31 dicembre 2012

La lunga notte di Vario e i suoi fratelli

Paglialunga cerca di resistere agli Arancioni
Che San Silvestro potrebbe mai essere senza il botto e senza la bomba carta che, in un istante, fa saltare qualche falange ai festeggianti? Ma i lotti, gli schioppi e i botti, stavolta, coinvolgono anche la politica perchè con le elezioni posizionate a febbraio pure la fine dell'anno diventa un momento di feroce e dolente agonismo. La notizia di oggi riguarda la corposa scissione in corso all'interno dell'IDV. Davide Favia ha annunciato che toglie le tende dal partito di Di Pietro. E che non lo farà da solo, ma in compagnia di una mesta carovana di Re Magi, pronti a raggiungere il promettente (?) approdo nella fredda capanna di Donadi e Tabacci. I giornali riferiscono che anche Vario Paglialunga è salito sul cammello di Favia. Ma c'è anche chi, proprio stamattina in Piazza, se ne faceva beffe, raccontandolo in procinto di sostenere la rivoluzione civile di Ingroia e degli Arancioni. Paglialunga aveva poca voglia di replicare e sembrava perso in un pensiero amaro, accompagnato da un smorfia ingrigita e tesa. Sicuramente siamo in una fase liquida, di continui rovesci e pochissima quiete, ma di certo decidere se cambiare partito in una notte - per di più in quella di San Silvestro - vuol dire che davvero ti ha detto sfiga. Il problema di Paglialunga è triplice: scegliere una militanza che abbia un minimo di prospettiva politica, che non rappresenti un cortocircuito devastante rispetto al proprio passato socialista e che non offra la sponda al Sindaco per improvvisare un primo rimpasto di Giunta. L'alternativa per Paglialunga è secca: o resta con Di Pietro e approda alla corte degli Arancioni o si accoda a Donadi, ben sapendo che il preludio dell'annessione al Pd e quindi la fine della sua carriera politica. La soluzione Donadi è quella che fa guadagnare un po' di tempo e posticipa il fine corsa. E posticipare in politica è sempre un'assicurazione sulla vita perchè il dinamismo della politica funziona a fisarmonica come il cielo d'Irlanda cantato dalla Mannoia. Seguendo l'ex capogruppo alla Camera dell'IDV Paglialunga salva temporaneamente la poltrona da assessore e non è costretto, ideologicamente, a rinnegare fino all'ultima goccia l'antico richiamo craxiano e quel garantismo che fu patrimonio dei socialisti fin dal tempo dei referendum del 1987 sulla "giustizia giusta". Non è invece ancora chiaro cosa farà la Malefora, anche se è difficile immaginare un'avvocato che si schiera con Ingroia e col partito dei pubblici ministeri. Di certo è politicamente giovane e quindi legittimamente alla ricerca di uno spazio in cui ricollocarsi con successo. Intrupparsi con Donadi non le conviene perchè c'è già infilzato il tappo di Paglialunga. L'ipotesi più plausibile è che assieme ad Alianello partecipi direttamente all'esperimento montiano, dando vita alla premiata ditta Aliazemolo & Montefora. Ma anche di questo si riparlerà nei prossimi giorni. Per ora buona lenticchia a tutti e un 2013 coi fiocchi per gli amici del blog, i politici e i cittadini faVrianesi.
    

30 dicembre 2012

La resistibile ascesa di Claudio Aliazemolo


Diamo a Cesare quel che è di Cesare. La conferenza stampa di fine anno non avrebbe dovuto organizzarla il Sindaco Sagramola, ma il Sindaco Ombra Claudio Alianello che è il vero vincitore di questo primo semestre di nuovo governo della città. Questo non significa che abbia operato bene, perchè il bene e il male di un'amministrazione dipendono dalla soggettività e dalla sensibilità di chi esprime il giudizio, ma semplicemente che le cose che ha realizzato hanno prodotto un risultato. Prendiamo il caso delle rotatorie di viale Moccia. Un decisore convinto della oggettiva mostruosità estetica e urbanistica di quelle Girelle Motta, piazzate in mezzo a uno stradone, avrebbe attivato immediatamente l'anello a senso unico, che oltre a non deturpare lo spazio urbano avrebbe anche risolto alla radice il grande problema della viabilità cittadina. Ma è altrettanto vero che le due Girelle, al netto del loro orrore estetico, hanno migliorato, almeno in parte, sia la situazione del traffico cittadino che l'annosa questione dello sforamento dei livelli consentiti delle polveri sottili. E queste sono medagliette che Alianello può serenamente appuntarsi alla giacca. Lo stesso ragionamento può essere sviluppatto sulla questione della raccolta differenziata dei rifiuti. All'inizio Alianello ha peccato di autolesionismo giocando a fare il moralista, accusando ingenuamente i fabrianesi di poco senso civico e paventando multe e interventi repressivi a pioggia. Poi, mano a mano, ha cominciato a rendersi conto che il grande problema delle percentuali di smaltimento dipendeva dalla zona franca delle frazioni, dove i cittadini potevano scaricare tutto nell'indifferenziata. E ha cominciato a lavorare sulle differenziazioni nelle frazioni, diminuendo il livello di pressione psicologica sui cittadini di Fabriano centro e allentando la rivendicazione orgogliosa della funzione di deterrenza esercitata dalla minaccia delle multe. Insomma da assessore avrei agito in modo radicalmente diverso da Alianello, ma è innegabile che l'assessore ai lavori pubblici abbia conseguito risultati. La consapevolezza di ciò sta producendo alcuni effetti politici concreti: il primo è che Alianello si sta sempre più caratterizzando come referente di successo per l'operazione Monti a Fabriano; il secondo è che se decidesse di rimanere nel Pd sarebbe lui il candidato Sindaco nel 2017, perchè pare difficile che a Sagramola sia concessa una replica da primo cittadino. E questo vento in poppa viene giocato da Caudio Aliazemolo anche per chiudere la partita con Galli, che pare stia mollando la presa sull'amministrazione per dedicarsi più assiduamente ad azioni di natura più strettamente politica. Non è un caso, da questo punto di vista, che sul Messaggero di oggi Alianello annunci il proprio impegno in direzione di una sventagliata di nuove rotatorie, che rappresentano una pietra tombale e definitiva su quell'idea di rinverdire l'anello Sintagma che per qualche mese era sembrato la frontiera operativa più dirompente intravista e coltivata da Galli. Ma per avere un quadro chiaro della situazione è necessario monitorare le scosse di assestamento prodotte quotidianamente dalla politica nazionale che costituisce lo scacchiere principale su cui si definirà anche il profilo politico della fabriano dei prossimi anni.
    

29 dicembre 2012

Primarie Pd: il Vecchio Bolscevico e il Sindaco baciapile

Il Pd di Fabriano attende disorientato il sopraggiungere delle Primarie. Paradossalmente, almeno secondo il giudizio esperto di Gola Profonda, il partito stava meglio quando stava peggio, ossia quando a fare e disfare era Maria Paola Merloni. Direttamente o attraverso i giusti plenipotenziari. Un controllo dall'alto che se da un lato aveva rinsecchito la dialettica interna e il fiorire di idee libere e liberali, dall'altro rappresentava una delega rassicurante e una comoda rinuncia alla sovranità. Pensare, immaginare e creare disegni in autonomia sono le attività che fanno della politica l'arte del possibile, ma nel Pd si è estinta da tempo la preziosa coltre del gramscismo e quindi è ritenuto preferibile dare i cervelli in comodato d'uso gratuito al singolo che esercita il comando. Secondo Gola Profonda qualsiasi scelta faccia la Merloni - restare nel PD candidandosi nel listino o montianamente migrare al centro lo vedremo solo vivendo - al Pd fabrianese toccherà riattivare, e anche di corsa, i propri neuroni e questo, considerato la qualità dell'iniziativa politica espressa nel recentissimo passato, già pone enormi problema di stabilità e coesione del partito. Dal punto di vista politico pare invece che il Direttivo abbia fatto emergere, in un quadro di sostanziale disinteresse per una partita che non vede coinvolto nessuno della sezione, una divisione piuttosto netta tra Sagramola e il vecchio bolscevico, nonché sponsor politico della Monacelli e promoter della banca di credito cooperativo, Giuseppe Mingarelli. Il Sindaco di Fabriano, mantenendo integro e attivo un filo di solidarietà politica che passa inevitabilmente per i palazzi dell'ente Provincia di Ancona, sosterrà Eliana Maiolini, ex Assessore Provinciale al Bilancio, Programmazione e Patrimonio e già coordinatrice del comitato regionale per Renzi. Quella di Sagramola, a parere di Gola Profonda, è una mossa furbetta ma sfiatata, un tentativo del Sindaco - storicamente in quota Letta - di intestarsi l'ampio consenso ricevuto da Renzi a Fabriano alle precedenti Primarie. Anche se sarà difficile trovare la quadra tra lui e la Maiolini, e combinare l'oscurantismo sagramoliano del rifiuto delle unioni civili col giudizio favorevole sulle unioni omosessuali espresso dalla Maiolini (Intervista a Eliana Maiolini). A fronte dell'endorsement sagramoliano si erge in tutta la sua maestosa parabola crepuscolare, la scelta di Mingarelli, il padre nobile di quel che resta della Quercia e degli ex comunisti, che appoggerà Silvana Amati, parlamentare esperta oltre che esponente storica della sinistra senigagliese e di provenienza non democristiana. L'elemento interessante delle Primarie fabrianesi sarà quindi comprendere chi la spunterà, quasi scimmiottando una riedizione sbiadita e patetica della vecchia saga di Giovannino Guareschi, tra il vecchio bolscevico e il sindaco baciapile, tra Calce e Martello e Sagrestamola. E per farlo sarà sufficiente un elementare far di conto e segnare, sul pallottoliere, le preferenze raccolte dalla Maiolini e dalla Amati. Se prevale Silvana Amati si rafforza la segreteria Monacelli e per la seconda volta, dopo l'ultimo voto in Consiglio, la prende nei denti Sagramolone. Se vince la Maiolini il Sindaco pareggia il conto e risale la china, mentre si fa notte sulla segreteria ancora latente e in divenire della Monacelli. Il perfido jolly se lo giocheranno i renziani non sagramoliani, che se vorranno scoprire le chiappe al Sindaco, potranno distinguersi votando per Piergiorgio Carrescia, renziano doc e dirigente della Regione Marche. Insomma dai dati e dai numeri  ancora una volta capiremo molte delle cose che riguardano questa nostra città. Come in passato e come sempre. Amen.
    

