in zucca. Uno così l'opposizione dovrebbe coccolarlo a colpi di peperoncini, di cannaruozzi incipuddrati e di zuppa di cipolle di Tropea. Perchè chi ha subito un torto è sempre pericoloso e prima o poi presenta il conto, specie quando si accorge che chi dovrebbe difenderlo - anche solo per rispettare un protocollo formale di comportamento - lo abbandona a se stesso e alle sue umanissime incertezze. Invece l'opposizione gli dà addosso, sospingendolo di nuovo sulla sponda da cui si stava lentamente distaccando. Un gravissimo errore di tattica politica, di quelli capaci di vanificare ore e ore di meditazione sul che fare. Un errore che nasce da una politica che non prende più neanche in considerazione l'aspetto affettivo delle cose, il peso delle emozioni, dei rancori e dell'orgoglio in tutte le scelte che si fanno e negli atteggiamenti che si assumono anche nel governo della cosa pubblica. Insomma, io Pariano me lo sarei tenuto stretto. Onda Calabra qualunquemente, se c'è Pino non ci manca proprio niente!
    

17 luglio 2012

Giancarlone e il Ventriloquo Portacroce

Si mormora che Sagramola si sia già rotto i coglioni di fare il Sindaco. E che dopo due mesi la sua fascia tricolore, poggiata in traversale tra spalla sinistra e fianco destro, si sia rapidamente tramutata in una croce di bronzo schiantata sui trapezi delle spalle giancarlonesche. E così il Sindaco ha pensato bene di alleggerire la pressione immaginando un Cireneo da cui farsi aiutare per uscire indenne dalla quinquennale via crucis che lo attende. E con una rapidità da coccodrillo l’amministrazione comunale ha sventuratamente risposto al sudore del primo scazzatissimo cittadino, con Deliberazione di Giunta n. 158 del 10.07.2012, che prevede di procedere alla selezione di un portavoce del Sindaco di Fabriano. Al portavoce, creatura epica metà Cireneo e metà Ventriloquo, verrà corrisposta una retribuzione lorda di circa 20.000 euri per scrivere comunicati stampa, organizzare incontri coi giornalisti locali (sono quattro e raggiungibili in dieci secondi netti) e comporre quel collage di articoli e trafiletti pomposamente denominato Rassegna Stampa. In poche parole attività di segreteria evoluta pagate a peso d’oro, che potevano essere date in gestione a qualche dipendente del Comune che lavora a gomito col Sindaco. E’ già questo catalizza cattivi pensieri, specie in un momento in cui l’assessore Tini gira con l’accetta per tagliare e razionalizzare, razionalizzare e tagliare. Ma il bello viene ficcanasando a ridosso dei requisiti richiesti: iscrizione all’Albo dei Giornalisti Professionisti o Pubblicisti, Laurea e conoscenza degli strumenti informatici. Dico a ridosso per una ragione precisa e cioè che il bando prevede che tali requisiti debbano essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito per la presentazione della domanda, ossia il 10 agosto 2012. C’è forse qualcuno che deve dare la tesi di laurea in questi giorni o che si sta affrettando a completare l’iscrizione all’Albo? Sicuramente no ma siccome siamo adulti e vaccinati ci piace tanto chiacchierare e maliziare. Lo sapete qual è il bello? Che la scelta verrà effettuata sulla base dei curriculum, cioè di quanto vanno scrivendo i candidati e che l’amministrazione si riserva, al massimo, la “possibilità” di effettuare un colloquio. Giusto se gli va e senza tanti formalismi. Ossia chi si aggiudica l’incarico ha una buona probabilità di esserci riuscito mandando un semplice curriculum e senza nemmeno uno scagaccio da colloquio. Botte di culo rare di questi tempi! E tanto per non farci mancar niente non verrà manco stilata una graduatoria comparativa e comprensiva di punteggio. Si sceglie quello più a ciccia de cocco e via andare. Lo dico senza peli sulla lingua: se questo è il modo di rifilare la croce a un Cireneo che si sta già scaldando a bordo campo, caro Sindaco, è meglio che faccia un’azione riparatoria: ritiri la delibera, la determina del dirigente, l’avviso di selezione e continui a fare il portavoce di se stesso. Non tanto per lei caro Sindaco quanto per il malcapitato/a che, occupando quell'incarico, si ritroverà su una graticola da cui uscirà con ustioni gravissime e invalidanti. Ci pensi e ci ripensi Giancarlone . E’ ancora in tempo per salvare la faccia a questa Giunta e l’onore di un ignoto cittadino/a che non può sputtanarsi per qualche comunicato stampa pagato a peso d’oro.
    

