28 febbraio 2013

Gettoni e juke box


Ottaviani non ha avuto fortuna e ha pagato un dazio salato per la propria scelta di candidarsi con l'Udc. Una scelta misteriosa e criptica, quindi ottavianea, che sin dal primo istante è sembrata poco cartesiana e segnata da un elevato dosaggio di istintività e improvvisazione. Il partito di Casini, anche a Fabriano, ha infatti bevuto un amarissimo calice, conoscendo un salasso elettorale e una dissoluzione difficilmente reversibili. Da oggi la scena cambia radicalmente e l'Udc - attore protagonista di una lunga stagione politica locale - si prepara al nuovo e inatteso ruolo di forza marginale, destinata a sciogliersi nel già di suo malconcio partito montiano. Insomma il 4% raccolto alla Camera risolve definitivamente l'anomalia, tutta fabrianese, di un partito numericamente sovrastimato, tenuto in piedi nei decenni da un mix anacronistico e duro di tradizione e clientele. In questo senso il voto ha seppellito assieme innovatori e conservatori, vecchi ras di frazione e nuovi interpreti di un centrismo riveduto e corretto. Tanto per giocare con gli esempi diventa quindi difficile per Tini ostinarsi in scelte rigoriste e sostanzialmente inique sapendo di avere dietro il pollice verso di 96 fabrianesi su 100. Così come sarà arduo per l'assessore Galli formulare un convincente Piano del Traffico con la consapevolezza di non avere truppe potenziali su cui far leva in termini di massa critica e di potere contrattuale. Ottaviani ha invece deciso di tornare immediatamente in scena, con un'operazione finalizzata a recuperare una quota del civismo perduto, come se il salasso elettorale fosse emendabile con rapido e risolutivo colpo di spugna mediatico. Lo ha fatto sul terreno più scivoloso, proponendo di allineare il gettone di presenza dei consiglieri comunali alla media delle altre realtà regionali. Un punto di vista condivisibile ma rilanciato in un contesto ormai segnato da dosi massicce di demagogia e con una tempistica suicida perché, in questa fase, ogni sospiro in materia rappresenta un propellente aggiuntivo e devastante per l'antipolitica perché quando c'è da compiere una scelta netta e radicale i cittadini prediligono sempre l'originale rispetto alla copia. E, facciamocene una ragione, la battaglia contro i costi della politica è monopolio assoluto dei seguaci del Comico come un tempo la battaglia securitaria era patrimonio intangibile del leghismo. Il centrosinistra ha, ovviamente, respinto la proposta senza uno straccio di motivazione politica convincente, rilanciando l'immagine di una politica autoreferenziale che se la canta e se la suona, e difende a spada tratta i suoi gettoni, le sue canzoni e i suoi juke box. In questo modo, nutrendo l'illusione di mettere in difficoltà una maggioranza che traballa di suo e che sempre più traballerà, Ottaviani ha armato la mano dell'antipolitica che avrà un'altra occasione per sparare sul quartier generale e fare romanella, senza distinguere tra i politici ammantati di civismo e quelli rivestiti di cinismo. Ma la colpa, in questo caso, non è di chi spara ma di chi arma la mano del proprio carnefice.
    

27 febbraio 2013

PD e 5 STELLE: il non detto di una seduzione in corso


L’azione seduttiva del PD nei confronti dei grillini è cominciata e si propaga ovunque, spingendosi fin nelle più remote contrade del Belpaese. Il tentativo incanta e incuriosisce in quanto integralmente politico, ossia mondato di ogni inutile orpello di coerenza e di decoro: sedurre per analogia, per vicinanza, per contiguità. Sedurre cambiando repentinamente la narrazione e le parole da adottare: cari grillini, noi siamo diversi dagli altri partiti, siamo il partito col senso civico più spiccato, quelli che occupano le poltrone per sempre ma lo fanno senza del cul fare trombetta, siamo i padroni della sanità e del parastato ma  nessuno ci può giudicare perché siamo dei fregapiano, ispirati da aperture pensose e da tantissimi anticorpi etici. Il vostro programma è anche il nostro - ce le ha insegnate il Giaguaro certe identificazioni – e state certi che lo condividiamo fino in fondo, parola per parola. Possiamo fare fronte perché abbiamo un nemico comune, il Giaguaro, che non siamo riusciti a smacchiare per colpa degli italiani lazzaroni che continuano a votarlo. Per ora siamo agli abboccamenti melliflui, felpati, quasi femminei. Niente a che vedere col raziocinio nodoso e togliattiano di un D’Alema. Questa è democristianeria pura, ma mai innocente, che contiene un disegno politico: salvare il Pd in Parlamento e negli enti locali messi a rischio dal Comico e trovare i numeri che servono per durare come nulla fosse successo. E non finisce qui, perché la danza seduttiva ha un altro obiettivo corposo: costringere i grillini a cambiare pelle senza accorgersene, a non essere più il partito degli antipartito e dei linciatori del sistema ma una forza che riduce il raggio di azione, che concentra i propri specchi ustori sul solo Berlusconi, trasformandosi in una copia carbone del Pd: ringiovanito e giusto un po’ più incazzato. Se i democratici fossero tanto abili da ipnotizzare Mister G. e i suoi adepti avrebbero il plauso sincero di quanti hanno a cuore la stabilità del sistema e la salvezza dei partiti. Ma, purtroppo, stanno facendo i conti senza l’oste, illudendosi di neutralizzare la carica eversiva di una forza d’urto invischiandola semplicisticamente nel sistema. Come fecero gli imperatori di Roma antica, convinti che integrare i barbari come civis romanus fosse la formula per disinnescarne l’enfasi distruttiva e le brame egemoniche. Ma così facendo si giunse agli imperatori barbari e alla fine dell’impero. Fin qui siamo alle valutazioni, alle sensazioni e alle questioni di stile. Quel che, invece, colpisce e neutralizza l’approccio da sirene d’Odissea è il non detto, l’irrisolto costituzionale, sapientemente e accortamente rimosso dalla scena. Un governo per esercitare i suoi poteri, ovvero per nascere, necessita del voto di fiducia della Camera e del Senato. I numeri per la fiducia sussistono solo nella Camera bassa. Se si sommano il Pd e il centro montiano la soglia non si oltrepassa. E allora Bersani, per lasciare fuori dai giochi Berlusconi – visto che in seduta congiunta del Parlamento ha i numeri per eleggere il Presidente della Repubblica col solo appoggio di Monti – apre a Grillo. Ma è difficile che Monti possa appoggiare un Governo Bersani sostenuto da Grillo, perché farebbe il vaso di coccio tra i vasi di ferro e i circoli economici internazionali metterebbero in discussione la fiducia che nutrono nei suoi confronti: il Professore che prende ordini dal Comico è davvero difficile da immaginare. Resterebbe in piedi l’accordo tra Bersani e Grillo ma con un gigantesco problema politico e costituzionale e cioè che un governo nasce se c’è una maggioranza che vota la fiducia. Ma se Grillo dovesse votare la fiducia a un governo Bersani perderebbe in un’ora la metà dell’elettorato, perché violerebbe un fondamento del suo successo e cioè l’impegno a mandarli tutti a casa e ad aprire il Parlamento come una scatola di tonno. Il 5 Stelle ha detto che valuterà e voterà legge per legge sulla falsariga di quanto accade in Sicilia. Ma questo può accadere, tecnicamente, solo dopo che il Senato avrà votato la fiducia, che è l’atto atto politico e formale che legittima un Governo ad operare. E siccome al Senato l'astensione vale come voto contrario, Grillo può far nascere un Governo di minoranza senza votare la fiducia solo uscendo dall'aula, ossia praticando uno di quei tatticismi che la sua gente attribuisce alle strategie di sopravvivenza del partitismo. Gira che ti rigira, insomma, si torna sempre allo stesso punto: il Pd sarà costretto a trovare un accordo con Berlusconi. Ma prima di giungere all' extrema ratio ha bisogno di dire ai suoi elettori di averle provate tutte e di essere costretto all'accordo col Caimano solo e soltanto per il bene dell’Italia. Sempre che l'elettorato democratico sia disposto a digerire questa prospettiva ironica e punitiva.
    