28 dicembre 2012

Il giallo senza delitto della politica fabrianese

C'è un piccolo ma interessantissimo giallo nella politica fabrianese. E' sparita da settimane l'arma di un Delitto Politico mai commesso, ma di cui molto si è mormorato nelle giornate estive del 2012; la lama del tu quoque che avrebbe dovuto insanguinare la veste del piccolo Cesare sagramoliano, togliendo di scena un governo di minoranza già segnato dalla massiccia e maggioritaria astensione degli elettori. I grandi giallisti, e pure il celeberrimo RIS di Parma, insegnano che in caso di omicidio occorre subito ritrovare l'arma del delitto. Un principio che, a naso, dovrebbe valere anche al contrario, ossia quando si fanno i conti con un crimine che, per qualche ragione, non è stato commesso. L'arma del mancato Delitto Politico, grazie al cielo, non era d'acciaio ma di carta; una carta tanto ricca di codici, codicilli, sentenze, fattispecie, foto e citazioni da configurasi come un voluminoso dossier e quindi, in ultima istanza, pure come affilatissimo ricorso con cui giocare allo spariglio, come si farebbe in una sfida a scopone scientifico. Parliamo dell'ormai mitica pratica anti Tini, che dimostrando concretamente l'ineleggibilità dell'assessore alle finanze, avrebbe fatto saltare, in pochi istanti, Giancarlone, Angelino e tutto il cucuzzaro. Un'arma così efficace da essere sparita di scena, dimenticata in qualche scrivania o magari seppellita da una pila di altri documenti e altre scartoffie. Ma il bello è che, nella calda estate 2012, furono almeno due i conoscitori di cose e casi umani che diedero per certo il non casuale smarrimento del faldone. Segno di manine e manone che macchinavano discrete? Di certo lo smarrimento del faldone era ignoto ai tre firmatari del ricorso: Paoletti, Romani e Costantini. Già, perchè dell'intera minoranza consiliare - e sottolineo non a caso l'interezza per evidenziare verginità e peccati - Paoletti è l'unico ad aver siglato l'atto che avrebbe dovuto camminare di pari passo con quello che lo ha riportato in Consiglio Comunale al posto di Bonafoni. Ma del "pari passo" non si è vista manco l'ombra. A questo punto l'interrogativo si sostantifica senza bisogno di solleciti: per quali ragioni politiche o extrapolitiche la madre di tutte le azioni legali non ha varcato l'uscio del Tribunale a cui era rivolta? Si tratta di pura e semplice dimenticanza, di un farraginoso protrarsi delle procedure o di un utilizzo politico dell'oblìo? I tre firmatari - ovviamente ringalluzziti dal successo del ricorso di Paoletti sull'attribuzione dei seggi - sembrano intenzionati a rinverdire la pratica, di cui avevano dato per assodati gli automatismi e il cammino. Ed essendo gente di lungo corso politico, credo abbiano annusato innanzitutto l'aria e il cambio di clima, perchè le cose, solitamente, avvengono quando il contesto è propizio e l'orizzonte è gravido. Un successo del ricorso infatti, oltre alla crisi di Giunta, scatenerebbe l'assalto dei giovani turchi nell'UDC e i riposizionamenti tra sinistra e centro nel PD. Una situazione ideale per nuovi schemi e per ardite sperimentazioni. Ma è la domanda iniziale la ragion che tutto move: chi ha messo la sordina al ricorso sull'ineleggibilità di Tini? Per quali motivi? E con quale contropartita?

P.S. domattina post dedicato al direttivo del Pd. Scopriremo come il partito fabrianese indirizzerà i voti per le primarie di questo fine settimana
    

27 dicembre 2012

Segretario e Gentiluomo

La Fondazione Carifac è il Cremlino del potere locale, lo spazio in cui si muove e agisce una burocrazia di pensiero datato e d'anagrafe tarda, una elite convinta di essere necessaria alla città quando lo è soltanto a se stessa e alle proprie esigenze di permanenza e durata. Ma la Fondazione somiglia al Cremlino dell'era sovietica anche per il silenzio in cui è avvolto il suo agire e per certe pratiche di nomina alle posizioni apicali che ricordano gli avvicendamenti alla segreteria del PCUS, quando veniva considerata una svolta politica e generazionale degna di nota il subentrare di un settantenne pimpante a un ottuagenario moribondo o di salute cagionevole. Ed è esattamente quel che è accaduto con la nomina di Papiri al posto del defunto Galassi. Con l'aggravante che Papiri è anche espressione di una specifica area politica e di partito mentre Galassi ne era sostanzialmente estraneo. Il che, al di là del fatto meramente anagrafico, costituisce una ragione aggiuntiva di critica e di perplessità. Per Statuto e in in quanto ente non più proprietario di una banca, infatti, la Fondazione "persegue esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico" e la scelta di un uomo di parte nel ruolo di Presidente - che è il vero deus ex machina dell'istituto - contravviene il principio tanto solennemente evocato, perchè l'utilità sociale è per sua natura orizzontale e prepolitica, ossia incompatibile con l'approccio di parte, e quindi verticale, della nomina papiresca. I poteri del Presidente e del Consiglio di Amministrazione, inoltre, trovano la loro concretezza attraverso la figura del Segretario Generale della Fondazione. E qui cade di nuovo l'asino, perchè l'articolo 36 dello Statuto della Fondazione afferma che "Il segretario generale assicura la corretta gestione delle risorse della Fondazione." Ciò significa che sono forti e coordinate le connessioni operative e le sinergie di comando tra Consiglio di Amministrazione, Presidente e Segretario Generale. Anzi, si potrebbe tranquillamente sostenere che l'incarico di Segretario Generale è di tipo fiduciario. E' quindi necessario che tali organi, in solido, restino in carica per il medesimo lasso di tempo e risultino, quindi, operativi a tempo determinato. Si mormora invece che sia in ballo la nomina a tempo indeterminato del Segretario Generale. Nel caso, oltre che con una dilatazione dei costi di struttura, ci troveremmo con un gestore inamovibile delle risorse della Fondazione, un funzionario messo nella condizione di durare a prescindere dagli indirizzi e dai voleri del Consiglio di Amministrazione e del Presidente in carica. E' evidente che ciò sposterebbe l'asse dei poteri in direzione della segreteria generale, che potrebbe esercitare un dominio di fatto e, quindi fuori Statuto, sulle azioni e sulla traduzione operativa delle scelte della Fondazione. E da questo punto di vista, oltre a vigilare sugli effetti prospettici di decisioni di questa natura, è auspicabile che Papiri si adoperi pure per scongiurare tassativamente la possibilità che l'incarico di Segretario Generale venga assunto da persone che, in un modo o nell'altro, possano essere riconducibili alla politica o a decisioni e deleghe assunte dalla politica, anche e sopratttutto nella sua veste istituzionale. Perchè a quel punto la partigianeria raggiungerebbe e oltrepasserebbe i livelli ritenuti fisiologici e e non sarebbe sbagliato chedere le dimissioni in blocco del Presidente e del Consiglio di Amministrazione. E questo non per pregiudizio nei confronti della Fondazione ma soltanto perchè trattasi di persona giuridica mista - un po' pubblica e un po' privata - che in quanto tale risponde del suo operato anche alla collettività territoriale.
    

26 dicembre 2012

Tutti i dolori del PD

Giovedì 27 è convocato il Direttivo del PD di Fabriano. All'ordine del giorno, verosimilmente, ci saranno le primarie, previste per il prossimo fine settimana. La convocazione dell'organismo dirigente del partito riguarderà, formalmente, gli aspetti logistici dell'evento: dislocazione dei seggi, organizzazione dei volontari, segreteria elettorale e pratiche di accertamento del diritto al voto. In realtà quello di giovedì sarà un simposio al calor bianco, perchè i democratici dovranno affrontare, inevitabilmente, due questioni centrali per il futuro del partito a livello locale: la decisione, ormai acclarata, di Maria Paola Merloni di passare armi e bagagli col centro di Montezemolo e la composizione della lista dei candidati della provincia di Ancona, che ha registrato la totale esclusione dei fabrianesi dalla competizione per le candidature al Parlamento. Il cambio di casacca della Merloni potrebbe avere un effetto contrastante sul partito, perchè se da un lato ne libera la dialettica dal peso del tallone padronale, dall'altro ripropone, del tutto irrisolta, la linea di faglia originaria tra democratici di matrice comunista e democratici di provenienza democristiana, di cui si sono colti segnali eclatanti già con la vittoria di Renzi al primo turno delle primarie per la scelta del candidato a Presidente del Consiglio. Sarà quindi interessante osservare, con attenzione, gli accadimenti dei prossimi giorni e capire chi e quanti saranno i democratici che seguiranno la Merloni nell'avventura centrista o che saranno tentati di farlo. Una scissione che si profila a "gocce" e non a "grappolo", un disimpegno individualizzato che si era già intravisto, qualche settimana fa, con la vicenda del M.A.S. e dei "catalani" del Pd di Fabriano pronti alla secessione montiana e montezemoliana. La questione Merloni. si intreccerà quindi, inevitabilmente, con lo schiaffo subito dai fabrianesi nella composizione delle liste provinciali. La tesi che circola negli ambienti democratici è che Spacca non si sia battuto a fondo per garantire posizioni a Fabriano, perchè il suo futuro - e la possibilità del terzo mandato, tornata d'attualità dopo la vittoria di Renzi direttamente in casa del competitor bersaniano Ucchielli - presuppone una separazione sostanziale tra il Governatore e la sua città. Il combinato disposto dell'uscita di M.P.M. dal partito democratico e l'assenza di fabrianesi alle primarie costiuisce, probabilmente, il punto di caduta più gravido di conseguenze nella recente storia del Pd fabrianese. Il nuovo segretario del partito, Graziella Monacelli, dovrà quindi imbarcarsi in un'opera titanica nelle finalità ma precaria nella quotidianità del fare: portare all'incasso dell'area bersaniana il cambio di casacca della Merloni, senza provocare un'emorragia di iscritti, dirigenti e militanti pronti  - per convinzione e per convenienza - a migrare negli assolati e  riposanti lidi montiani. La Monacelli vanta un curriculum di tutto rispetto per tentare con successo l'operazione: un'esperienza sul campo quasi trentennale, una scuola politica del realismo d'alto bordo, comune a tutti gli amendoliani del Pci, e un carattere combattivo, che in queste circostanze aiuta a cambiare il segno e il destino delle battaglie politiche. Ha già dato prova di queste doti sulle unioni civili, costringendo i consiglieri comunali del partito democratico a votare compatti contro il clericalismo di Sagramola. A partire da giovedì, l'attende un'altra sfida cruciale: organizzare la renitenza degli iscritti e dei militanti democratici rispetto al voto delle primarie. Se riuscirà a mobilitare al contrario il PD, garantendo l'astensione di almeno il 70% di quanti hanno scelto tra Renzi e Bersani, vorrà dire che il messaggio arriverà forte e chiaro al partito anconetano e agli scissionisti e malpancisti di Fabriano. Diversamente, si ritroverà col cerino in mano, bella che azzoppata già prima di inaugurare la propria segreteria. E sinceramente da ex compagno di partito, di corrente e di banco in aula consiliare, non auguro davvero alla Monacelli né ustioni né fratture politiche. Perchè una sua sconfitta non farebbe altro che aumentare il caos della politica fabrianese e l'indebolimento della nostra città.
    