L'estate pericolosa del Silvanello Santa Esmeralda


Gira che ti rigira Facebook regala sempre qualche piccolo ma interessantissimo gancio. Ho trovato una foto di circa due anni e mezzo fa. La foto di un compleanno con gente che balla, ride e canta. Anzi che improvvisa il classico trenino da ultimo dell'anno: ahiai ahiai Caramba! Pe-pe-pepepepepe Pe-pe-pepepepepe A E I O U YPSILON! A E I O U YPSILON! In questo caso ad attrarre l'attenzione non è il clima festaiolo ma gli astanti. Si vedono nitidamente Marco Ottaviani, bianco come il manto di una Vestale, e un Silvano D'innocenzo in perfetta cromia rosso Amarone. La foto è tratta da un antico album di compleanno di Urbano Urbani e racconta visivamente una sepolta stagione di giubilo e serenità dell'opposizione. "Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria" avrebbe commentato Francesca da Rimini, registrando l'attuale sconquasso della minoranza. Molta acqua è passata sotto ai ponti e Silvano D'Innocenzo non ancheggia più al ritmo di samba e di trenini. Tanto meno con Urbani, assurto in poco tempo alla quintessenza del wanted da abbattere. Lui balla da solo, come la Lucy del film di Bertolucci. Un ballo sempre più tarantolato, una pizzica ogni giorno più nervosa, un volteggiare sempre meno armonico e giocoso. Il vecchio DJ Silvano, musicante e cazzeggiatore della politica faVrianese, ha appeso l'allegria al chiodo. Sostituito da un sosia livido, perennemente incazzato, con la polemica incorporata al pari d'una protesi sempre più invasiva. E quella del 2012 verrà ricordata come l'estate pericolosa del dinnocenzismo. Innescata da una disputa bizantina sul gruppo consiliare del Pdl. In principio fu il golpe durante il primo Consiglio Comunale, quando D'Innocenzo fregò sul tempo tutti e mise un sigillo personale sul gruppo del Pdl, alzando il ponte levatoio in faccia a Urbani, Silvi e Leli, nonostante fossero tutti e tre iscritti al partito. Da quel momento è iniziata una guerra di carte bollate, di lettere al presidente, di vittime e vittimismi, di rivendicazioni di titolarità che hanno trovato un culmine solo qualche giorno fa con la nascita di due gruppi consiliari: Popolo delle Libertà e Il Popolo delle Libertà. Una soluzione vagamente salomonica escogitata non si sa da chi, con le identità politiche ridotte all'utilizzo o meno dell'articolo determinativo maschile singolare. Pare che tanta acuminata sottigliezza abbia scatenato l'ira funesta del Silvanello, non più mosca cavallina ma felino ruggente. Al punto di scagliarsi, in Conferenza dei Capigruppo, contro alti funzionari del Comune accusati di scarsa professionalità che, a loro volta, lo hanno invitato a riservare alla sua mamma tanta ovomaltinica rabbia. Non pago di ciò Lupo Silvano è tornato a mostrare i denti ieri pomeriggio in Consiglio Comunale definendo deplorevole la condotta di Pariano, Sagramola e tutto il cucuzzaro. Compreso un siparietto con l'ex amico Silvi su frazioni e dintorni e la rinuncia a indicare se stesso nelle commissioni consiliari. E' difficile, in questo periodo, decifrare politicamente D'Innocenzo. Non si capisce dove vuole andare a parare e a cosa serva questo modo nervoso e sincopato di vivere la lotta politica. Personalmente lo considero un peccato perchè Silvano ha requisiti di carattere a elevato potenziale: un'estroversione che gli invidio, l'approccio motteggiante, il momento di delirio quando serve, un vittimismo brandito con la stessa perizia con cui il Conte Vlad orientava pali e paletti. La sensazione è che la stoffa del politico si stia un po' consumando e che all'indimenticabile sound stile Santa Esmeralda che lo contraddistingueva stiano subentrando ritmi e sonorità meno giocose e più ansiogene. Da Silvano ci aspettiamo altro, una partitura esilarante e naif, Jannacci Style: "Rino, sfodera scuse plausibili, girati, scaccia il bisogno del passero, lurido, soffiati il naso col pettine, Everest, sei la mia vetta incredibile Silvano, e non valevo le ciccioli Silvano mi hai lasciato sporcandomi". Non è meglio qualcosa di così vago che tutta sta sega lunghissima sui nomi del gruppo consiliare? Io penso di si. E tu Silvanè che ne dici?

    