I decimali, il cataclisma e il gatto sui coglioni

La prima è stata la Repubblica dei Decimali, delle variazioni percentuali di voto misurate su tempi lunghi, lunghissimi, geologici. Quella che fu denominata l'onda lunga socialista portò il partito di Craxi appena al 14% e nel 1992 furono sufficienti pochi decimali in meno per costringere Bettino a riconoscere che il partito aveva subito un'erosione; erosione che aprì la strada al governo Amato sbarrando quella, allora ritenuta obbligata, di un ministero Craxi che, forse, avebbe salvato il partito dall'ordalìa di Tangentopoli. Ma anche la crisi del Pci nacque con risultati "stretti", quando il Partitone passò dal 29,9% del 1983 al 26,6% del 1987 deflagrando lentamente verso una svolta che cancellò, in un colpo solo, comunismo e socialdemocrazia. In questo contesto ad andamento lento i risultati delle elezioni amministrative e di quelle politiche erano quasi perfettamente sovrapponibili e chi governava un ente locale aveva la certezza, pressochè matematica, che il livello elettorale superiore non avrebbe mai stravolto la base di consenso dell'azione amministrativa. Oggi al posto della Repubblica dei Decimali c'è la Repubblica dei Cataclismi, con la scena che cambia di colpo alternando repentine esplosioni di consenso e rapidissimi collassi. Sagramola, solo nove mesi fa, è stato eletto dalla maggioranza della minoranza dei fabrianesi. Ma lo immaginavamo, comunque, politicamente legittimato a governare e forse anche capace di allargare le basi del consenso. Ma purtroppo per lui e i suoi alleati, le rassicuranti sovrapposizioni del passato tra amministrative e politiche sono sparite dall'orizzonte in una sola notte. Le elezioni di domenica hanno "coventrizzato" anche il placido paesaggio della politica locale: il 5 Stelle primo partito con più del 30%, il Pd al di sotto di quella soglia psicologica, l'Udc ridotta a comparsa invisibile e silente e il centro montiano che arranca, nonostante i potenti e persuasivi mezzi mediatici e consensuali messi a disposizione dal Governatore Spacca e da Maria Paola Merloni. Di fronte a un Armageddon di questa portata un Sindaco consapevole e coraggioso avrebbe seguito il buon esempio di D'Alema che diede le dimissioni da Presidente del Consiglio dopo il pessimo risultato delle regionali del 2000. Perchè non si può governare una città flagellata dalla crisi e dal malcontento che ti ha appena spedito un inequivocabile foglio di via. Invece Sagramola ha assunto atteggiamenti da nomenklatura sovietica di fronte ai supermercati vuoti di Mosca: si è girato dall'altra parte fingendo che è tutto ancora una figata, ha rilanciato il gioco freudiano della rimozione e della negazione della realtà sostenendo che per lui non era cambiato nulla e che si aspettava dai grillini un'assunzione di reponsabilità, come non fossero il nuovo potere locale ma una lista civica del 3% da rigirarsi a piacimento. Se questo è il modo di combattere politicamente il grillismo e di arginarne l'egemonia incombente è facile che il 5 Stelle possa realizzare, molto a breve, il sogno di un grande Paese europeo bastonato e vezzeggiato dal partito unico degli ottimi e dei puritani. In realtà Sagramola si comporta da quinta colonna, perchè non è un uomo di partito ma soltanto un uomo di apparato attento al proprio destino personale. E, come ben sappiamo, Dio acceca chi vuole perdere. In realtà è un'intera classe dirigente locale, di centro e di sinistra, ad essere giunta al capolinea: quella che ha fatto del Pd una creatura senz'anima appesantita dal troppo potere, che ha trasformato la sanità locale in una cinghia di trasmissione del potere politico e la Fondazione in un enclave finanziario del centrosinistra. Cambiare casacca all'ultimo minuto, organizzare viaggi della speranza con destinazione Genga, cercare asilo e riparo tra le braccia della Merloni e poi ritrovarsi come l'aretino Pietro con unamano davanti e una dietro, sancisce la sconfitta di un modello politico che ha sacrificato l'idea di partito come strumento di conoscenza, di cultura e di governo della comunità in nome di una politica ridotta a confederazioni tribali in cui si consumano alchimie di potere e sortilegi legati al desiderio di un'eterna permanenza. In questo quadro di senilità servirebbe una generazione di militanti democratici innocenti e motivati e di pidiellini fantasiosi e scalcianti. Ma sarebbero opportune anche elezioni anticipate e una rigenerazione di tutto il sistema a vantaggio di Fabriano e dei fabrianesi. Rispetto a questo bisogno elementare e primario, Sagramola, Tini e tutto il cucuzzaro non sono altro che un tappo, un vincolo, un impedimento. Un vero e proprio gatto appeso ai coglioni di una comunità stanca e dolente.
    