25 dicembre 2012

Ufficiale: Ottaviani sceglie Monti


L'Annuncio non poteva che avvenire tra la Vigilia e il giorno di Natale. Marco Ottaviani, in questo, si è scrupolosamente attenuto al nomignolo sorciano che ne accompagna il percorso politico: il Verbo. Come a dire il divino incarnato attraverso il logos, la parola. E la parola di questi giorni corrisponde a una scelta politica. Forse alla risoluzione definitiva di un'inquietudine che ha segnato l'agire di Ottaviani sin dal 2007. Un'inquietudine cocciutamente collocata al centro, ma che ha conosciuto oscillazioni e scelte - come la recente corsa solitaria alle comunali - più figlie della sua personalità, risolutamente autocentrica, che di una riflessione politica fondata sulla costruzione di alleanze. La scelta politica che risolve l'odisseo peregrinare del Verbo si chiama Mario Monti. L'Agenda per l'Italia del Bocconiano troverà, quindi, a Fabriano il suo interprete, nella persona di Marco Ottaviani. Il che non sorprende affatto perchè Monti - e cito il protagonista - è l'unico a cui sarebbe disposto a chiedere umilmente: "Professore, cosa posso fare per questo progetto", senza essere lui il suggeritore e l'ispiratore. Si tratta di una mossa tempestiva perchè a Fabriano Ottaviani è l'unico "montiano" ad avere un ruolo politico nelle istituzioni locali e l'unico ad avere un consenso realmente misurato attraverso i processi elettorali. Il che lo pone oggettivamente al centro della formazione di un raggruppamento centrista e tecnocratico locale. Tra l'altro anche dal punto di vista della fisiognomica e del comportamento Ottaviani corrisponde perfettamente all'idea di politica che Monti sta cercando di proporre: altera, intellettualmente presuntuosa, nutrita di tecnicismi liberati dalle passioni, fondata su una visione rigorista dei conti pubblici e dell'ispirazione cristiana, culturalmente aperta al confronto e all'incontro di pensieri diversamente illuminati e alimentata da un linguaggio "alto", finalizzato a trasmettere la percezione e l'immagine di un nuovo partito della borghesia che l'Italia non ha mai avuto. L'ufficializzazione della scelta di Ottaviani - che questo blog è in grado di confermare in anteprima - determinerà una serie di effetti politici anche nella dimensione locale. Innanzitutto nell'UDC, già permeata da sotterranei malumori e latenti voglie di congiura. Perchè Ottaviani ha ben chiaro che senza una modernizzazione dell'UDC, capace di pensionare la vecchia guardia tutta fave e pecorino, il progetto montiano non potrà decollare, in chiave locale. In questo percorso è inevitabile che le strade di Ottaviani e quelle di Galli si incrocino in un progetto di trasformazione identitaria del partito. Così come è difficile immaginare una soluzione "montiana" su cui metta il cappello Maria Paola Merloni o chi per lei, perchè rappresenterebbe una repentina doccia fredda per quei cittadini che potrebbero essere tentati da una qualche forma di partecipazione moderata. Certo è che, al di là delle distanze politiche e culturali che si possono registrare nei confronti nel progetto montiano, l'idea di un'area politica borghese che a Fabriano prova a sostituere pancia, viscere e convenienze con la dialettica culturale e qualche lume di ragione è oggettivamente interessante, perchè può contribuire a smuovere un'inerzia politica che è una delle cause della crisi psicologica della città. E in un momento come questo occorre avere il coraggio di guardare le cose in un'ottica di sistema e di ricercare, nella diversità delle posizioni, un alfabeto politico comune, un linguaggio capace di superare la diatriba tra "noi" e "loro", che è, da sempre, la quintessenza della stupidità applicata alla lotta politica.
    

24 dicembre 2012

I doni di Babbo Natale ai politici fabrianesi

E' la Vigilia di Natale e stasera - dopo un lieto e corale sfrigolìo di scampi, calamari e mazzancolle - arriverà Babbo Natale a portare i doni a grandi e piccini. E non mancherà un presente per i politici locali, perchè pure a loro piacciono le strenne, i pacchetti col nastrino arricciato, la penombra domestica rotta dalle lucine intermittenti dell'albero e la messa di mezzanotte, pervasa di digestioni sbadiglianti e alitosi marinate. Babbo Natale, come sempre generoso e indulgente, ha riservato, per i politici fabrianesi, un sacco ricolmo di doni simbolici e speciali. Pino Pariano, sotto l'albero, troverà un pregiato cuscino antidecubito, perchè da quando è diventato Presidente del Consiglio Comunale non lascia lo scranno manco un istante per paura di ritrovarlo occupato e a forza di star seduto gli si è riempito il culo di piaghe. Per Sagramola, invece, un bel buono spesa, comprensivo di cambio dell'olio - per lubrificare una maggioranza che cigola ogni giorno più rumorosa - e di pasticche dei freni, per fermare la corsa giusto un attimo prima che il Pd gli voti contro, come sulle unioni civili. Per Angelo Tini si parla, insistentemente, di una tombola con le schede plastificate. Da utilizzare per tirare su numeri e numeretti, e caso e a culo, in sede di bilancio consuntivo e preventivo: Entrate tributarie! Ambo! Spese in conto capitale! Terno! Spese correnti!Cinquina!Addizionale Irpef!Tombola! Un bel volume, preziosamente rilegato, è quanto Babbo Natale ha destinato a Patrizia Rossi. Trattasi di un celebre bignami, scritto da Anna Moroni e Antonella Clerici, intitolato "Le migliori ricette per gestire la cultura: dai circuiti museali alle tagliatelle di Nonna Pina". Una porchetta in metallo pregiato - rigosorsamente Made in FaVriano - è quanto riceverà Urbano Urbani, ad imperitura memoria della strage di porcelli che ha costellato, come una sfortunata ombra sacrificale, la sua barocca e ingloriosa candidatura a Sindaco. Per l'assessore Alianello Babbo Natale ha, invece, pensato bene di mettere nel sacco dei doni una scatola di Lego, così che l'assessore possa divertirsi costruendo piccole rotatorie che poi diventano strade e poi fontane e poi, ancora, incroci e svincoli, con annesso sinistro e figurante in divisa da vigile urbano che alza la paletta e commina sanzioni per far quadrare i conti al ragionier Tini. Una pista circolare - o ad anello a seconda del gusto per i sinonimi - munita di joystick e alimentatore a batteria, è quanto riceverà il Gallo Peppino, che potrà sbizzarrirsi a far circolare macchinine, autobus e a mettere in fila tanti pupazzetti in attesa di salire. Così da poter sostenere, in Giunta, che il trasporto pubblico non solo è una figata del sabato mattina ma pure una grande occasione per far felici i fabrianesi. Per Romagnoli e Arcioni è dato per certo un pannello solare cadauno, così che possano illuminare, senza sprechi, le cazzate che gli capita di sparare in Consiglio Comunale. E poi ancora una bussola, con annessa rosa dei venti, per il disorientato Solari; un'ora di libertà politica per il sempre più prigioniero Paglialunga e tanti, tanti doni ancora a tutti gli altri. Compreso un bellissimo specchio per Roberto Sorci che, in questo modo, si convincerà di non essere l'unico a capire tutto, ma che sono almeno in due - in questo mondo - a saperla più lunga degli altri. E il secondo, guarda caso, gli somiglia come si somigliano due gocce d'acqua.
    

23 dicembre 2012

Il Pd di Fabriano fuori dalle Primarie

Per ora nessuno si sbilancia e anche i più loquaci si limitano a poche parole di circostanza. Ma dalla lista dei candidati alle primarie del Pd della Provincia di Ancona arrivano corposi segnali politici. Per prima cosa che il Pd è un partito della "fascia costiera", con Ancona e Senigallia a farla da padrone, con qualche concessione per quella porzione di Vallesina che guarda verso il mare, nonostante Jesi sia andata elettoralmente perduta dalla sinistra dopo un'egemonia cinquantennale. Il che rende ancor più eclatante l'emarginazione del territorio montano e di Fabriano come suo storico e riconosciuto centro propulsore. Nessun fabrianese parteciperà, infatti, alle primarie del Pd e non è ancora chiaro il possibile percorso politico dell'On.Merloni, amleticamente sospesa tra continuità democratica e approdi montezemoliani. Eppure, diversamente da Jesi, a Fabriano il Pd governa la città ed esprime un Sindaco - anche se votato solo da un quarto del corpo elettorale - che già fu Vicepresidente della Provincia di Ancona. E, dettaglio non proprio irrisorio, è fabrianese anche il Governatore delle Marche, a sua volta esponente di primissima fascia del Pd marchigiano. Certo, la nostra città non è più in grado di imporre la geometrica potenza di un tempo, quando il potere esercitato sul territorio regionale non derivava da chissà quale complotto ma da una centralità conquistata attraverso il peso del tessuto imprenditoriale e della grande impresa. Ma il ridimensionamento economico dell'area montana non è sufficiente a spiegare, in toto, la rapida ed eclatante liquefazione del Pd montano. E siccome in politica nulla succede per caso, qualche valutazione e qualche congettura è possibile azzardarla. La prima ipotesi plausibile è la più semplice e cioè che il Pd non avesse nessuno da candidare per evidente livellamento verso il basso del suo gruppo dirigente. Il che denoterebbe il baratro culturale in cui è precipitato un partito che, pur governando da tempo la città, non è riuscito a creare, al di là della capacità di raccogliere preferenze dei suoi singoli esponenti, una classe dirigente spendibile sia all'esterno che all'interno del partito. C'è poi una spiegazione "punitiva", ossia legata alla possibilità che il taglio dei candidati fabrianesi rappresenti la risposta dell'apparato allo sgarbo della vittoria di Renzi al primo turno delle primarie e ai desideri di scissione e di spostamento al centro che animano da tempo molti esponenti di rilievo del partito democratico fabrianese. Da ultimo sussiste anche una chiave di lettura più politica e cioè che l'esclusione dei fabrianesi possa dipendere da un indebolimento dell'egemonia politica di Spacca sul Pd ad opera dei pesaresi e del segretario bersaniano Ucchielli, a sua volta ridimensionato dalla vittoria di Renzi nelle primarie della sua città. Ma quale che sia la tesi più acclarata e plausibile un dato è certo: l'assenza di fabrianesi alle primarie del Pd rappresenta un indebolimento della rappresentanza parlamentare per la nostra città e pone domande sempre più pressanti sulla capacità del Pd di Fabriano di essere lo strumento più adeguato per portare il nostro territorio fuori dalla crisi. In un manifesto del Pd c'era scritto: "Il meglio deve ancora venire". E pensando a Fabriano viene spontaneo fare i debiti e poco eleganti scongiuri.
    