15 luglio 2012

Chi nasce tondo non muore mai quadrato

Oggi, mentre vegetavo sulla Spiaggia di Velluto, mi hanno chiamato alcuni amici. Erano preoccupati perchè dall'11 luglio non aggiorno il blog. Voglio rassicurare tutti: amici, nemici, lettori, indifferenti e cagacazzo. Sono vivo e vegeto. E' solo che, per motivi di lavoro, sono stato due giorni a Carrara l'Anarchica, tra le cave di marmo di Michelangelo e le focacce al lardo di Colonnata. Con finale marino in Adriatico. E per qualche ora mi sono lasciato Favriano alle spalle. Ma il lardo di Colonnata, specie se consumato in eccesso, è una leccornia che stimola acidità di stomaco. Cosa c'è di meglio per riprendere a lavorare di bicarbonati e citrati? Infatti, appena messo piede a Senigallia, ho avuto la cattiva idea di leggere il Corriere Adriatico per informarmi della calura e del bagno dei favrianesi in piscina. Errore! Perchè la solita notizia politica ha risvegliato i miei sensi assopiti. La novità è che Sagramola ha assunto l'incarico di Presidente del virtualissimo Distretto Culturale Umbro Marchigiano. Forse rimbambito dal Lardo Aromatizzato nelle vasche di marmo, ho proiettato la mente in uno svolazzamento ardito di cui mi scuso anticipatamente con chi avrà la ventura di seguirmi in tanto bislacco ragionare. Dalle marine adriatiche il pensiero è atterrato negli States dove vive e lavora Joseph Stiglitz, noto economista americano ed ex Vicepresidente della Banca Mondiale. Nel 2002 Stiglitz ha pubblicato un testo fondamentale sui rischi del mondialismo, intitolato " La globalizzazione e i suoi oppositori". Prendendo spunto dalla transizione al capitalismo allora in atto nei paesi dell'Est affermava, con dovizia di aneddoti e particolari, che il libero mercato, se non è sostenuto da solide istituzioni democratiche e da severi contrappesi,  impoverisce i popoli e le comunità. A loro volta le istituzioni democratiche derivano dal "clima democratico" e da un humus di consenso che permette loro di attecchire e prosperare. La domanda sorge spontanea: che c'azzecca Stiglitz con le vicissitutdini favrianesi? Provo ad azzardare un parallelismo estremo e politicamente scorretto. Favriano ha vissuto un quarantennio di glaciazione bulgara. Una natura morta che sembrava viva solo grazie a una massiccia circolazione di denaro, accumulato in forma di patrimonio e non di consumo evoluto, capace di surrogare e nascondere, attraverso il benessere delle famiglie, il totale e volontario asservimento delle coscienze, della cultura e della libertà. Una sacca di socialismo reale dove al posto del Capitalismo di Stato si è insediato un sistema paternalista e assistenziale sostenuto - invece che dall'onniscienza del Partito - dallo scudo e la spada di una famiglia dominante. Con la caduta del Muro di Santa Maria è naturale che la città si interroghi sulle possibili forme della riconversione della monarchia metalmeccanica e sull'opportunità di transitare verso un nuovo modello. Non a caso si parla sempre più spesso di migrazione da distretto industriale a distretto culturale, che, su piccola scala, è come passare dal socialismo reale al libero mercato. E, forse, va in questa direzione l'investitura ricevuta da Sagramola di Presidente dell'Inesistente Distretto Culturale umbro marchigiano. Seguendo Stiglitz viene da chiedersi: a Favriano è presente l'humus necessario per essere centro propulsivo di un distretto culturale? Disponiamo di un sistema di competenze orientato a questa sperimentazione? Esistono istituzioni culturali in grado di rendere attrattiva e seducente l'idea di una Favriano epicentro di cultura? E' compatibile il distretto culturale con una "vision metalmezzadra" praticona, supponente e orgogliosamente incolta? Non vorrei apparire ipercritico o iconoclasta ma è sufficiente qualche semplice considerazione per comprendere l'andazzo. La Pinacoteca Civica fa cagare: venti croste di pittori mezzo anonimi, un po' di cristi e madonne in legno, qualche riempitivo di parete in forma d'arazzo e via andare. Il Teatro Gentile, dal canto suo, somiglia al culo della serva. Il primo che si alza in piedi ci mette le mani e infatti, giorno dopo giorno, somiglia sempre di più a un bell'oggettone in legno e velluti utile per far passare il tempo alle sentitissime beghine della borghesia locale. Per non parlare del Museo della Carta, eccellenza abortita, in cui si segnala una gigantesca sproporzione tra la sua unicità e la marginalità nei grandi flussi del turismo colto e di nicchia. E, tanto per proseguire, vogliamo parlare della Chiesa di San Benedetto? Devastata dall'umidità e quasi sempre chiusa come una fienilesca in disuso. Parafrasando Stiglitz possiamo affermare che mancano le premesse di clima, di competenze e di istituzioni per immaginare Favriano come centro di irradiazione di un distretto culturale E allora mi domando: a che serve la presidenza del distretto umbro marchigiano? Favriano non sarà mai il cuore di un distretto culturale. Abbiamo l'acciaio nelle vene, le lavatrice nel cuore e i cablaggi nel culo. E come dicevano i vecchi saggi sempreverdi  "chi nasce tondo non muore mai quadrato".
    

11 luglio 2012

I misteri di una foto...


Cinque signori che sul far del crepuscolo -  lo si percepisce dalla lieve bruma dell’aria - si riuniscono in allegra brigata. E sullo sfondo, come riferimento del tutto casuale, le insegne di una nascente banca del territorio. Le foto sono una rappresentazione dell’istante, ma dietro l’istante c’è sempre un complesso ricamo di simboli e di storie. Da cosa nasce tanta esibita ilarità? Dalle salaci battute del fotografo? Difficile da credere. Si percepisce qualcosa di profondamente trasversale nei loro animi, una gioia condivisa che sembra rimandare ad altro che sfugge. Benvy il Baffo di Ferro che quasi si scompiscia; Ottaviani con espressione da ricercato dal Mossad, Sorci plastificato da un lieve intronamento come per posa prolungata, Rubens il Fiammingo con sguardo e pensiero indirizzati altrove; Antonio Mencarelli quasi stilizzato come un Rag.Filini. E’ un’immagine enigmatica, una versione fabrianesizzata della Flagellazione di Piero della Francesca che non è  facile decifrare. A che pensano? Stanno intessendo indicibili trame oppure cazzeggiano parlando del più e del meno? Sono l’istantanea di nuove alleanze di potere o la prova di una fabrianesità unificante e senza steccati? Incarnano la prova empirica di un complotto o la raffigurazione di un’innocentissima ora vespertina trascorsa in amicizia? Nodi difficilissimi da comprendere e da sciogliere per i comuni mortali. E per questo agli storici l’ardua sentenza…
    

10 luglio 2012

Tira più un pelo d'avvocato......