26 febbraio 2013

Chi vince e chi perde Atene e Weimar


Ci sono almeno due modi diversi, ma complementari, per leggere il voto di queste elezioni politiche. Modalità che corrispondono a due classici punti di vista geometrici: in orizzontale e in verticale. Il punto di vista verticale ragiona sul voto ai partiti, analizzandoli al netto delle coalizioni e del bipolarismo incardinato nel Porcellum. La valutazione orizzontale, invece, è quella che guarda il sistema, la sua articolazione interna e la dislocazione delle forze che ne contestano natura ed equilibri. Se analizziamo i risultati in verticale il dato appare netto e incontrovertibile: ha stravinto il Movimento 5 Stelle, che prosciuga tutto ciò che è opposizione di sistema, incarnando da solo l'idea di un Terzo Polo alternativo e non centrista, è andato bene Berlusconi e sono caduti in ginocchio Bersani e Monti, Oggi, come è naturale, è il giorno dei grillini: esperienza fondativa e identitaria per chi li ha sostenuti e incubo orwelliano per chi continua a coglierne e ad evidenziarne i tratti autoritari. Ma se passiamo alla lettura orizzontale del voto va rimarcato che le aree politiche tradizionali, contestate dal grillismo come corpi morenti da eliminare, hanno raccolto cumulativamente circa il 70% dei consensi, a dimostrazione che l'Italia dei partiti è profondamente ammalata ma non è morta e continua, anzi, a esercitare una certa attrazione sull'elettorato. Il Pd ha pagato il suo approccio culturale fondamentale e cioè l'incapacità di superare il razzismo antropologico nei confronti dell'elettorato di centrodestra, considerato culturalmente infimo, umanamente penoso e politicamente demenziale. Questo modo di ragionare ha impedito agli elettori del centrodestra di esprimere la propria delusione attivando una mobilità elettorale capace di avvantaggiare il Pd. Cosa che sarebbe in parte accaduta con una leadership Renzi, che proprio sul rispetto degli elettori di centrodestra aveva fondato parte del suo successo alle primarie del PD. Questo "complesso dei migliori" che inceppa tutte le macchine da guerra della sinistra ha convinto gli elettori di centrodestra a restare nel proprio recinto politico, a prescindere dal giudizio critico espresso sul governo Berlusconi. In questo quadro di competizione bipolare tra Pd e Pdl e di brutale effervescenza grillesca a uscirne con le ossa è stato il centro Montiano, percepito dagli elettori come enclave elitaria, padronale e filotedesca, ossia tre qualità devastanti in termini di consenso potenziale e reale. Un giudizio più articolato merita invece il successo del Movimento 5 Stelle, che ottiene un risultato potente e prepotente. Per il Movimento 5 Stelle si profilano cambiamenti di enorme portata. Si chiude la fase dello “stato nascente” - con la sua militanza pionieristica, appassionata e un po' estremista - e si apre quella dell’istituzionalizzazione del movimento, che porrà esigenze nuove di governo e di riorganizzazione del partito - che comincerà a sviluppare anche una inevitabile e vivace dialettica tra moderati ed estremisti - oltre al naturale sviluppo di un ceto politico che, entrando nei grandi meccanismi della cosa pubblica, comincerà a comprenderne e a sperimentarne la complessità pervasiva, le strozzature irrisolvibili e un ginepraio di nodi gordiani in grado di irretire le ricette urlate e semplificate del demiurgo, così come la buona volontà dei riformatori che cominciano a fare timidamente capolino. La sensazione è che se fosse uscita una maggioranza coerente al Senato il boom di Grillo avrebbe un altro sapore e un'altra valenza. ma così è se vi pare. A questo punto trovare la quadra per la formazione del Governo è una missione quasi impossibile. L'unica soluzione è un governo di salvezza nazionale tra PD e Pdl che non rappresenti un' opzione di galleggiamento - oggettivamente propulsiva per una definitiva e letale ondata di grillismo - ma una chance di riscatto per i partiti e per le istituzioni. A partire da una seria politica di abbattimento del debito pubblico, perchè 90 miliardi all'anno di interessi impediscono di finanziare la crescita, il welfare e di riacquisire quel minimo di sovranità nazionale che può consentire di muovere con meno impacci la leva della spesa pubblica. Ma la vera sfida, proprio alla luce del successo di Grillo e della sconfitta dell'ipotesi tecnocratica montiana, è quella di promuovere una grande riforma della politica: sia dal punto di vista della modernizzazione istituzionale che per ciò che riguarda l’esigenza di regolare la vita interna dei partiti e i meccanismi economici che ne consentono il funzionamento. Ne saranno capaci i partiti politici o si rassegneranno ad essere le vittime sacrificali di una nuova stagione di depravazioni e di appetiti tangentari? Si faranno violentare politicamente dal dito puntato dei grillini, replicando alle intimazioni con un’alzata di spalle presuntuosa, o cercheranno di rispondere cambiando pelle e comportamenti? E' tutto da vedere ma di certo siamo di fronte all'ultima chiamata. Il sistema ha reso precari tutti i suoi equilibri e le sue ricette di continuità e di permanenza. Cambiare rotta significa non fare di Roma Atene o, peggio ancora, Weimar che allora aprì la strada alla guerra civile europea. E' un rischio che non possono correre né gli italiani, né i partiti né il Movimento 5 Stelle.
    