22 dicembre 2012

Aria di golpe nell'UDC?


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Gli effetti politici del voto sulle unioni civili non si sono esauriti col passare delle ore. E il quadro generale non sembra destinato a semplificarsi. Specie se continuasse a prevalere la tendenza sagramoliana alla minimizzazione dell'accaduto. Si racconta che subito dopo il Consiglio il primo cittadino si sia consolato del voto di oggettiva sfiducia con cui è stato messo in minoranza, affermando che l'istituzione del registro delle coppie di fatto non faceva parte del programma della coalizione e, quindi, che si potesse tirare a campare come se niente fosse accaduto. In realtà Sagramola sa benissimo che la posizione contraria del Pd alla sua mediazione significa che per lui - se mai dovesse giungere a fine mandato - non è previsto manco lontanamente il bis e che l'UDC, tutta compatta attorno alle lanose gote del Sindaco - somiglia agli antichi pretoriani romani che erano sempre soliti fare quadrato prima di scatenare la congiura e conficcare il pugnale nelle carni inermi dell'imperatore caduto in disgrazia. Il punto dirimente e nuovo, diversamente da quel che si può immaginare, non è tanto la frizione nel PD - rocambolescamente risolta dalla segretaria in pectore Monacelli - quanto l'atteggiamento muscolare dell'UDC. Una puntata di piedi, quella dei casiniani, dietro la quale si profila qualcosa che ha più a che vedere con la formazione di nuovi equilibri interni che con i registri delle coppie di fatto. Gli esperti in materia parlano sempre più espressamente di una lotta interna tra rinnovatori e conservatori. Una lotta all'ultimo sangue ma sotterranea, come si addice a tutte le organizzazioni politiche che hanno vissuto in stretta e continua compenetrazione col potere. Una lotta aggravata dal quel che succede a livello nazionale, con la dialettica centrista tra cattolicesimo moderato e popolare e tecnocrazia montiana. Pare infatti che nel partito fabrianese si stia formando una corrente di "giovani turchi", di "gorbacioviani bianchi" che si preparano a un golpe legale da realizzare attraverso lo strumento statutario del congresso. L'obiettivo, in chiave faVrianese, è quello di dare vita a un partito svincolato dall'analfabetismo delle preferenze, più radicato in città, meno condizionato dai potentati di frazione, emancipato dalle collusioni profonde col sistema Ardo e dalla gerontocrazia che ne regola e ne orienta, tuttora, scelte e posizioni. Il voto stranamente zelante dell'UDC sulle unioni civili segnala quindi malessere, preoccupazione e disagio per il futuro a breve termine del partito. Ma chi ha a cuore le sorti di Fabriano non può che rallegrarsi di fronte alla sola ipotesi che il partito merloniano e viventiano per eccellenza possa decidere - anche attraverso un benedettissimo golpe - di diventare qualcusa di più presentabile, più commestibile e più digeribile per la nostra città e per i nostri cittadini.
    

21 dicembre 2012

Schiaffo a Sagramola

"Si può dare, si può dare, si può dareeeeee di piùùùùùùù!" Cantano così i bambini della pubblicità natalizia. Tutto belli, soavi e riccioluti mentre opportunamente, gridano "buttati che è morbido!!!". Ma dare più di quanto abbia dato ieri il Consiglio Comunale sarebbe un troppo pretendere. Mezza giornata a dissertare di Unioni Civili, coppie di fatto e culattoni. E poi il voto che dice sì, l'inaudito affronto agli antichi e miseri conservatorismi di una città di metalmezzadri baciapile. Uno schiaffo a mani aperte, una rovente cinquina stampata sulla gota lanosa di Giancarlone Bauli, ridotto di colpo a Giancarlocchio, a Pandorone di Primo Prezzo, a Bambolo Zuccherato ma con lo sguardo livido di chi s'è preso la tarancola senza avvisaglie e preavvisi. Sagramola si è buttato. Ma non era morbido per niente. Anzi fu effetto porfido direttamente sulla dentatura del primo cittadino. Per capire il regalo di Natale è sufficiente analizzare la dislocazione del voto: la mozione sulle unioni civili passa col voto favorevole del PD, di Rossi, del 5 Stelle, di Solari, Paoletti e Malefora. Un ok suffragato e sostenuto dall'astensione di Ottaviani che pare sia riuscito - a colpi di carisma, influenza e joystick - a trascinare pure il trio Urbani, Leli, Silvi, giocando l'astensione su una linea di emendamenti finalizzati a ridurre l'impatto politico della mozione. Contrari solo UDC, Cresci Fabriano e il Pandorone Sagramola. Il Sindaco ha tentato di salvare capra e cavoli intestardendosi attorno a una democristianata sulla famiglia anagrafica ed è rimasto accoppato. Anche per via di un intervento in zona Cesarini della segretaria in pectore del Pd Graziella Monacelli che, smadonnando, è riuscita a imporre al partito la linea del consenso e della laicità. Se vivessimo in una stagione politica normale stanotte Giancarlone dovrebbe aspettare l'alba. Ma non per lasciare il piattino coi biscotti a Babbo Natale e neanche per scrivergli una letterina last minute, ma per mettere nero su bianco la propria lettera di dimissioni. Perchè è veramente il colmo che un Sindaco iscritto al PD venga messo sotto dai voti del PD e sopravviva grazie alla stampella dell'UDC, ossia di un partito che molti del suo partito manco riescono a digerire. Ma la verità è chiara: il PD si è rotto i santissimi di fare la parte di Babbo Natale, di pendere dalle labbra dell'UDC e scivolare ogni giorno sulla cappella di Tini. E oggi, dopo anni, ha perso la mediazione democristiana e ha perso un Sindaco che a quella mediazione è fedele fino al ridicolo. Un consigliere di maggioranza è arrivato a dirmi che Sagramola media anche sul colore delle cravatte. Se ne trova davanti una viola media per farla diventare appena rosata; se ne ha tra le mani una marrone scuro la scolora fino a farla somigliare alla cacarella. E forse proprio per questo a forza di mediare, oggi è riuscito a farla fuori dal vaso. E per Rossi dieci piani di morbidezza e di rotoloni Regina.

ps Mi spoglio di ogni cavalleria politically correct. Le donne consigliere sono state di una tristezza unica: arcigne, didascaliche, tutte prese da codici e codicilli quando il tema era adattissimo a una visione di genere. Un'occasione perduta per sciorinare competenze e far vedere chi era la più brava in diritto. La Girolametti in formato madre badessa, la Malefora polemica e forense e la sora Leli tutta comparazioni ed eccezioni forse hanno confuso l'aula consiliare con l'aula magna. Un errore imperdonabile. Da novizie.
    

20 dicembre 2012

Perchè il Consiglio voterà contro le coppie di fatto

Stamattina c'è il Consiglio Comunale. Consesso prenatalizio, con scambio di auguri, parole buone e buoni propositi per il nuovo anno che si approssima. Insomma, palle di Natale per tutti ma con la mente già rivolta alla cena della Vigilia e ai cappelletti in brodo del 25 dicembre. Ma oggi non sarà comunque un Presepe illuminato e lieto di astri nel ciel, anche se viene accolto - tra i rabboniti pastori della politica faVrianese - il re magio Paoletti, appena giunto a destinazione dopo una lunga traversata tra i marosi del diritto e della giurisprudenza amministrativa. Ma al di là delle parvenze festose e festive quello di oggi si profila come un Consiglio potenzialmente scoppiettante, perché dopo l'ora di interrogazioni e interpellanze il Civico Consesso sarà chiamato a discutere dell'istituzione del registro delle unioni e civili e del relativo regolamento. In pratica del riconoscimento delle coppie di fatto e delle modalità di accesso ai servizi che esso presuppone. Non è necessario essere titolari di scienza politica per comprendere che si tratta di roba che scotta. Se interrogassimo personalmente e in privato - con vincolo di segretezza - Sindaco, assessori e consiglieri comunali, scopriremmo un atteggiamento unanime rispetto alle coppie di fatto perché, ormai, l'idea stessa della convivenza è diventata patrimonio trasversale ai ceti sociali,  alle generazioni e alle culture. Ma il riconoscimento formale delle unioni civili, da parte del Consiglio Comunale, comporterebbe una presa di posizione pubblica e ricca di implicazioni politiche. Un voto favorevole, infatti, significherebbe prendere ufficialmente le distanze dalle remore e dai dinieghi della Chiesa che, anche a livello locale, non credo salterebbe di gioia nell'apprendere che il ceto politico le ha voltato tanto clamorosamente le spalle su un tema sensibile e su questioni da sempre ritenute non negoziabili. Ragion per cui il voto sulla mozione presentata da Emanuele Rossi, sarà uno dei momenti politici più interessanti di questo primo semestre di mandato amministrativo. Perché ogni consigliere comunale si troverà a rispondere a diversi input: le proprie convinzioni personali - che in politica ormai non contano quasi nulla - , gli ordini di scuderia provenienti dal partito e dalla coalizione e, ultima ma non per ultima, una laicissima e, per certi versi laidissima, contabilità personale in merito agli effetti prodotti in termini di preferenze da un niet spavaldamente rifilato alla Curia. Per questo ritengo di poter fare una previsione abbastanza veritiera e verosimile di come voteranno i singoli consiglieri. A partire da quelli di minoranza: a favore Rossi che ha presentato la mozione; Paoletti che non può tradire la ragione sociale che lo ha appena fatto atterrare in Consiglio; Arcioni e Romagnoli  che, nonostante la poca attenzione del 5 Stelle ai diritti civili, hanno bisogno come l'aria di non  intrupparsi in un fronte clericale e Silvano D'Innocenzo che vuole rilanciare la propria immagine di berlusconiano liberale. Contrari Ottaviani per convinzione e consuetudine con i corridoi del dirimpettaio;  Urbani, che farebbe fatica domani sera a sedere accanto a Don Vecerrica per il Concerto di Natale, Leli e Silvi per urbanesco ordine di scuderia. Compattamente contrari i consiglieri dell'Udc e del resto della maggioranza, perché un voto favorevole rappresenterebbe uno schiaffo al cattolico e apostolico Sagramola, con pesanti ricadute non tanto sugli equilibri di maggioranza quanto sul clima interno alla compagine governativa. Insomma, il registro delle unioni civili non si farà e non assisteremo a prese di posizioni autonome, legate a un'improvvisa crisi di coscienza. E domani sera, tutti in Cattedrale per i canti e le musiche di Natale. E vaffanculo unioni, registri e regolamenti.