Sagramola ha alzato il tiro su Tribunale e Compagnia dei Carabinieri. Stop alle rimostranze di territorio, alle manifestazioni anconetane, agli incontri prefettizi per salvare capra e cavoli e alle dichiarazioni ricolme di infondata speranza. Presto che è tardi, diceva Bianconiglio nella favola di Alice. Si parte tutti per Roma per un corpo a corpo col ministro. Anzi, si marcia su Roma, come scrive con palese malizia il Corriere Adriatico. E allora tutti in camerino a preparare gli abiti di scena, con Sagramolone in orbace, stivaloni e fez pronto a battere il passo e la cadenza dei montanari che non si piegano alla spending review. Pochi ma buoni e niente paura che pure nel ’22 quattro gatti partirono dall’Hotel Brufani di Perugia e sappiamo come andò a finire. Avanti, forza! Tutti dal ministro, eia eia alalà! E vedrete che quando si troverà davanti Giancarlone il Volitivo e i suoi accoliti di gladio e d’alloro il ministro alzerà le mani in segno di resa: il Tribunale resta a Fabriano. Non si chiude e non si sposta. Ad Ancona ce se va solo per magnà lo stoccafisso e non per scomodissime udienze che non c’è manco il parcheggio e tocca usà quello a pagamento. E se c’avanza qualcosa, in termini di bontà ministeriale, si salvi pure la Compagnia dei Carabinieri. Come subordinata ovviamente e senza stracciarsi le vesti, perché la priorità non sono i gendarmi con la striscia rossa ma le ampie stanze in cui la legge è uguale per tutti. Chissà perché tanta solerzia, tanto moto di cuore, tanto gonfio bicipite. E pensare che non s’è vista l’ombra di cittadini stesi sull’asfalto a bloccare il traffico per protesta, non si è creato alcun Comitato delle mamme di Viale Zonghi preoccupate di non avere più un luogo con cui paventare castighi ai figli capricciosi e non è giunta nota di conversazioni che fossero, anche solo di sfuggita, incentrate su toghe e togati. Giusto un lenzuolone sei per tre a colpire l’occhio lungo la Statale, all’altezza di Santa Maria. Graficamente un po’ balcanico e corredato di slogan a metà tra la sagra e l’oratorio: salviamo tutti insieme il Tribunale. Firmato: gli avvocati di Fabriano. Pappappero pappappà. Eppure Sindaco e istituzioni sembrano disposti a tutto per salvare il Sacro Distaccamento di Viale Zonghi. E’ proprio vero che tira de più un pelo d’avvocato che un carro de cassintegrati! Altrimenti non si spiegherebbe tanto patema per quattro stanzone che somigliano alle piazze vuote di un De Chirico. In realtà, il pelo d’avvocato tira per una ragione nota a tutti e cioè che la categoria è massicciamente rappresentata nelle istituzioni: due avvocati assessori – con deleghe non esattamente light – e due avvocati consiglieri di maggioranza. E certe cose, nei piccoli centri, contano. Eccome se contano! La sfiga dei Carabinieri è che essendo militari non possono candidarsi alle elezioni. Per questo la Compagnia verrà declassata a Tenenza. C’è poco da fare, è tempo di corporazioni e piccole patrie. Come in un nuovo Medioevo che ritorna e che forse non se ne è mai andato.
    

8 luglio 2012

Il ritorno del Pierrot di Belvedere

Senza volerlo ho scoperto di essere in linea con il magistero di Giovanni XXIII: separare sempre l'errore dall'errante e il peccato dal peccatore. Personalmente, ad esempio, considero la democristianeria un peccato capitale assai più grave di molti dei sette peccati canonici. Ma quando passo dalla democristianeria ai singoli democristiani in carne ed ossa divento molto più sorridente e indulgente, proprio perchè mi viene naturale distinguere tra errore ed errante. E' risaputa la mia conflittuale ma affettuosa amicizia con Roberto Sorci, così come il piacere di conversare con quel pennellone furbo di Roberto Bellucci o, ancora, il tirare su battute e numeretti a uno scavezzacollo come Claudio Biondi. Ma c'è un altro democristiano che mi ha sempre attirato, nonostante non abbia mai scambiato neanche due parole con lui: Guido Papiri. Si tratta di un democristiano anomalo che, per ragioni familiari, ho conosciuto solo di riflesso. Silenzioso, poco avvezzo alle ciarle e alle conventicole, ma di cervello finissimo e lunga permanenza ai vertici del potere che conta: la sanità. Un democristiano dal passo lento e felpato, straordinariamente simile a Pierrot, la maschera triste innamorata della luna. Un Pierrot di Belvedere - perchè prima dell'avvento di Fidel Castriconi la frazioncina era nota come terra degli avi papiriani - con la capacità di incarnare un vero miracolo della statica umana: spalle protese in avanti, schiena in diagonale, bacino di nuovo in avanti all'altezza delle spalle. Papiri ultimamente era scomparso di scena e al massimo lo si poteva incrociare, in qualche passeggio solitario, lungo Corso della Repubblica o all'altezza della Banca Popolare. I democristiani che passeggiano, di solito, non lo fanno perchè si sono ritirati a vita privata ma per guardare, osservare e capire come gira il vento, se il vento è cambiato o se è sempre lo stesso vento che, gira e rigira, rimette tutte le cose al loro posto. Inoltre, altra peculiarità dei democristi, va cancellato dall'orizzonte il concetto di quiescenza perchè il potere bianco non conosce pensione e riforme Fornero. Ieri, mentre divoravo una Margherita in un lungomare marchigiano, mi sono caduti gli occhi sul Corriere Adriatico. Ed ho trovato la foto del Divino Guido in testa a un articolo relativo alla sua nomina a Presidente del Lions Club di Fabriano. La rotazione delle cariche nei club della borghesia, di solito, mi interessa quanto una gara di tiro al piattello, ma la Presidenza a Papiri ha attirato la mia attenzione perchè penso che questa non sia solo una nomina ma un viatico, un riconoscimento che prelude ad altre promozioni assai più succose e politicamente rilevanti. A cosa punta il Pierrot di Belvedere? Per quali onoreficenze future fa scendere la sua lacrima sul viso? Chissà. Certo è che passeggia spesso lungo Corso della Repubblica. Ma non si ferma mai. Neanche a dare uno sguardo alla vetrina di Lotti e all'entropia dei suoi libri esposti. Forse è solo interessato ad altro. Alle finestre di fronte. Chissà.
    