25 febbraio 2013

L'inganno dei brogli e la grande paura

Ieri sera, su giornali on line e social network, circolava una storia divertente ed emblematica di quanto sia sottile la linea che separa il visionario dal gaglioffo, specie quando ci si immagina protagonisti nel compito supremo di cambiare il mondo e le sue sorti. Un candidato allarmatissimo per gli incagli procedurali della rivoluzione in corso, ha consigliato ad amici ed elettori di succhiare la matita perchè questo sarebbe l'unico modo per mettere al sicuro il voto da brogli, cancellature e manomissioni. Il broglio elettorale è un classico, in bianco e nero e senza sonoro, tra i molti spauracchi utilizzati per mobilitare gli elettori e indurli a un'occhiuta vigilanza, ma anche un ottimo gancio per le scuse a posteriori: se le cose vanno bene al nostro partito vuol dire che la democrazia c'è e che i cittadini hanno votato in piena e consapevole libertà; altrimenti, se si prendono meno voti del previsto, scatta, come una molla in tensione, tutto il repertorio di accuse. E allora son di certo di brogli e maliziose orchestrazioni del misfatto, ovviamente accompagnate dall'individuazione di forze oscure, di manine e manone che tramano nell'ombra e rispondono al dettato contorto di menti raffinatissime, capaci trasformare ogni voto nel suo contrario. Ovviamente senza lasciare traccia o prova del pianificato obbrobrio. La teoria del broglio - declinazione elettorale di quella più generale del complotto - trovò la sua espressione più lacrimosa nel revanscismo monarchico del dopoguerra, quando i seguaci del Re fecero circolare, a iosa, la voce che la vittoria della Repubblica al referendum del 1946 dipendesse soltanto da casse e casse di schede favorevoli a casa Savoia gettate a mare da implacabili militanti repubblicani. Fino a giungere alla notte dei risultati delle politiche del 2006, quando la sinistra denunciò strani movimenti e viavai al Ministero dell'Interno mentre la destra, a sua volta, intravvedeva brogli comunisti in ogni dove, fino alla richiesta proterva e fantasmagorica del riconteggio di tutte le schede. Secondo il grande medievalista francese Marc Bloch - che studiò il peso delle credenze e delle "voci" nella sua straordinaria opera "I Re Taumaturghi" - all'origine della convinzione complottista c'è una gigantesca notizia falsa che si propaga, generando vere e proprie correnti di panico che si diffondono e rendono verosimile e credibile qualsiasi ipotesi. Anche le più fantasiose, Non è un caso, quindi, che la paura dei brogli si insinui, di norma, in chi investe nella politica in termini pseudoreligiosi ed è convinto che solo una trama oscura possa ostacolare il luminoso percorso della salvezza che si incarna nella storia. Ovviamente, quel che in passato si presentò come tragedia oggi ritorna in scena in forma di farsa. Siamo quindi ben lungi dalla Grande Paura che infestò la rivoluzione francese o dall'utilizzo paranoico del complotto inventato di sana pianta nelle purghe staliniane degli anni trenta. Siamo alla barzelletta della matita da umettare, della grafite da slinguazzare e di un voto da proteggere a colpi di enzimi salivari. A commento della notizia un buontempone ha saggiamente, seppur volgarmente, espresso l'auspicio che non venga in mente a nessuno di salvare il voto infilando la matita altrove, perchè poi si potrebbe anche verificare un incrocio non esattamente igienico tra orifizi e secrezioni salivari. Cosa di certo poco piacevole ed edificante, espressione decadente di una democrazia da difendere pure in punta di matita. Come fossimo ancora al Re di Maggio.
    

23 febbraio 2013

Spirito diVoto e luoghi comuni

Théodore Géricault La zattera della Medusa
Alla fine siamo giunti al dunque. Domani e lunedì si vota. E così sia. In poche settimane siamo scivolati dalle abitudini del bipolarismo politico - coi suoi giochi stanchi, le sue regole vetuste e le sue indifendibili miserie - al bipolarismo morale, tutto invettive e infibi: lo tzunami contrapposto alla palude, la novella Gerusalemme contro l'incorreggibile Sodoma, l'onestà certificata on line contro il peccato partitico della tradizione, il cittadino Robespierre contro il compromesso Danton. Antinomie da combattimento che scaldano le viscere ai semplificatori, incendiano la lingua agli zeloti, inebriano l'inguine a una generazione di mezzo invaghita dall'eros rivoluzionario dopo un ventennio di rigoroso, indefesso e flaccido privatismo. Il moralismo del "tutto nuovo", del "tutto a mare" e del "tutti a casa" è un'arma politica che non può tirare troppo a lungo, ammantata di doppiezze e sortilegi suadenti, buona e comoda per rimpiazzare la nomenklatura morente con una nomenklatura scalciante, pronta a strafare di più e di meglio, come l'allievo che si fa beffe del maestro. Quindi, di fronte alla parabola di una palingenesi che si cristallizzerà in fretta, consentitici il disinvestimento dalle insane passioni, il voto smunto, il consenso itterico, la sensazione che non c'è una Bastiglia da espugnare, non c'è devianza da redimere e ramo storto da raddrizzare. Domani e lunedì è solo una matita che traccia una croce ma raccontata, con l'ipocrisia dei poteri nuovi, come spada che insanguina e redime.

Premesso che eserciterò il mio diritto di voto. Tutto ciò premesso stento a decifrare il livore contro chi si astiene, questo ritenere disertori i concittadini che in piena libertà rifiutano le urne, il rimarcarne di continuo il senso civico diminuito, la virtù democratica consumata e  il civismo sepolto. Questo dito puntato è l'eredità permanente di un antico assioma: astensionista uguale fascista, come se il non voto fosse la formula del me ne frego mussoliniano e del rancore repubblichino applicata al regime democratico e alle libere elezioni. Oggi, però, è rimbrotto al netto di ideologia. Si preferisce la lagna sdegnosa del Mississipì sul tradimento degli ideali, sui nonni, le nonne e gli zii morti invano per libere elezioni e per matite indelebili. Oppure, a piacere, è l'ombra del misfatto civico  "se non scegli non puoi criticare"; o ancora la sagoma della rinuncia involontaria, "tu che non scegli fai scegliere gli altri al posto tuo". Tutte minchiate funzionali, malversazioni dialettiche, ricatti rituali che funzionano solo coi dementi. Perchè l'astensione dal voto non è astinenza dalla politica e, men che meno, voto di castità rispetto alle seduzioni del potere. E' un vaffanculo senza piazze e senza demiurghi: triste, solitario y final.