p.s. Ore 19, la proposta è passata con un voto che ha rotto tutti gli schieramenti e su vale la pena tornare. Per una volta sono ben contento di aver sbagliato previsione! Ma sulla frattura politica sarà il caso di tornare

    

19 dicembre 2012

Il caso Ardo e lo strano consenso della FIOM

Ieri mattina, presso la sede della CGIL di Fabriano, si è tenuto un incontro tra i lavoratori ex Ardo rimasti fuori dalle riassunzioni della JP Industries e la Fiom, rappresentata dal responsabile nazionale del settore elettrodomestici Evaristo Agnelli. Sono stati affrontati diversi temi: il prolungamento della cassa integrazione, l'applicazione dell'Accordo di Programma, il ricorso delle banche. Per concludere con un impegnativo giudizio della Fiom su quanto fino ad ora realizzato attraverso l'operazione JP. I giornali di oggi focalizzano tutta la loro attenzione sulla notizia più facile, ossia sul fatto che il pagamento della cassa integrazione avverrà nel giro di pochi giorni, consentendo ai lavoratori di disporre di un minimo di retribuzione con cui affrontare spese e festività natalizie. La notizia di rilievo politico e sindacale è però un'altra e cioè in giudizio che la FIOM nazionale esprime in merito alla JP Industries. Un giudizio positivo, di totale apertura che lascia sinceramente perplessi, anche perchè proviene dalla più combattiva delle federazioni della CGIL. Una FIOM tradizionalmente antagonista, innamorata del conflitto sociale e culturalmente aliena da qualsiasi tentazione compartecipativa e bilaterale. Ma non quando si tratta di Fabriano, dove la durezza landiniana lascia il campo a un consenso morbidissimo che si concretizza in un sostegno depurato di ogni criticità nei confronti dell'operazione JP. Al punto che Agnelli ha sostenuto che JP Industries, in questo primo anno, ha garantito un buon volume di investimenti e di produzione. Si tratta di affermazioni impegnative, di un consenso pesantissimo che non fa i conti con una realtà in cui non si è intravista traccia di continuità produttiva, di cui continuano sfuggire natura, contenuti e orientamento del piano industriale e di cui non sono chiare le modalità con cui si definiscono le giornate lavorative e i programmi di produzione. Che sia la FIOM a glissare su questi temi strategici, che altrove avrebbero scatenato l'ira politica e mediatica di un Landini o di un Cremaschi, lascia intendere che su Fabriano è stata costruita un'operazione condivisa di rimozione, di cui continuano a sfuggire le ragioni e che ha trovato nel sindacato un elemento strategico di stabilizzazione al contrario. L'interrogativo che rimane sospeso in aria è sempre lo stesso ma questo blog continuerà a proporlo fin quando non sarà sciolto il rebus che lo alimenta: perché all'interno del sindacato non si è levata mai una sola voce critica, di dissenso e di contestazione rispetto a quanto accaduto? Perchè la FIOM - che è stata capace di fare barba, baffi e contropelo a Marchionne e alla Fiat - sulla questione Ardo non è riuscita a proporre un approccio critico e una visione del conflitto capace di allargare orizzonti di verità ormai sempre più ristretti e asfittici? Quale ragion di stato ha sollecitato una così lunga e granitica desistenza da parte delle organizzazioni dei lavoratori? Continuare a tacere, a questo punto, non è solo una colpa ma una forma di complicità.
    

17 dicembre 2012

L'Onorevole Sagramola alle Primarie del PD

Per il momento siamo ai rumour, alle voci dal sen fuggite, alle esalazioni da sottoscala. Ma, come dicevano le nonne, se tuona vuol dire che da qualche parte piove. E oggi, di colpo, hanno cominciato a cadere gocce di clamore politico attorno a Sagramola. Di quelle che bagnano e fanno fesso anche l'ombrello: pare, infatti, che il Sindaco si a intenzionato a candidarsi alle primarie del Pd. Probabilmente per la Camera dei Deputati. E' uno spiffero clamoroso che, se fosse confermato, delineerebbe uno scenario politico locale totalmente nuovo e ricchissimo di incognite. Alla base di questa scelta pare ci sia un timore, sempre più esteso e condiviso tra i democratici, che riguarda la qualità della rappresentanza parlamentare del nostro territorio. Un territorio che ha bisogno di deputati e senatori in grado di negoziare risorse economiche sempre più scarse, di tessere relazioni efficaci e funzionali, di interloquire in modo convincente con i futuri decisori, di aprire porte e fare sistema attorno alla città. Per attivare questi processi serve gente esperta, navigata, svezzata. Insomma, abili ambasciatori del "distretto distrutto", interpreti titanici di un localissimo cahier de doleance. La partita della candidature locali alle politiche si gioca anche attorno a questi temi e ciò orienterà una porzione del consenso dei cittadini, fermo restando il peso giustamente prevalente delle opzioni politiche generali e nazionali. Ora, è difficile dire se certe caratteristiche di buon ambasciatore siano racchiuse e riassunte nella personalità politica di Sagramola, ma è altrettanto complicato scorgere il profilo di altre figure locali del Pd in grado di aggregare e competere con qualche possibilità di successo. Ma se Sagramola dovesse davvero candidarsi alle Primarie si porrebbe un immediato problema politico rispetto alla sua carica di Sindaco. Ovviamente non c'è incompatibilità formale tra il ruolo di primo cittadino, che è fatto istituzionale, e la partecipazione a primarie di partito, che è un fatto prettamente politico. Ma di certo già il solo partecipare denota una volontà politica diversamente incanalata, una sorta di distacco psicologico rispetto alla carica, l'insorgere di un improvviso e clamoroso disamore. Le ragioni di questo disallineamento tra l'uomo e il Sindaco possono essere molte e di certo la sentenza del TAR sul caso Paoletti non ne ha stabilizzato le prospettive, cristallizzando una maggioranza a trazione UDC in cui Sagramola rischia di interpretare il ruolo del Vidkun Quisling, ossia di decisore a sovranità limitata e a futuro deciso altrove. Ma il trapelare di un proposito di candidatura alle primarie può anche avere una chiave di lettura più muscolare e combattiva: prefigurare un "tutti a casa" in grado di catalizzare quel "sentimento di paura" che è l'unico collante che tiene davvero assieme la maggioranza. In qualsiasi caso una candidatura vincente di Sagramola alle primarie aprirebbe nuovi scenari politici, perché si dovrebbe tornare alle urne in tempi rapidi per procedere alla rielezione del primo cittadino. Il che non sarebbe neanche così scandaloso e grave, perché viviamo tempi di grandi e continui sconvolgimenti politici. Ed è grottesco immaginare che questa Giunta possa durare cinque anni senza risentire delle trasformazioni politiche in corso e perpetuando, omertosamente ignara del mondo, un insostenibile anacronismo politico. In pochi istanti si rimescolerebbero, quindi, le carte, al punto di rendere necessaria una fase di decantazione, una sorta di montismo alla fabrianese che potrebbe trovare sponda in quell'ipotesi di Concentrazione Repubblicana di cui a Fabriano si parla insistentemente già da prima delle elezioni comunali. Insomma. chi vivrà vedrà.
    

14 dicembre 2012

Il TAR: Paoletti in Consiglio, fuori Bonafoni

Alla fine il primo ricorso è andato a segno: Paoletti entra in Consiglio Comunale ed esce Bonafoni del PD. Il TAR ha dato ragione all'ex assessore ai servizi sociali che era rimasto fuori dal Consiglio per via di una ripartizione dei seggi che, oltre a violare i principi fondamentali della matematica, affermava pure l'idea che per garantire la governabilità fosse necessario dare un'interpretazione estensiva del premio di maggioranza. Anche a scapito della rappresentanza, che costituisce invece il principio fondamentale della democrazia liberale e delle autonomie locali. Se volessimo soffermarci sul versante della teoria politica, potremmo sostenere che la rappresentanza ha battuto la governabilità e la dialettica politica ha messo a segno un punto nei confronti del "concretismo" amministrativo. Ma ragionando in questi termini si rischia di volare troppo alto. Ragion per cui è bene atterrare, affrontando l'effetto politico della promozione di Paoletti. La maggioranza perde un consigliere comunale del gruppo Pd. Il che significa che Sagramola da stasera è un po' più debole, che l'Udc rafforza la Golden Share e diventa sempre più concreta l'ipotesi di una montezemolata all'interno della maggioranza, con la possibile secessione del fantomatico trio M.A.S. Ma l'ingresso di Paoletti rafforza l'opposizione non solo numericamente, perché il neo-consigliere conosce il sistema dall'interno, ha esercitato le funzioni di assessore ed è, quindi, in grado di capire meglio degli altri magheggi e meccanismi di una macchina comunale su cui sarebbe necessario attivare manutenzioni e dismissioni. Guai quindi a leggere l'ingresso di Paoletti come puro riequilibrio numerico tra maggioranza e opposizione. Perché oltre all'effetto politico c'è pure un effetto psicologico che, in momenti come questo, è assolutamente determinante, con una maggioranza tesa, nervosa e preoccupata e un'opposizione rinfrancata e capace di guardare al futuro con un minimo di slancio e senza troppi sbalzi depressivi. "Apoteosi sublimata abbiamo vinto!!!!!! primo passo di una lunga rincorsa". Così recita un sms che ho ricevuto alle 17.45 da un vivace e importante sodale di Paoletti. Un messaggio che contiene il segno di uno zabaione emotivo che, se ben orientato e canalizzato, può diventare il propellente di una nuova spinta propulsiva dell'opposizione. Da ultimo mi piace concludere con una nota di colore che riguarda il consigliere uscente Giancarlo Bonafoni. Si dice che la fortuna sia cieca e che la sfiga ci veda benissimo. E, ovviamente, la sfiga era perfettamente al corrente che se c'era un consigliere che mai sarebbe voluto uscire di scena questo era Giancarlo Bonafoni. Se fosse un formaggio sarebbe un fresco spalmabile light; se fosse un albero sarebbe un salice piangente; se fosse una pietanza sarebbe un risottino in bianco. Per dire di un politico senza troppe pretese, obbediente ma capace di chiedere, con la lacrima sul viso, un ruolo politico e una medaglietta al valore. Adesso Bonafoni deve scendere suo malgrado dalla giostra. Lo attende una locomotiva sbuffante che lo accompagnerà a casa. Ci mancherai vecchio corazziere. TUUUU TUUUUU!!!Ciuf Ciuf Ciuf!! 
    