6 luglio 2012

Attenti al lupo! Ma pure alle talpe...

Scava scava vecchia talpa, direbbe Marx! E con le talpe sono tunnel, gallerie, passaggi segreti. Appena sopra il suolo tutto sembra scorrere tranquillo ma è sotto che c'è vita e festa grande. E allora stasera trivelliamo per goderci il sottosuolo della città. La galleria del Monte Bianco l'ha scavata Sagramola rinnegando il decennio sorciano in Consiglio Comunale. Seguito a ruota dagli esponenti della sua maggioranza. In pochi secondi Sorci è apparso come un ingombro, un ex protagonista su cui stendere un velo poco pietoso, un Nerone barbuto meritevole di una solenne e definitiva damnatio memoriae. Si tratta di scelte che riguardano un certo schieramento politico e che, di certo, non turbano la nostra propensione a consumare pasti regolari e a dormire serenamente. Ma quel che accende la curiosità sono gli effetti che certe scelte producono. La condanna postuma del sorcismo ha immediatamente generato l'effetto Pangea e la conseguente deriva dei continenti. Il che lascia supporre che un pezzo di centrosinistra, fedele al tiranno decaduto, abbia attivato un silente ma inesorabile distacco dalla casa madre democratica. E non è secondario che, complici i ricorsi, si stia manifestando anche un'inedita saldatura tra aree della sinistra radicale e realtà della destra partitica, con Papa Urbano e Mastro Sandrone da Santa Maria, neppure troppo stranamente, uniti nella lotta. Non so se siamo alle convergenze parallele o a qualche variazione sul tema del compromesso storico, ma il sistema di gallerie che popola il sottosuolo politico comincia a somigliare a una forma architettonica proiettata nel futuro. Circola un qualche spiffero pascoliano: "c'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico, io sono altrove e sento che sono intorno nate le viole". Ed è un lieve odore di milazzismo che si diffonde anche se, per il momento, lo percepiscono solo i nasi più tartufeschi e maliziosi. Nell'autunno del 1958 Silvio Milazzo, esponente della Dc siciliana, fece fuori il candidato ufficiale del suo partito con i voti del Partito Comunista e del Movimento Sociale assumendo, contro ogni pronostico e previsione, la Presidenza della Regione Sicilia e inaugurando un'esperienza inedita e anomala, in cui erano le forze nominalmente più lontane a dettare l'agenda politica e a costituirsi come maggioranza. Sono troppo immaginifico nel proporre questo suggestivo parallelismo tra fatti e circostanze tanto diverse? Può darsi, ma come diceva il Divo Giulio a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca. Attenti al lupo quindi. Ma pure alle talpe!
    

5 luglio 2012

Fabriano e il rigurgito centralista

A commento di un post di stamattina, un amico ha lasciato un messaggio interessante che provo a sintetizzare: l'opposizione è quel che è, e alla fine Tini è un politico che di bilancio se ne intende. E chi ci capisce può fare molto bene o molto male. Ma resta il fatto che certe competenze contano. Lo posso dire? E' una considerazione che non fa una piega. A questo proposito non torno sulla questione del ricorso e della possibile ineleggibilità dell'Assessore al Bilancio che, nel caso, sarà valutata da chi di dovere. Per quel che mi riguarda mi sono limitato a svelare qualche altarino. Col gusto toscanaccio della burla feroce e del sano cazzeggio. Ma la questione Tini mi interessa da un altro punto di vista, squisitamente politico, che al momento non mi pare sia stato  minimamente considerato. Fabriano è in crisi. E la crisi ha dissolto un sistema di potere carismatico, familiare e fortemente centralizzato. La morsa allentata consente oggi una libertà di azione e di espressione che non era minimamente concepibile fino a qualche tempo fa. Un fatto che restituisce vitalità intellettuale a una città che ha bisogno, come l'aria, di autonomia e di spirito critico. Affinchè ciò avvenga e si consolidi è necessario che i centri di potere siano molti, indipendenti, magari pervasivi ma possibilmente conflittuali tra di loro. Qualunque nuova forma o assetto centralista rappresenta invece un attentato alla riconquistata ma fragile libertà dei fabrianesi. La storia della nostra città ci ha abituati erroneamente a ritenere "potere" solo ciò che fosse riconducibile a singole strutture familiari o a gruppi industriali. Ma è un errore di prospettiva che va corretto, perchè rappresenta un riflesso condizionato: guardare il presente e il futuro con le zone di comfort e gli schemi che abbiamo ereditato e metabolizzato dal passato. La questione Tini, a mio avviso, rientra in questo nuovo tentativo di coaugulo dei poteri. Ricoprire il ruolo di direttore amministrativo ospedaliero e territoriale e l'incarico di Assessore al Bilancio del Comune significa, infatti, avere in mano una leva fondamentale della governance delle due più grandi e importanti strutture pubbliche di prossimità. E la governance sul bilancio vuol dire esercitare un potere enorme di indirizzo politico, di orientamento delle scelte e di condizionamento delle decisioni. E' sostenibile una concentrazione di poteri di questa portata, focalizzata attorno a un'unica persona? E' tollerabile che in un momento di risveglio della coscienza civile si rimpiazzino i mille fiori dell'autonomia con un rigurgito di centralismo da far invidia a Francesco Crispi? Domande semplici e dirette che non troveranno risposta neanche nel ricorso più raffinato, perchè alla politica si risponde sempre e solo con la politica.
    