Il voto utile. Si, ma utile a chi. E' una costante di fine campagna, da quando si è rimpiazzata l'appartenenza proporzionalista con la governabilità maggioritaria. Serve il voto utile, la massa critica, il fare fronte, il sassolino schiacciato dal grande sasso. In realtà, da liberali in un paese corporativo, è utile qualsiasi voto corrisponda ai desideri e alla coscienza del singolo. Punto. E' utile il voto congiunto e quello disgiunto, quello spaiato, quello insensato e quello sprecato. Dipende solo dal cerebro e dalle viscere. Stavolta, per la prima volta in un quarto di secolo, prediligo e predico un vituperata e dimessa stabilità. Parole che puzzano di vecchio, di muffa arrampicata al soffitto, di cantina senza finestre e di Vandea inspiegabile e impaurita. Per la prima volta non cerco nel voto una causa massimalista ma soltanto la zattera di Gericault, malmessa e e ridondante di corpi feriti con cui uscire dal gorgo. E' giusto essere rivoluzionari a venti anni. Patetico a quarantacinque, perché se non lo sei stato a venti a quarantacinque sei sicuramente un informatore della polizia. Scampato pericolo.

Nella primavera del 1987 l'economista Federico Caffè uscì di casa e non ci rientrò più. Come Ettore Majorana. Sparizioni misteriose. Affascinanti. Storie di spiriti inquieti e senza fissa dimora. Caffè ci ha lasciato molte cose, molti pensieri aguzzi e un testo bellissimo: "La solitudine del riformista". Lo dedico a quelli che domani andranno a votare col naso turato, ma senza deflettere per un istante dal proprio feroce dispotismo della ragione. "Il riformista è ben consapevole d'essere costantemente deriso da chi prospetta future palingenesi, soprattutto per il fatto che queste sono vaghe, dai contorni indefiniti e si riassumono, generalmente, in una formula che non si sa bene cosa voglia dire, ma che ha il pregio di un magico effetto di richiamo. La derisione è giustificata, in quanto il riformista, in fondo, non fa che ritessere una tela che altri sistematicamente distrugge. E' agevole contrapporgli che, sin quando non cambi «il sistema», le sue innovazioni miglioratrici non fanno che tappare buchi e puntellare un edificio che non cessa per questo di essere vetusto e pieno di crepe (o «contraddizioni»). Egli è tuttavia convinto di operare nella storia, ossia nell'ambito di un «sistema», di cui non intende essere né l'apologeta, né il becchino; ma, nei limiti delle sue possibilità, un componente sollecito ad apportare tutti quei miglioramenti che siano concretabili nell'immediato e non desiderabili in vacuo. Egli preferisce il poco al tutto, il realizzabile all'utopico, il gradualismo delle trasformazioni a una sempre rinviata trasformazione radicale del «sistema». Il riformista è anche consapevole che alla derisione di chi lo considera un impenitente tappabuchi (o, per cambiare immagine, uno che pesta l'acqua nel mortaio), si aggiunge lo scherno di chi pensa che ci sia ben poco da riformare, né ora né mai, in quanto a tutto provvede l'operare spontaneo del mercato, posto che lo si lasci agire senza inutili intralci: anche di preteso intento riformistico. Essendo generalmente uomo di buone letture, il riformista conosce perfettamente quali lontane radici abbia l'ostilità a ogni intervento mirante a creare istituzioni che possano migliorare le cose.". Leggetelo e fatelo scivolare dentro come una medicina salubre ma amarognola. Vaccina dalla via Gluck e dall'isola che non c'è.
    

22 febbraio 2013

Intervista elettorale ai candidati 5 Stelle

I candidati fabrianesi del Movimento 5 Stelle
Oggi pubblichiamo l'intervista "corale" ai candidati del Movimento 5 Stelle. Si tratta di una scelta necessaria perché i fabrianesi candidati nella lista di Beppe Grillo sono tre alla Camera dei Deputati (Patrizia Terzoni, Gabriele Santarelli e Cristiano Pascucci) e una al Senato (la capolista Serena Fucksia). 

Qualcuno comincia a ipotizzare un 5 Stelle primo partito. Il che potrebbe significare una maggioranza grillina alla Camera ma senza maggioranza al Senato. A quel punto cerchereste alleati tra altre forze politiche o puntereste a nuove elezioni? (Santarelli)
Sinceramente queste sono considerazioni e calcoli che lasciamo fare agli altri. Il MoVimento 5 Stelle non è facilmente intercettabile dai sondaggisti e in passato ne abbiamo avute diverse dimostrazioni con Pizzarotti dato al 4% poche settimane prima del voto e i ragazzi in Sicilia addirittura ignorati fino a pochi giorni prima delle elezioni. Se dovessimo avere la maggioranza faremo “scouting tra gli eletti degli altri partiti per vedere se sono eterodiretti”. A parte gli scherzi, noi abbiamo un programma dal quale non ci discosteremo per nulla al mondo. A quel punto saranno gli altri a dover venire da noi e vedremo quali saranno le loro scelte. Il programma del MoVimento è fatto dai cittadini e per i cittadini. Gli altri partiti dovranno motivare di fronte a tutti la loro posizione sapendo che se si dovesse tornare a votare sarà veramente finita per tutti loro.

I prossimi saranno anni in cui il debito pubblico condizionerà ancora la crescita. A parte il recupero di risorse dai costi della politica quali saranno le grandi scelte del Movimento 5 Stelle per il rilancio dell’economia italiana? (Fucksia)