Vigli Urbani e guide turistiche


L’idea di integrare le funzioni di polizia dei Vigili Urbani con la distribuzione di guide turistiche della città ai visitatori, rappresenta l’evoluzione postmoderna anche se un tantino forzata di qualcosa che è parte integrante della comune percezione di ciò che rappresenta la polizia municipale: figure che non si limitano soltanto a sanzionare infrazioni o a fare le scorte alle processioni religiose ma anche soggetti a cui si chiedono informazioni, a cui ci si rivolge per avere l’indicazione del ristorante aperto o quale strada percorrere per arrivare prima al museo che stiamo cercando. In fondo siamo tutti affezionati al vecchio archetipo di Totò e Peppino che inoltrano domande esilaranti al ghisa milanese: per andare dove dobbiamo andare dove dobbiamo andare? Insomma, non c’è nulla di strano e tanto meno di nuovo nell'immaginare i nostri vigili urbani tutti sorridenti e presi a dispensare consigli e informazioni e a donare un’utile guida cartacea a visitatori sorpresi e compiaciuti. A voler essere proprio stronzi ci sarebbe, magari, da ridire su una Polizia Municipale che, parola di Comandante, plaude al nuovo compito proprio mentre i giornali sparano in locandina tre furti in una notte in zona Borgo. Ma stronzi a dicembre non siamo e ci accontentiamo di Polizia e Carabinieri che vigilano sulle nostre notti freddamente invernali. Resta il fatto che l’idea del Vigile amico del forestiero incuriosito da monumenti e vestigia non mi dispiace perché affranca pure  noi favrianesi che, storicamente, non brilliamo per braccia aperte, sorrisi di accoglienza e spiccata empatia col forestiero. C’è un solo un anello debole in questo arioso e colorito quadretto di buone relazioni possibile e cioè che a Fabriano manca la materia prima:  non ci sono turisti. A meno che non si cada nella tentazione di trasformare qualche sparuto e spaurito gruppo che si aggira, di tanto in tanto, in prossimità della Fontana Sturinalto nella prova provata di una invasione di massa che non c’è e non ci sarà. E non posso cancellare l’immagine dei nostri ghisa che si aggirano furtivi e attenti per le strade cittadine in cerca di qualche traccia di turista, di un passo incerto, di uno sguardo rivolto candidamente verso un campanile o un vecchio palazzo. E una volta riconosciuto il target immaginare il vigile svolazzante e lieto che si precipita a fianco all'innocente cultore di bellezze locali porgendo una guida cittadina ben rilegata e fresca di stampa: “Non abbia paura signore, non si spaventi. E’ un dono della nostra città. Lo accetti”. Una scena stile Italo Calvino, alla Marcovaldo o da Cosmicomiche; una scena che solo a immaginarla dipinge in volto un sorriso ma lascia impresso pure un filo d’amaro in bocca. 
    

13 dicembre 2012

Dieci domande sulle Parlamentarie del Pd

Il Pd ormai ci ha preso gusto e dopo le primarie per il candidato alla Presidenza del Consiglio adesso è la volta della scelta dei candidati per Camera e Senato. Qualche osservatore superficiale o interessato potrebbe sostenere che questo è l'effetto della sperimentazione realizzata da Grillo con le Parlamentarie. In realtà non sembra ci siano connessioni tra la due scelte. Innanzitutto per le dimensioni visto che le Parlamentarie del Pd si profilano come fenomeno di massa davvero in grado di legittimare candidati su lista bloccati. Per collocarsi nella testa di lista bloccata servono migliaia e migliaia di voti e non è certo sufficiente il ristretto circolo dei parenti e degli amici che ha, invece, segnato il posizionamento in lista dei candidati grillini. In più, per votare, bisognerà mettersi in fila al freddo e al gelo - cosa assai più legata a elementi motivazionali rispetto a un click - e potranno farlo anche i cittadini più anziani, quelli che mediamente non utilizzano Internet ma sono, comunque, titolari della sovranità popolare. Ovviamente non voterò le Parlamentarie del Pd ma le considero un evento assai degno di nota, nonostante la mia conclamata avversione per questo metodo di scelta delle candidature. Detto questo, immagino che per candidarsi a parlamentare del Pd non sia sufficiente registrare un video di trenta secondi in cui si racconta di quanto si spasima per il partner e di quanti belli figli madama Dorè. Personalmente prevedo inondazioni e spargimenti di sangue tra i democratici. Il che, ovviamente, non turba la mia serenità di osservatore ma suscita un decalogo di domande, interessanti per ogni fabrianese, che di seguito riporto, numerandole affinché si possa discutere nel merito: 

1. chi saranno i prescelti, i democratici fabrianesi che concorreranno per la carica di deputati e senatori?
2. saranno le sezioni locali a decidere o si andrà a caotiche e anarchiche autocandidature? 
3. quante possibilità hanno i candidati dell'entroterra di arrivare nelle teste di lista?
4. Maria Paola Merloni si ricandiderà o punterà direttamente su Montezemolo? 
5. e se si candiderà col Pd è pronta ad accettare che i voti raccolti a Fabriano incarnino pure un giudizio sulla storia industriale della sua famiglia? 
6. che farà Roberto Sorci? L'occasione per un ricollocamento è ghiotta ma ce la farà a candidarsi? 
7. i renziani che hanno vinto le primarie pretenderanno almeno un rappresentante? 
8. e i pochi rimasti di provenienza Ds? Rinunceranno in cambio di un ok definitivo alla segreteria Monacelli?
9 quali accordi verranno stipulati dalle sezioni d'entroterra per evitare che si prendano tutto anconetani, senigalliesi e pesaresi?
10. chi avrà il fondamentale sostegno del fabrianese Spacca?

Insomma si prospetta un fine anno politicamente interessante e credo valga la pena dare subito fuoco alle polveri. Anche solo per vedere l'effetto che fa.
    

12 dicembre 2012

Nevoni e nevischi nella città del fare

Non mi è mai capitato di criticare un'amministrazione comunale per come gestisce o ha gestito l'emergenza neve. E' un tema su cui è molto facile emettere sentenze e indossare gli abiti dell'allenatore da Bar dello Sport. In realtà sarebbe buona cosa essere prudenti, magari mettendosi nei panni di un Sindaco che si trovi, per la prima volta, a fare i conti con la dura legge del Generale Inverno. E provare a capire quanto sia complicato coordinare interventi quando la città è bloccata dal ghiaccio, il traffico impazzisce e i pedoni si muovono come fantocci incerti e claudicanti. Ma la comprensione e l'empatia cessano appena chi esercita la responsabilità decisionale comincia a nascondersi dietro a un dito e a giocare a scaricabarile. Ed è esattamente quel che ha fatto Sagramola, spiegando come i disagi di ieri mattina - con l'anello ridotto a pista ghiacciata per pattini d'argento - fossero il frutto del silenzio poco innocente della Protezione Civile, che non avrebbe allertato l'Amministrazione Comunale. Come se il Sindaco di Fabriano, città dal clima notoriamente continentale e ucraino, avesse bisogno del toc toc di altri soggetti per stabilire se sia o meno il caso di allertare la struttura del Comune. Cosa che in questa settimana, da privati cittadini, abbiamo fatto tutti semplicemente scrutando il colore del cielo di notte, giudicando l'odore particolare dell'aria quando si approssima la nevicata e tutto quell'insieme di segnali che la gente di monte comincia ad apprendere già in tenera età. Tanto che il buon Sagramola, giusto per peggiorare la propria posizione già pilatesca, ha pure affermato che l'amministrazione sta studiando la possibilità di incaricare un dipendente del comune di svegliarsi tutte le mattine alle 4, per guardare dalla finestra la situazione e nel caso scendere in strada, come gustosamente riporta il Carlino di oggi. Insomma un Uomo del Monte, un Guardiano dei Fiocchi pronto a tirare giù dal letto il Sindaco: "Giancà nengue. Que famo? Spalamo o dormimo?" E per concludere il primo cittadino, coadiuvato dal solerte Urbano Cotichella - che già di cognome evoca scenari scivolosi almeno quanto quelli riconducibili al ghiaccio - ha spiegato che tutto il caos di ieri mattina è dipeso da quello che ormai è diventato il grande alibi territoriale, ossia l'estensione del nostro comune con le sue decine di frazioni. Una verità sgabuzzino, che col passare del tempo sta diventando lo spazio in cui ammonticchiare limiti e inadempienze di chi governa. Anche perché,  tanto per fare un esempio, uno dei punti critici era il Ponte della Stazione che, notoriamente, non si trova a frazione Sant'Elia ma in quel breve tratto di strada che congiunge la stazione ferroviaria con Viale Stelluti Scala. Un luogo distante circa trecento metri dalla sede del Comune, e quindi raggiungibile a piedi da un volenteroso operatore minuti di sacco di sale. E se si va in bambola per mezzo centimetro di neve congelata, dio ci scampi e liberi da quel che potrà accadere se, magari verso febbraio, dovessimo fare i conti con un altro nevone tipo quello dell'anno scorso. Sempre che, come da profezia Maya, il mondo non finisca il 21 dicembre 2012. Perché in quel caso avremmo risolto, d'un botto, il problema neve e molti altri disagi su cui ciascuno è libero di sbizzarrirsi.
    