Una minoranza di peracottari

Mi è già capitato di scriverlo: se Atene piange, Sparta non ride. A un centrosinistra in affanno, che fatica a trovare la quadra e nuovi equilibri post sorciani, corrisponde un'opposizione che simula unità ma non converge su nulla; felicemente sfilacciata al suo interno e con tante parrocchie singolarmente convinte di rappresentare la summa della ragione e del valore. Fino ad ora la divisione è stata confinata nel retrobottega, come se le vergogne di Adamo possano essere coperte ricorrendo a qualche gigantesca e omertosa foglia di fico. Ma, come dicevano i nostri nonni, è inutile nascondere una cagata sotto la neve, perché tanto - prima o poi - la neve si scioglie e restituisce il regalino. E la liquefazione del manto è cominciata. A partire dall'ormai mitico ricorso sull'ineleggibilità di Tini. Evocato ogni giorno dal giorno del ballottaggio, appare e scompare dalla scena senza preavviso, consumando tempo, credibilità e certezze. Si vocifera di studi legali mobilitati, di sottoscrittori in affanno, di firme che vanno e vengono come le nuvole, di ventiquattrore che scoppiano di documenti e incertezze, di approfondimenti che si moltiplicano e allegati che impazzano. E i retroscenisti, ovviamente, mormorano, raccontano, si contraddicono, ma alla fine qualche indizio svolazzante resta comunque a disposizione di chi vuol vedere. Vi dico la mia: il ricorso sull'ineleggibilità di Tini raccoglierà poche firme tra i consiglieri di opposizione. Da quel che si vocifera saranno almeno sei su nove i consiglieri di minoranza che non sottoscriveranno l'atto antitiniano: chi per fare dispetto alla moglie partitica, chi per tenersi una porta aperta sul futuro, chi per non dichiarata contiguità col potere, chi perché "benaltro ci sarebbe da fare!", chi per mantenere relazioni e amorosi sensi consolidati nel tempo, chi per dissociarsi da promotori che fanno parte della stessa greppia dell'accusato. Credo che questo massiccio retrofront possa essere, in qualche modo, connesso anche con la drammatizzazione politica che del ricorso hanno fatto gli ideatori del lenzuolo antitini, esposto da qualche giorno in città. La politicizzazione spinta e non concertata divide e dà la sensazione che ci sia chi specula. E quale migliore occasione per dissociarsi di un fastidio ufficiale per certi toni pesanti e certe immagine pietrose? Ci vuole sempre un alibi per tagliare la corda con onore. Resta il fatto che si possono dare mille giudizi, articolati e diversi, sull'utilità di un uso massiccio dei ricorsi,. Chi scrive nutre, da sempre, infinite riserve sulla politica che ricostruisce la sua identità e il suo profilo attraverso le carte bollate. Ma il ricorso versus Tini, con il passare delle settimane, è diventato una cartina di tornasole dell'unità dell'opposizione più che un'ordalia sulla tenuta politica dell'assessore al bilancio e della maggioranza di centrosinistra. Per ora abbiamo visto all'opera apprendisti stregoni che hanno evocato l'ineleggibilità di Tini, l'hanno utilizzata come strumento di pressione politica e hanno promesso di mettere la maggioranza a ferro e fuoco, a costo di intasare tutti i tribunali della Repubblica. Poi al dunque c'è chi marca visita, chi ha mal di pancia e chi ci ripensa. Ho la netta sensazione che Tini resterà al suo posto, più forte che pria, e sarà la minoranza, panciafichista come non mai, ad essere spazzata via. Perchè se uno non ha il coraggio di sostenere posizioni e battaglie è molto meglio che eviti ogni accenno a quelle stesse posizioni e battaglie che già sa che non desidera combattere. Abbaiare alla luna, come fa il cane da pagliaio, e poi correre a cuccia quando c'è da mordere è indole non da oppositori ma da peracottari. Sagramola annuisce e ringrazia.
    