Alla base deve esserci una visione programmatica integrata e di sistema che contempli misure di emergenza sociale e strutturale. Anzitutto bisogna razionalizzare le spese in base ai bisogni reali e alle priorità del Paese, cominciare a mettere ordine tra quelle grandi e piccole voci che possono tutte insieme contribuire a far ripartire l’ingranaggio dell’economia. Oltre alla riduzione degli stipendi e delle pensioni d’oro e dei costi della politica, occorre eliminare le spese (come quelle militari, emblematico l’esempio degli F35) e gli enti inutili ad es. le province, accorpare i comuni sotto i 5.000 abitanti, fare subito una legge sul conflitto di interessi e far rispondere anche in prima persona chi ha mal gestito la cosa pubblica con scelte prive del più elementare buon senso. Il  futuro dell'Italia non può essere la grande impresa, ma la PMI che va incentivata realizzando tutta una serie di agevolazioni e facilitazioni sul piano fiscale, amministrativo e di accesso al credito. Il problema principale sono le lungaggini burocratiche. Da un lato le autorizzazioni incrociate o sottoposte a vincoli di enti diversi senza tempistiche certe. Dall’altro l’impossibilità di ottenere “giustizia” in tempi coerenti con la velocità con cui si muove il mondo reale. Risolvendo questi problemi occorrono poi incentivi fiscali a sconto delle tasse da pagare per gli investimenti che hanno una concreta ricaduta occupazionale sul territorio, specie per coloro che immettono sul mercato prodotti derivati dalla ricerca applicata (nuove tecnologie di produzione energetica, software ed applicativi, automazioni industriali, riciclo dei materiali, tecnologie ambientali avanzate, ecc..). Analogamente vanno penalizzate le delocalizzazioni e va tutelato il brand made in Italy da attribuire alle sole aziende con tutto il ciclo produttivo sul territorio nazionale. E’ urgente l’accorpamento e la semplificazione degli adempimenti fiscali, l’eliminazione dell’IRAP, il pagamento dell’IVA all’incasso. Inoltre bisogna realizzare una collaborazione continua tra istituti di ricerca, università ed impresa. Alcune leggi, come la Gelmini e Fornero vanno eliminate. Il lavoro a tempo indeterminato deve costare meno di quello a tempo determinato. L’accesso al credito deve essere facilitato anche creando una banca nazionale sul modello francese. Altro motore dell’economia dovrà essere il turismo (culturale, paesaggistico, enogastronomico…), naturalmente inserito all’interno di un network di servizi collegati. Il Museo Metropolitan di New York fattura come tutti i nostri musei messi insieme, è possibile questo in un paese come il nostro? Il rilancio dell’agricoltura deve contemplare una nuova riforma agraria e prevedere incentivi per il consumo a km zero. Di pari passo andranno il miglioramento della logistica e dei trasporti e la riqualificazione edlizia degli edifici finalizzata anche al risparmio energetico. 


La bolletta energetica italiana costringe le imprese italiane a sostenere costi del 20% superiori a quelli degli altri concorrenti europei. Visto che le energie alternative hanno un ruolo marginale e risultano costose sareste favorevoli a fare dell’Italia un hub europeo del gas impiantando nuovi rigassificatori? (Terzoni)
Questione di primaria importanza è il PEN, Piano Energetico Nazionale che in Italia risale al 1988. Senza un piano energetico si lascia libero arbitrio alle aziende produttrici di energia di fare ciò che vogliono, dove vogliono, senza una programmazione e una verifica della reale necessità. Sappiamo tutti che la produzione interna di energia elettrica in Italia non solo ricopre il fabbisogno interno ma lo supera e di molto. Allora che senso ha continuare a realizzare nuove centrali? La risposta è molto semplice: speculazione. La produzione di energia elettrica oggi è un grosso business al quale attingono a piene mani i soliti noti. Vi siete mai chiesti come mai a fronte della realizzazione dei nuovi impianti fotovoltaici, eolici, biomasse, biogas, non si assiste alla contemporanea chiusura e smantellamento delle centrali a carbone? La produzione di energia non dovrebbe avere come scopo l’arricchimento ma l’autosufficienza energetica. L’Italia ha la necessità di avere un piano energetico che preveda anche un’attenta analisi delle centrali presenti, del loro utilizzo e della loro manutenzione. Quindi prevedere una loro riqualificazione in modo da massimizzarne l’efficienza (ad esempio la ripulitura dei bacini delle centrali idroelettriche). Ma nel piano energetico deve essere presente anche un’analisi della riduzione di richiesta di energia elettrica a fronte del risparmio energetico (nell’edilizia pubblica e privata esistente e di nuova costruzione) che dovrebbe essere incentivato prima di qualsiasi altra cosa, perché la migliore energia è quella risparmiata. Per quanto riguarda i rigassificatori, il Movimento 5 Stelle è contrario perché comportano dei rischi troppo elevati per la salute e per l’ambiente. Non esiste ad oggi un’attenta analisi dell’effettivo bisogno e tutto ciò che è necessario per avere una chiara idea dei pro e contro sia a livello economico, sociale e ambientale. Non esiste ad oggi uno studio che affermi una riduzione sostanziale del prezzo dell’energia elettrica se l’Italia diventasse un hub europeo, anche perché, come molti sanno, il costo è elevato a causa di una forte tassazione. A fronte di tutto questo non si può dire si.

Il Movimento 5 Stelle sostiene la necessità di un reddito di cittadinanza. Con quali parametri intendete proporlo affinché non diventi una nuova forma di assistenzialismo che fa invecchiare competenze e distrugge lo spirito di iniziativa? (Pascucci)
Il reddito di cittadinanza (RdC) incarna secondo il Movimento 5 Stelle, il bisogno non più rimandabile di riappropriarsi dei propri bisogni primari: la propria vita il proprio tempo e le proprie aspirazioni. In un momento economicamente e socialmente terribile come quello attuale proprio questo deve essere l’obiettivo di uno Stato che voglia definirsi tale. Il RdC è il salvagente da utilizzare da parte di tutti i cittadini che possano trovarsi in difficoltà economiche per aver perso la propria occupazione. Teniamo presente che allo stato attuale, e tu la sai meglio di me, gli ammortizzatori sociali (brutta parola utilizzata dagli addetti ai lavori) lasciano fuori una significativa percentuale della forza lavoro (per esempio dipendenti delle piccole e piccolissime imprese artigiane e/o familiari e molti altri non possono accedere agli ammortizzatori e questo ha creato, lo stiamo vivendo sulla nostra pelle e nel nostro territorio delle grosse disparità di trattamento tra lavoratori, insomma ci sono stati figli e figliastri per dirla semplice). Tale misura è prima di tutto un atto di responsabilizzazione verso colui che ne usufruisce: hai 3 anni di TEMPO per cercarti un lavoro che sia definibile tale, perché e su questo voglio essere chiaro stare 8 ore dentro ad un call center per 5 euro l’ora lorde per 2 settimane si e 2 settimane no; non è lavoro, è sfruttamento delle persone. Allora il RdC ti fornisce una possibilità, una preziosa possibilità; quella di avere il TEMPO di cercarti un lavoro che sia almeno minimamente soddisfacente (poi che siano 36 mesi, 24, 18……vediamo, se ne può parlare) accanto a questo servono delle agenzie per l’impiego efficienti e davvero messe in rete (attualmente le nostre sono solo parzialmente messe in rete a livello regionale ma chi ha detto che io non possa andare anche fuori regione se lo voglio?) e attenzione qui parliamo di agenzie pubbliche sul modello scandinavo che sono quelle che fino ad oggi, alla prova dei fatti, hanno dato maggiore prova di affidabilità di funzionamento. So benissimo che la situazione di quei paesi è profondamente diversa dalla nostra ma qui intendo dire quando parlo di prendere a modello, di prendere gli aspetti procedurali di funzionamento di quelle realtà, al di là delle indubbie differenze che ci sono nei vari ordinamenti del mondo del lavoro, se una cosa funziona, funziona punto. Se rifiuti un massimo di 3 proposte di lavoro, proposte serie ed in linea con le tue aspettative che seguano cioè le indicazioni che tu hai dato all’agenzia alla quale ti sei rivolto, allora perdi il diritto al RdC e questo serve ad evitare l’ assistenzialismo che citavi nella domanda. Se responsabilizziamo le persone, difficilmente si distrugge lo spirito d’iniziativa, anzi siccome sai che devi darti da fare perché comunque il RdC ha i giorni contati, sei proprio incentivato a prendere l’iniziativa, ad aggiornare ed espandere le tue competenze al fine di consumare il meno possibile i giorni di assistenza che ti vengono dati. Una domanda te la faccio io: sarebbero costati meno allo Stato, i 10 o più anni di cassa integrazione che abbiamo e stiamo vivendo drammaticamente in questa città o 3 anni di RdC?