10 dicembre 2012

Quadri e quadrucci del potere locale

Questa foto non l'ha ritoccata il perfido ma gentile Fabrizio Moscè - che giusto qualche ora fa ha pennellato, nel suo blog, il senso più profondo dell'intrattenimento natalizio faVrianese e dei suoi improbabili artefici - ma mi è giunta, via posta elettronica, da un amico che bazzica i piani alti della politica locale. Segno che in certi ambienti si comincia a scendere dal pero e a considerare la politica un'attività tra le tante, ripulita di ogni solennità da cattedrale gotica. Ma a questa chiave di lettura, tendenzialmente speranzosa e volterriana, se ne affianca un'altra più leonardesca e fisiognomica, legata all'idea che ciò che si stampa in viso denota, principalmente, il caos e il cosmo dei moti dell'anima, che alla fine, come diceva Diderot, è quella che governa il corpo. E la cosa straordinaria di questo montaggio è che chi lo ha realizzato non si è limitato a fare il gigione in Photoshop, ma ha voluto congegnare una descrizione psicologico-politica dei quattro personaggi ivi rappresentati. Che, a prima vista, somigliano molto a un gruppo pop come i Cugini di Campagna ma poi, a guardarli bene, spiccano per diversità evidente di profili e per densità di pensieri sull'essere e sul fare. E' come se il ritocco da coiffeur ne avesse rivelato l'anima e il vizio, donando a questo carnevale di travestimenti visivi uno straordinario tocco di verità. Il taglio liscio e caschettato descrive bene il Vicesindaco Tini che somiglia a una Raffaella Carrà castana, assolutamente calzante e coerente per comune visione nazionalpopolare. E la Soubrette di Bellaria aveva una caratteristica che Tini ha fatto sua: essere tutto e il suo contrario, spargere sonanti risatone e poi piangere di cuore a colpi di carramba, e poi ancora ballare il tuca tuca e cantare "come è bello far l'amore da Trieste in giù" per concludere con una bella contata di ceci ai tempi di Pronto Raffaella. Tini, dal canto suo, fa la spending review ma sarebbe eccelso anche nello spendere e spandere a culo, nel piangere di fronte al caso umano, nel ridere di fronte al caso umano e nel fregarsene di fronte al caso umano. Ma c'è da dire che è geniale anche il taglio di capelli e il colore di Paglialunga, che - abbinati alla montatura rettangolare degli occhiali e alla smorfia a metà tra il disincantato e lo sprezzante - danno all'immagine un senso di perfezione descrittiva. Paglialunga appare come una ballerina di Montmartre che abbia fatto il salto dal palcoscenico alla gestione diretta del locale. Finiti i tempi del protagonismo giovanile, della coscia esibita come trofeo e del fare discinto come la Goulue immortalata da Toulouse Lautrec: oggi ci si adatta a ruoli più cauti, più ombrosi, più miti e di basso profilo. Di grande interesse è anche il risultato della composizione che coinvolge l'assessore Giuseppe Galli che, nella combinazione lieve di lineamenti delicati e furore dionisiaco, somiglia emblematicamente a un satiro danzante ma, volendo, anche a quei putti decorativi che possiamo trovare nella Camera degli Sposi del Mantegna o in qualche raffigurazione di Melozzo da Forlì. Da ultimo vale la pena commentare anche l'acconciatura dell'assessore Balducci, che esibisce un taglio che oscilla tra mia madre e Marilyn Monroe: rassicurante ma non troppo, in formato Thankgiving Day con tacchino farcito in testa e stile da signorona che dispensa consigli sulla migliore ricetta dell'arosto mistu. Insomma quadri e quadrucci, con le cotiche, del piccolo potere locale.
    

8 dicembre 2012

Formiche in città

Gli ultimi giorni, a parte l'ira improvvisa e improvvida del primo cittadino sugli uffici postali, non hanno regalato ai fabrianesi notizie politiche degne di nota e di commento. Ragion per cui, come spesso accade durante il fine settimana, proverò a sviluppare qualche riflessione meno legata alla cronaca e più di prospettiva. Il punto di partenza della mia riflessione è che Sagramola durerà. Quanto meno fino alla fine del mandato. Ergo, la possibilità di un cambiamento politico deve essere rimandata, come minimo, al 2017. Lo dico senza polemica ma come semplice dato di fatto: di qui a quella data l'agenda politica fabrianese la detteranno Sagramola e la sua Giunta. Concentrarsi sulla classica battaglia politica ha, quindi, poco senso, perchè essa non sarà altro che uno sterile gioco delle parti, governato dalle dure leggi dei numeri e della negoziazione. Molto più edificante e costruttivo, quindi, dedicarsi alla formazione di un'autonoma classe dirigente locale che, fino ad ora, non c'è mai stata, perchè sostituita da un surrogato, frutto della contiguità col sistema di potere merloniano e diretta espressione dei meccanismi di fedeltà che quel sistema ha generato. Il punto cruciale è che senza una classe dirigente - che attenzione non deve mai e poi mai coincidere con la classe politica - si hanno solo oligarchie del denaro, caste della politica e dell'antipolitica e consorterie intellettuali al servizio di una cultura ridotta, a seconda dei casi, a evento, marchetta o strumentalizzazione. Non a caso, anche il nuovo che avanza somiglia, sempre di più, alla replica presuntosa, rozza e incolta di ciò che si vorrebbe sostituire. E pure questo fatto costituisce un campanello di allarme per tutte le persone che vogliono coltivare, al di là delle differenze politiche e culturali, una visione seria, un approccio pensoso e un punto di vista tollerante intorno alle cose che riguardano la nostra comunità. Per queste ragioni, ormai libero e liberato da militanze e tentazioni politiche, assieme ad alcuni amici appassionati di storia, arte, economia e cultura mi farò promotore, nel nuovo anno che si approssima, di un'associazione culturale che avrà come unico e dichiarato obiettivo quello di essere l'officina di una nuova classe dirigente locale. Essere classe dirigente non significa formarsi per partecipare alla competizione politica, ma fare opinione e influenzare le grandi scelte che riguardano la città e la comunità. Fabriano è storicamente ricca di associazioni culturali. Ma si tratta di realtà settoriali che, spesso, hanno coltivato orticelli personali, che si sono accontentate di pochi denari per valorizzare non la cultura ma le facce da culo che pretendevano di incarnarla, di piccole medagliette funzionali al mantenimento di qualche clientela basata su affarucci e buone maniere. Visto l'andazzo e l'abisso crediamo sia giunto il momento di dare autonomia ai fabrianesi, di scorticare quella patina di leccaculismo diffuso che ci impedisce di costruire nel gorgo della crisi, di fare della cultura un terreno dialettico per formiche volenterose e non lo spazio per una tazza di Twinings of London. Da questo punto di vista cercheremo, quindi, di evitare ribalte mediatiche che non servono a nulla, iniziative di lancio col prosecco, la tartina e il tacco dodici e tutta quella grancassa del nulla che accompagna il culturame dei nostri tempi. Per questo, a chiunque sia interessato a partecipare, chiedo innanzitutto di dare disponibilità senza proclami, scrivendomi al mio indirizzo di posta elettronica : giasim@libero.it. Partiamo da qui per arrivare fin dove ci va e dove sarà possibile. I vecchi tromboni e i nuovi teppisti del nuovismo condividono un motto comune: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Noi abbiamo un'altra visione: dimmi dove vai e ti dirò chi sei. E la differenza non è di poco conto.
    

7 dicembre 2012

Oh Giancarlo! siam mica qui....!

Diversi anni fa uscì un libro di pensieri esilaranti raccolti dai comici Gino e Michele. Il libro si intitolava "Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano" e fu un grande successo editoriale, anche perché il titolo narrava bene la rabbia dell'uomo medio, il perimetro stretto della sua ira e la ribellione ridotta ad aforismi. Mi è tornato in mente quel divertente libretto leggendo dell'ira funesta del pelide Giancarlone, che si è scagliato contro Poste Italiane per la chiusura degli uffici di Sant'Elia e San Donato. Mi è sembrato uno scatto furbo, una rabbia da applauso, un'indignazione perfetta e perfettamente corrispondente alle attese popolari, perché il Sindaco sa bene che le Poste sono chiamate a garantire un servizio universale ma debbono farlo rispettando la natura privatistica dell'azienda, ossia verificando le condizioni di redditività e di remunerazione del capitale investito. Sono lontani i tempi in cui si alzava la cornetta e gli uffici postali crescevano a vista d'occhio, per soddisfare bisogni occupazionali e clientele, in quanto indiscusso feudo della democristianità più radicale e maneggiona. E oggi, visto che il troppo stroppia, la voracità dei democristiani si rivolge contro i loro stessi elettori. Voglio essere sincero fino al punto di risultare stronzo, perché non ho da coltivare e proteggere alcuna ambizione politica ed elettorale: ben gli sta alla Vandea delle frazioni che ha sempre votato democristiano, che ha sempre contrattato in camera caritatis e oggi paga la gestione allegra delle finanze pubbliche, prodotta originariamente proprio da quel partito che ha opportunisticamente continuato a votare fino alle ultime comunali. E a tale proposito ho un cattivo pensiero che non ho problema ad esternare e cioè che le lacrime per la chiusura dell'ufficio di Sant'Elia siano un paravento necessario per dare alla protesta un minimo di parvenza più larga e generale, perché  in realtà, il vero motivo del pubblico atto di dolore sembra più legato alla chiusura di San Donato che non al disagio dei cittadini. E guarda caso l'uomo forte della Giunta, il Rag. Angelo Tini, è proprio di San Donato, dove - alle ultime comunali - ha presso 66 delle sue 218 preferenze, pari al 30% circa del bottino personale totale. Ma davvero sta gente pensa che abbiamo l'anello al naso? Oh Giancà...siam mica qui ad attaccare l'asino dove vuole il padrone!
    

6 dicembre 2012

Tumori a Fabriano: qualcosa si muove

L'appello che ho lanciato pochi giorni fa, in cui invitavo le istituzioni e la politica a indagare sull'origine, sulle tipologie e sulla densità delle forme tumorali a Fabriano conteneva un intendimento trasversale e quindi, per certi versi, prepolitico. La salute, infatti, non ha colore e di fronte alla malattia siamo - naturalmente e umanamente - portati a spogliarci di appartenenze e inimicizie, perchè il benessere e la qualità della vita delle persone sono precondizioni su cui è immorale dividersi e polemizzare. Il mio obiettivo non era, qundi, istruire un processo alla storia produttiva di Fabriano o immaginare azzardate correlazioni tra settori industriali ed effetti oncologici, ma quello di stimolare un'iniziativa politica. E mi ha fatto molto piacere apprendere che il consigliere comunale di Sinistra e Libertà Emanuele Rossi presenterà, proprio stamattina, un'interpellanza rivolta al Sindaco di Fabriano sulle condizioni di salute dei cittadini del nostro territorio con particolare riferimento all'incidenza del tasso di tumori. Chi incarna la rappresentanza politica della comunità - all'interno delle istituzioni locali - ha il diritto/dovere di conoscere e di informare i cittadini, specie quando sono in ballo beni primari come la tutela della salute, che dovrebbe essere un principio fondamentale di indirizzo e di orientamento politico a prescindere dai soggetti a cui la normativa vigente ha delegato poteri e competenze in materia sanitaria. Il fatto, poi, che a farsi carico di questa interpellanza sia un esponente dell'opposizione non va considerato un ostacolo rispetto a un possibile e auspicabile pronunciamento unitario del consiglio comunale che, in questo impegno conoscitivo, potrebbe avvalersi, tra gli altri, anche del prezioso contributo medico e scientifico dell'assessore Giorgio Saitta, Presidente dell'Associazione Oncologica Fabrianese e di possibili esperti indipendenti, tra i quali mi piace ricordare l'Ing.Giuseppe Monticelli, che da anni studia approfonditamente le molte e complesse tematiche legate al rapporto che intercorre, nel nostro territorio, tra l'inquinamento e gli effetti da esso prodotti sulla salute. Inoltre, ultimo ma non per ultimo, questo impegno delle istituzioni elettive attorno ai problemi della salute può rappresentare anche un salto di qualità per la politica locale che ha l'occasione di distrarsi, con etica ed intelligenza, dall'attenzione quasi fordista normalmente dedicata all'alienazione dei frustoli, ai cambi di destinazione d'uso e allo scrostamento del muretto di casa dell'amico.
    