3 luglio 2012

Il consuntivo 2011 tra francescani e domenicani

Se fossi il direttore di un quotidiano fabrianese e dovessi preparare la prima pagina per l'uscita sul Consiglio Comunale di oggi pomeriggio, titolerei così: "Il centrosinistra rinnega Sorci". E poi accompagnerei lo strillo a tutta pagina con un occhiello: "Scontro tra cattolici sui residui attivi". Sono questi, infatti, i due temi degni di nota emersi dalla discussione sul rendiconto finanziario del 2011. Sagramola ha parlato chiaramente, sostenendo che il Consuntivo è solo l'ultima fotografia di una fase chiusa e demarcando senza mediazioni la linea divisoria tra il prima e il dopo. Insomma il sorce è servito. E sulla linea di Sagramola si sono attestati praticamente tutti, a partire dall'Udc - cosa comprensibile - fino al Pd che, con un balbettante Crocetti, ha provato a tenere assieme capra e cavoli pencolando tragicamente dalla parte dei cavoli sagramoliani. Come la prenderà quel gran tanghero del Raton? Vedremo ma prevedo inondazioni. Poi è stata la volta dei residui attivi, la Grandissima Pugnetta che tiene banco da intere annate. Chiariamo a prova di scemo. I residui attivi sono crediti che il comune vanta, ad esempio, nei confronti di chi non paga la mensa scolastica e dovrebbe invece farlo. Siccome il Comune può spendere solo quello che ha incassato è chiaro che tanto maggiore è l'ammontare dei residui attivi e tanto minore è l'autonomia di spesa. In più i residui attivi possono risultare inesigibili e quindi diventare valori contabili con cui pulirsi il culo. Con tutte le conseguenza del caso. Quindi si tratta di un problema non di poco conto. Nessun consigliere ha provato a prendere i residui per le corna, lasciandosi incantare dalla lectio magistralis della dirigente responsabile del servizio, che ha passato venti minuti a spiegare la procedura, senza che nessuno le ricordasse che il Consiglio Comunale è un organo politico e non una platea universitaria. Fatto sta che, proprio a partire da questo silenzio collettivo, si è innescata la scintilla di uno scontro tra due scuole cattoliche alternative nell'approccio alla filosofia dei residui attivi. Da un lato il francescanesimo di Sagramola, attento a rilevare come i residui attivi siano una voce di bilancio che nasconde storie individuali di persone e famiglie in difficoltà, che devono essere trattate con attenzione e con una vocazione al distinguo. Dall'altro il monaco domenicano Ottaviani puntualissimo, nella sua magrezza penitenziale, nel proporre una visione del Comune come Leviatano indifferente alle vicende dei singoli, come Inquisizione Regolatoria che non fa sconti a nessuno, colpisce a occhi chiusi e, sulla scorta di un interclassismo inquietante, considera uguali tutti i suoi cittadini: ricchi e poveri, imprenditori e disoccupati, primari e pazienti. Da cristiano non cattolico ho commesso un peccato mortale: sui residui attivi ho tifato Sagramola. E non ne sono minimamente pentito.
    

Sostiene Graziello!

Voglio essere sincero. A costo di risultare antipatico. I commercianti fabrianesi mi stanno cordialmente sui maroni. Non certo per il loro sacrosanto diritto di fare affari o di piangere miseria, quanto per la storica vocazione a condizionare le scelte politiche delle amministrazioni comunali. Accetto l'obiezione e la faccio mia: se uno condiziona vuol dire che è influente e quindi tanto di cappello alla capacità di lobbing. Casomai ci sarebbe da discutere dei condizionati, ossia di una classe politica che, per terrore di perdere il consenso di una categoria importante, abdica da ogni responsabilità decisionale, rincorrendo una continua mediazione al ribasso. Resta che mi stanno sui maroni e non per una ragione generica ma per una loro posizione che considero la madre di tutte le sventure del centro storico e che provo a riassumere banalizzandone i contenuti: più pedonalizzi e meno la gente apre il portafogli, più i centri storici si popolano di umani che passeggiano più le botteghe si spopolano di acquirenti e incassi. E' un teorema senza prove, un partito preso che perseguita tutte le amministrazioni comunali, costrette a recepire un assioma che è diventato la carta di identità di un'intera categoria professionale. Aver legittimato questa vera e propria fisima categoriale ha impedito di fare a Fabriano quel che si fa ovunque: chiudere al traffico i centri storici - specie in realtà come la nostra in cui il centro storico è delimitato naturalmente da un anello circolare che delinea il confine tra la città vecchia e la città nuova - e definire un diverso profilo della viabilità cittadina. Ieri mattina leggendo il giornale, forse complice il caldo terribile, ho avuto il classico momento del coglione di fronte all'esternazione ruggente del leader dei commercianti Mauro Bartolozzi. Graziello Scontobello ha sferrato un attacco durissimo alla Giunta Sagramola; un attacco corredato dalla richiesta perentoria di avviare, al più presto, i lavori per la rotatoria di Viale Moccia. Lì per lì ho pensato: ma che cazzo c'entrano i commercianti con la rotatoria del Giardino Pubblico? Poi ho focalizzato meglio e mi si è chiarito il nesso: sostiene Bartolozzi che la rotatoria evita le lunghe code all'incrocio. Sostiene Bartolozzi che nelle code all'incrocio è il trionfo delle polveri sottili e proprio in Viale Moccia è collocata una centralina di rilevamento. Sostiene Bartolozzi che se in Viale Moccia si registrano certi sforamenti poi tocca riportare le emissioni a norma e per farlo si deve ricorrere al blocco del traffico. E, deduce Simonetti, magari non solo di domenica. Ecco che torna lo spauracchio delle chiusure, della gente a piedi, delle auto rinchiuse nei garage invece che col muso appoggiato alla vetrina di Bartolozzi. Ho sperato in un intervento ai massimi livelli. Per fustigare un riflesso condizionato che pregiudica l'autonomia delle decisioni politiche. E stamattina Sagramola ha sbattuto le noci sul tavolo. Il Sindaco è stato chiaro e mi è parso anche un po' incazzato: faremo la rotatoria se troveremo i quattrini per farla. Altrimenti, visto che i commercianti la desiderano tanto ardentemente, siano loro a organizzare sponsorizzazioni o a cacciare di tasca propria i marenghi. E bravo Giancarlone nostro! Credo sia, in assoluto, la prima volta che sulle guance dei commercianti arriva un boccatone d'alto bordo, senza rivestimenti di velluto e munito pure di un certo sfrigolìo di nervi. Di questo dobbiamo dare atto a Sagramola che, appena tappa la bocca alle wande osiris della sua Giunta, riesce pure ad assestare qualche colpo inatteso ed efficace. Poi ci sarebbe molto da dire sul fatto che una rotatoria, come quella di viale Moccia, costi circa 400 mila euro. Una cifra che in tempi di crisi e di tagli grida vendetta al cospetto di Dio. E pensare che sarebbe sufficiente utilizzare a senso unico l'anello che costeggia il centro storico. Si eliminerebbero semafori, rotatorie e problemi. Avremmo una viabilità decente, a costo zero, con un lato dell'anello riservato a parcheggio e relativa chiusura integrale del centro storico, finalmente aperto solo e soltanto ai veri residenti. Ma credo che di fronte a una prospettiva del genere Graziello Scontobello e gli altri commercianti accuserebbero la Giunta di esproprio proletario e, magari, sarebbero capaci di organizzare, in segno di protesta, pure una liquidazione totale a prezzo di fabbrica. In difesa der glorioso e vessato ppopolo dee botteghe!
    