Santarelli tu incarni lo spirito più battagliero e militante del Movimento. A volte dai l’impressione di uno zelo che sconfina nell’intolleranza. E’ l’effetto collaterale dell’entusiasmo o il prodotto naturale di una concezione della politica? (Santarelli)
Non è un impressione. Io sono realmente intollerante verso le mistificazioni, la falsa informazione, l’assenza di oggettività, il negare le evidenze e la manipolazione delle notizie e delle affermazioni che facciamo. Contemporaneamente sono una persona disponibilissima al dialogo che affronto volentieri senza voler per forza di cose convincere i miei interlocutori e portarli dalla mia parte. Anzi, sono fin troppo diplomatico in molte situazioni e mi lascio condizionare quando persone che stimo mettono in dubbio determinate mie convinzioni. Per questo sono sempre alla ricerca di conferme, mi informo e non do mai niente per certo. Spingo sempre molto sull'importanza dell’informazione corretta che ognuno di noi oggi può farsi grazie alla rete. Mi raccomando sempre di informarsi su tutto di verificare tutto anche riguardo alle cose che diciamo noi durante i nostri incontri pubblici. Per me la concezione di politica è questa: innanzitutto dare ai cittadini la possibilità di “attingere” a una informazione giusta e non parziale e di partecipare direttamente in modo tale che poi le scelte siano motivate e basate su presupposti saldi. Purtroppo questo oggi non avviene e il MoVimento 5 Stelle è nato anche per questo.

Recentemente sei stata coinvolta in una polemica molto accesa per via di una tua dichiarazione sulla legge per l’interruzione volontaria della gravidanza. Siccome il Movimento punta alla democrazia diretta firmeresti un referendum per abolire la legge 40 sulla fecondazione assistita? (Fucksia)
Anzitutto riguardo alla polemica sull’aborto diciamo subito che è stata diffusa ai 4 venti e strumentalizzata subdolamente a fini elettorali, da una giornalista-candidata che tra l’altro al momento del mio intervento era già andata via, una frase che io non ho mai detto. Per fortuna alcune persone presenti ed un video dell’incontro testimoniano questa operazione di macchina del fango ad hoc da parte di chi, avendo evidentemente pochi argomenti e poche speranze tenta il tutto per tutto per cercare di aggrapparsi ad una  poltrona sempre più incerta. L'aborto è diritto e scelta insindacabile della donna e nessuno mette in discussione la legge 194!  Dico però che se una donna  è costretta ad abortire, ciò è dovuto al fatto che la società spesso non tutela appieno i suoi diritti di poter essere liberamente madre. Inoltre, nonostante i progressi fatti ed il trend in diminuzione del numero di IVG, non possiamo ancora ritenerci soddisfatti e dobbiamo avere obiettivi ancora più alti, migliorando la prevenzione, perchè l'aborto non è un anticoncezionale, ma una scelta sempre difficile, sofferta e con ripercussioni talora drammatiche.Sui temi di bioetica il M5S indica come via l’autodeterminazione degli individui che devono pertanto rispondere solo alla propria coscienza. Nel 2005 i referendum abrogativi delle Legge 40 sulla procreazione assistita non raggiunsero il quorum, ma di fatto le contraddizioni insite nelle limitazioni della legge, rendono difficile la sua applicabilità pratica per cui una sua revisione è auspicabile. Il tema è delicato e le implicazioni molte, occorre molta prudenza, ma credo sia inaccettabile che centinaia di coppie siano costrette ad emigrare in Francia, Spagna ecc. per esercitare il diritto ad avvalersi di una fecondazione assistita meno oscurantista. L’attuale regolamentazione della fecondazione assistita espone la donna ad un maggior rischio per la salute, aumenta i costi sanitari e si contraddice anche sotto il profilo etico, vietando ad es. la preselezione degli embrioni, ma permettendo di fatto poi eventualmente l’aborto. Aberrazioni che con scienza ed etica non hanno nulla a che vedere.