5 dicembre 2012

I retaggi dell'isola felice


Sagramola, sul Carlino di oggi, ha commentato, con toni accorati, la rapina compiuta qualche giorno fa ai danni di un furgone portavalori. Nel farlo ha mescolato riflessioni generali sulla sicurezza, impegni istituzionali di rafforzamento delle forze dell’ordine sul territorio e considerazioni di natura culturale su “come eravamo” e “come siamo diventati”. Siccome credo che la crisi fabrianese sia non solo economica ma, anzi, prevalentemente psicologica, mi ha colpito negativamente la concatenazione logico culturale proposta da Sagramola. Il ragionamento del Sindaco è un capolavoro di nostalgia sociale modulato su due concetti di fondo: non siamo più un'isola felice e sono lontani i tempi delle chiavi lasciate sull'uscio o sul cruscotto dell'automobile. Lo dico senza spirito polemico ma con piglio puramente sociologico: non sono d’accordo con Sagramola perché lascia trasparire nostalgie di una FaVriano inesistente, di una città immaginaria e priva di concretezza storica in cui ogni elemento di felicità collettiva si connette intimamente e indissolubilmente con la piena occupazione. Nessuno nega il marmoreo legame tra il lavoro e la serenità delle persone - un nesso che si percepisce ancor più nitidamente nei momenti di crisi - ma se Fabriano deve confrontarsi con un problema irrisolto di identità irrisolto è anche per aver materializzato integralmente l’idea stessa del benessere. Un pregiudizio che ha alimentato un vero e proprio senso comune, secondo il quale l’intelligenza coincideva perfettamente con la ricchezza, come ben sintetizzato dall’aneddoto di un vecchio commerciante del centro che chiudeva la polemica con un interlocutore con frase brusca ed emblematica: io so più intelligente de te perché c’ho più soldi de te. Caro Sagramola, con tutta la buona volontà non riesco a rimpiangerla quella Fabriano grassissima e idiota. Anche perché non era un’isola felice ma solo l’illusione presuntuosa dello splendido isolamento, una chiusura stagna rispetto al dinamismo esterno, alle mode, alla cultura e ai problemi di una società evoluta. L’unica connessione con il mondo era garantita dal pendolarismo della manodopera in entrata, che ha scandito - per lungo tempo - la vita della nostra città, senza mai alimentare integrazioni e sincretismi culturali. Restare allibiti per la rapina a un furgone portavalori significa, allora, dimostrare la propria minorità culturale e psicologica, esibire con orgoglio una vita vissuta nel caldo asettico e fuorviante di un’incubatrice sociale, essere fantozzianamente protesi a guardare il mondo attraverso l’oblò di una lavatrice. Perché in una città normale, integrata nel sistema, capace di fare i conti con la realtà e senza più pretese di superiorità e diversità, è fisiologico che la sicurezza rappresenti un tema forte dell’agenda politica e che si verifichino rapine e furti. Che a Fabriano non sono neanche così numerosi se consideriamo che la città ha livelli di disoccupazione meridionali e con un’estensione sempre più profonda e pervasiva della povertà. E in questo senso il Sindaco, in quanto primo cittadino, non può continuare a rilanciare un sentimento di lutto per un passato inesistente, perché quel passato conteneva al suo interno l’origine del male che viviamo e che non siamo ancora capaci di elaborare e di risolvere. Caro Sagramola la tua è la posizione dei reazionari, di quelli che pensano che ieri sia meglio di oggi e oggi di domani. E per uno che si dichiara progressista più che di una sconfitta sarebbe più corretto parlare di resa.

    

4 dicembre 2012

Il vecchio patto delle scarpe tirate a lucido

I ballottaggi inducono all'errore perchè sommano quel che normalmente non tollera addizioni, semplificano la scena e nel farlo nascondono i dettagli, i piccoli segnali di fumo, le mille vendette trasversali. Fossi stato un iscritto o un elettore del Pd avrei votato per Bersani, perchè l'usato sicuro e rivendicato mi aggrada di più del nuovismo che, a cicli costanti, appare sulla scena sempre con la stessa pretesa di essere una rivelazione per i ciechi e una parola divina per i sordi. Ma la verità delle primarie del Pd è tutta nel primo turno. Anche a Fabriano, dove il voto dell'altra domenica ha sancito lo smottamento della componente ex DS. Che adesso rischia di perdere pure la segreteria del partito, perchè è difficile - numeri alla mano - che il Pd fabrianese possa sostenere la candidatura di Graziella Monacelli, bersaniana e pupilla del grande sconfitto, il vecchio calce e martello. Pardon, falce e sportello Giuseppe Mingarelli, detto Peppe. Se non fosse volontariamente defilato e d'indole assai poco militante il candidato alternativo ci sarebbe: Francesco Santini. L'ex Sindaco di Fabriano è uno dei pochi ad aver apertamente sostenuto Renzi e a essere spendibile in termini di immagine e di storia personale. In più Santini esprime anche un particolarissimo modus operandi, in cui il piglio manageriale del comando viene edulcorato grazie a un'esibita bonomia e un'evidente predisposizione alla cordialità. Un contrasto di polarità da tempo sintetizzato attraverso la riedizione, riveduta e corretta, di un suo slogan elettorale del 1998, quando, alle comunali, trionfò contro Maria Di Bartolomeo: "Ti ascolto per fare. Come me pare". Qualche amico del Pd afferma che la sua elezione a segretario del partito sarebbe l'anticamera dell'epurazione di quel che rimane degli ex comunisti e una sorta di certificato di avvenuta colonizzazione del Pd ad opera della componente cattolica, liberale e democristiana. Ragion per cui, pare difficile che l'esito delle primarie a Fabriano possa sostantificarsi nell'ascesa di Francesco Santini al soglio della segreteria del partito. Si racconta che nel 1997, dopo essere stato individuato come possibile candidato Sindaco, Santini si recò a far visita agli ex comunisti, per convincerli che non si nutriva di operai e per avere un sostegno ufficiale alla sua candidatura. Quella serata passò alla storia come il "patto delle scarpe" perchè furono parecchi i compagni - attardati sul modello maglione di lana, sciarpa di lana e giacca a scacchi ma ancora priva di eleganza bertinottiana - sedotti da un impeccabile e lucidatissimo modello di Church's, scarpe inglesi assolutamente e integralmente borghesi, che Santini calzava con naturalezza e che, alla fine, convinsero gli ex comunisti, ormai convertiti alle tentazioni dello stile. Del resto, come diceva Lenin, sempre meglio un principe afghano che un operaio socialdemocratico e quindi il patto delle scarpe fu sottoscritto e sancito senza troppi patemi. Oggi le cose sono cambiate e se Santini fosse eletto segretario del partito, quelle stesse scarpe stavolta gli servirebbero per riflare un calcio in culo a chi, quella sera, gli diede un inatteso benvenuto. L'andata e il ritorno dell'ulivismo in salsa fabrianese.
    

3 dicembre 2012

Fabriano e l'incidenza dei tumori: è tempo di indagare

Fabriano ha conosciuto un'industrializzazione senza fratture che non ha alterato troppo in profondità il panorama urbano e il paesaggio circostante. Osservando il profilo dolce delle nostre colline resta intatta quella sensazione di linearità e di morbide geometrie che rimanda ai tratti pastellati di Piero della Francesca e all'idea di un ambiente sostanzialmente immune rispetto alle trasformazioni della modernità. Niente a che vedere con la violenza del petrolchimico di Porto Marghera, un mostro d'acciao disposto a ridosso dell'incanto veneziano, o con le città cresciute attorno alla grande fabbrica siderurgica come la vicina Terni o la sempre più ferita Taranto. Niente diossina dalle nostre parti, niente cloruro di vinile monomero pronto ad aggredire gli organi vitali delle persone, niente fumi tossici visibili e puzzolenti a scardinare la salute cittadini, spesso ridotti a variabili oncologiche rispetto al sacro ciclo del profitto. Eppure, nonostante la radicale diversità rispetto a dove si concentrano grandi insediamenti inquinanti, Fabriano appare come una realtà devastata da una pervasiva casistica tumorale. Non si possiedono dati certi, informazioni davvero circostanziate e neutrali, evidenze oggettive di cui fidarsi e a cui dare credito. Ma ci sono sensazioni, esperienze, racconti e resoconti che propongono una narrazione quotidiana e inquietante di persone che si ammalano, che si affidano ai cicli di chemioterapia, che se ne vanno in pochi mesi. Una carneficina trasversale dal punto di vista anagrafico, di genere e di posizione sociale. Come se fosse una intera comunità ad essere esposta a un rischio alto, tutta assieme e senza specifiche produttive, sociali o professionali. A casa mia, in tre anni, si sono ammalate di tumore al seno mia madre, mia sorella e due zie. Non pretendo di fare statistica con i casi della mia famiglia. Ma sono un indizio tra i tanti. Perchè poi, ogni giorno, arriva la notizia di Tizio ammalato, di Caio che si deve operare, di Sempronio a cui è rimasto solo qualche mese. E allora sorgono spontanee domande senza risposta: in quali sotterranei alligna questo morbo invisibile, questo alieno, come lo avrebbe ribattezzato Oriana Fallaci? Si tratta di una casualità generica e insensata? Di pura e semplice sfiga geografica? O c'è qualcosa, in questo contagio tumorale, che chiama in causa la storia economica e produttiva più recente della nostra città? E perchè poi questa strana concentrazione di tumori al seno? Il popolo bue e il potere che lo nutre e addomestica hanno sempre pronta una rispostina rassicurante. Sempre la stessa. Quella di tutti i bambini: i valori sono nella norma, le medie regionali sono rispettate e quel che sta accadendo è solo l'effetto posticipato dell'esplosione di Cernobyl avvenuta nella primavera del 1986. Del resto gli esperti lo avevano previsto: dopo vent'anni conosceremo tutta la potenza del disastro radioattivo. Quindi perchè mai farsi tante domande locali quando si dispone di una convincente e condivisa risposta globale? Qualcuno, fantasticando assai, addirittura ipotizza che Fabriano stia pagando il prezzo delle sue vecchie concerie e dei loro antichi miasmi rimasti attivi nonostante il tempo trascorso e la lunghissima sepoltura. Quante ce ne inventiamo per tenere i riflettori a distanza di sicurezza dal presente! Eppure da cittadino qualunque, da cittadino a rischio come tutti, ho la sensazione che la spiegazione sia molto più vicina temporalmente e materialmente ai nostri giorni. E credo che siano tantissimi i cittadini fabrianesi che desiderano conoscere la verità. Bisognerebbe cominciare a indagare. Magari attraverso una commissione di inchiesta, Lo Statuto prevede che possa essere istituita anche all'interno del Consiglio Comunale. C'è qualche consigliere disponibile a sposare questa causa e farsi promotore di tale iniziativa? Se non ora quando?