1 luglio 2012

Il Rag.Tini e la tuta dell'Uomo Ragno

Secondo Radio Piazza, emittente radiofonica informatissima e cazzuta, Angelo Tini si sta godendo qualche giorno di riposo. Non si sa se ai monti o al mare. Certo è che oggi è il suo compleanno e il genetliaco è sicuramente una straordinaria occasione per fare il punto della situazione e redigere bilanci. Preventivi o consuntivi non si sa, ma ci accontentiamo dei simbolismi racchiusi in questa data. I più istituzionali sostengono che la vacanza serva al vicesindaco del vicesindaco Sagramola - dato che il sindaco è solo uno e tutti gli altri fan trentuno - per affilare le unghie in vista del Consiglio Comunale di martedì, che ha un solo punto all'ordine del giorno: la discussione sul rendiconto 2011. I più manigoldi raccontano, invece, di un Rag.Angelino da San Donato che approfitta della pausa volontaria per mettere a punto la memoria difensiva con cui replicare ai ricorsi sulla sua presunta ineleggibilità. Siccome appartengo al circolo dei situazionisti, credo che il ragazzo della Via Gluck stia semplicemente spacchettando i problemi, affrontandoli in ordine rigorosamente cronologico. Prima il rendiconto 2011, poi l'eventuale ricorso e infine tutto il resto. Fossi Tini mi cagherei addosso per il rendiconto, dedicando invece evacuazioni regolari alla faccenda dell'ineleggibilità. Quest'ultima, infatti, è roba da azzeccagarbugli, da casistica giurisprudenziale e da filosofi del diritto. E il diritto, notoriamente, è come la pelle dei coglioni, che si può girare e rigirare a piacimento senza lasciare un'ombra di nettezza ma solo una sensazione pirandelliana di vago e irrisolto. Diverso è il caso del Rendiconto 2011. Non tanto per i numeri, che Tini maneggia con sopravvalutatissima sicumera, quanto per il retrogusto freudiano che ne accompagnerà l'esame. Il rendiconto 2011 è, infatti, di integrale mano sorciana. Ossia frutto di un approccio, di una prassi e di una strutturazione che Tini ha contestato, fino a qualche settimana fa, con impeto ribaldo e lirismo carducciano: ma per le vie del borgo dal ribollir de' Tini va l'aspro odor dei vini i numeri a contestar. L'elemento divertentissimo e freudiano è che, mentre Sagramola può rivendicare il rinnovamento nella continuità rispetto a Sorci, Angelino da San Donato è costretto a giustificare il ribaltamento della realtà rispetto a se stesso. Davanti al civico consesso dovrà indossare la tuta dell'Uomo Ragno e arrampicarsi sugli specchi di Palazzo Chiavelli per far dimenticare, ai molti astanti ignari, che Tini è diventato il principale oppositore di Tini, un alter ego capace di trasformare il Consiglio Comunale in uno straordinario monumento allo sdoppiamento politico e contabile. Mi immagino la scena: il Presidente Pariano dà la parola all'assessore Tini che illustra il rendiconto. Ragionamenti appassionati, pieni di fervore numerario e di visioni previsionali. Applausi dalla maggioranza! Poi Pariano passa la parola all'opposizione che risponde con lo speaker unico, il consigliere Angelo Tini, che, con altrettanto fervore, contesta capitolo per capitolo i numeri dell'Assessore Tini. Insomma un buiaccaro, un puttanaio al cubo, un delirio di psicoanalisi applicata alla politica. Forse solo un Dio ci salverà da questo inconcepibile gioco delle parti. Ma ultimamente Fabriano pare sia diventata atea anche in questo.