Grillo ha dichiarato che i sindacati sono fuori dalla storia come i partiti. Voteresti un provvedimento per l’abolizione dei sindacati? Su quali basi giuridiche e associative pensi di ricostruire una nuova rappresentanza dei lavoratori? (Terzoni)
Innanzitutto la critica è stata rivolta alla triplice sindacale: CGL-CISL-UIL. Questo perché nel corso degli anni, la “triplice” ha abbandonato il suo ruolo di tutela dei lavoratori per diventare fiancheggiatrice di partiti e di fatto hanno perso la loro autonomia. Come al solito la nostra critica non è rivolta ai singoli sindacalisti ma al sistema. Non necessariamente serve una provvedimento per abolire i sindacati, ma una “ristrutturazione” degli attuali, in modo che ritornino ad essere una realtà che stia sempre dalla parte dei lavoratori e soprattutto della tutela del lavoro lasciando fuori dalla porta la politica. Il lavoro ed il lavoratore devono ritornare ad essere il loro unico pensiero, e smettere di considerarlo come un tesserato in più da inserire nell'elenco  Ricordo velocemente la vicenda del TFR quando convinsero molti lavoratori (nel 2005-2007) a investire il loro TFR in fondi pensione guarda caso gestiti in vario modo dai sindacati stessi. Il vero sindacalista è il lavoratore che entra a far parte della gestione dell’azienda. Ricordo l’articolo 46 della Costituzione che indica la strada e recita “ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.

Il sistema dei partiti ha garantito, attraverso la Costituzione voluta dai partiti, sessanta anni di sviluppo economico e di democrazia. Quale riforma costituzionale ha in mente il Movimento per marcare una distanza netta tra Repubblica dei Partiti e Repubblica dei cittadini?(Pascucci)
So che sto per dire cose che per te, “uomo di partito senza partito”, sono dolorose. A mio avviso non sono stati i partiti a fare quello che tu affermi, sono state le nostre nonne ed i nostri nonni a garantirci spesso con il sacrificio della vita, la democrazia, avendo sconfitto la dittatura fascista e sono stati i nostri padri e madri con il loro lavoro a creare lo sviluppo economico. Purtroppo quasi da subito siamo passati dalla dittatura del fascismo alla dittatura dei partiti che nei decenni è poi deflagrata in maniera drammatica con lo scollamento totale tra le istanze dei cittadini e le politiche messe in atto dai partiti stessi, nessuno escluso (ecco perché diciamo che PDL e PD-L sono la stessa cosa, perché effettivamente lo sono, questo è innegabile e gli ultimi 20 – 25 anni al di là delle sigle rappresentative scelte di volta in volta lo dimostrano inequivocabilmente). Purtroppo per loro, e con orgoglio dico questo “ loro” intendendo con questo “loro” il sistema dei partiti e non le singole persone all’interno dei partiti ovviamente, non avevano previsto una cosa: lo sviluppo della rete internet e di tutte le sue possibili implicazioni in ambito economico, sociale ed aggiungo decisionale. Adesso, oggi, in questo momento, ci vogliono poche ore per organizzare una piattaforma online per far decidere i cittadini, utilizzando una procedura di votazione, sicura e certificata ed univoca. Potremmo decidere ad esempio se realizzare un inceneritore o un asilo, se costruire 5 pale eoliche per il guadagno di pochi a Campodiegoli o usare gli stessi soldi per finanziare gli abitanti consentendogli di realizzare a prezzi convenienti nelle proprie abitazioni un impianto combinato microeolico+fotovoltaico+geotermico, è solo un esempio ovviamente. Perciò per rispondere alla domanda, per il m5s la riforma cardine della Costituzione è questa: istituire la possibilità di realizzare Referendum sia abrogativi che propositivi ma senza quorum, non stiamo parlando ovviamente di voto online anche se sarebbe bello, è ovvio che magari si potrà arrivare anche a questo ma mettere uno strumento che dica: signori del parlamento noi vogliamo che questa legge venga abrogata oppure che venga approvata (se di nuova istituzione), se non siete d’accordo ve ne farete una ragione. Il discorso del “senza quorum” è essenziale perché il quorum è stato troppo spesso uno strumento in mano ai partiti per opporsi a riforme chieste a gran voce dai cittadini e questo non deve mai più accadere. Quindi senza quorum perché chi partecipa ha ragione, se non partecipi vincono gli altri, semplice e lineare. Poi un’altra riforma importante è quella di istituire l’obbligatorietà della discussione parlamentare e del voto nominale palese per le leggi di iniziativa popolare. Se 336.144 cittadini ti chiedono con le loro firme di discutere una legge sul parlamento pulito come quella proposta a seguito del primo Vday nel 2007, Tu Parlmento per favore la discuti e Tu Parlamento ti assumi tutta la responsabilità davanti agli elettori di approvarla o non approvarla. Fare una riforma costituzionale in Italia è utopia certo ma anche far entrare in parlamento dei semplici cittadini lo era…..grazie della tua ospitalità.

Il Movimento Cinque Stelle di passare al referendum propositivo. Per farlo serve una riforma costituzionale. Con quali forze intendete accordarvi per avere i numeri sufficienti a realizzare questa riforma? (Terzoni)
Proporremmo questa modifica spiegando in maniera molto chiara la nostra proposta sia in Parlamento, sia al paese, informando i cittadini sui pro e i contro (se ci saranno!) della modifica costituzionale. L’informazione è alla base di tutto ed un popolo informato è più forte e libero di scegliere. A quel punto di fronte alla nostra proposta, le forze politiche non dovranno dare una risposta a noi, ma al popolo informato e motivare la loro scelta davanti tutti loro. Sono sicura che ci penseranno bene prima di dare una risposta negativa.

Ci sono due seggi sicuri per il Senato e tre fabrianesi in lizza. Domanda secca per risposta secca: Serena Fucksia preferirebbe andare al Senato assieme a Casoli o assieme alla Merloni? (Fucksia)

Preferirei andarci in maggioranza con altri 4 candidati a 5 stelle!
    

20 febbraio 2013

Intervista elettorale a Marco Ottaviani

Pubblichiamo oggi l'intervista a Marco Ottaviani, consigliere comunale del Polo 3.0 e candidato alla Camera dei Deputati nella lista dell'UDC.

Domanda d’obbligo. Il Papa dà le dimissioni anche contro la Curia romana. Tu sei ritenuto un cattolico razionalista con tinte curiali. A tuo avviso è finita la lunga fase del cattolicesimo tridentino o è solo rinnovamento nella continuità?Ti dirò che appresa la notizia sono rimasto attonito e, al contempo, dispiaciuto. Non ho ricercato dietrologie ed è prevalso il rispetto per l’umanità personale di Ratzinger. Mi ha cioè colpito più il travaglio che investe l’Uomo Papa piuttosto che la logica che ha sostanziato la scelta del Papa Uomo.


Da questa campagna elettorale sono spariti i temi etici. L’Unione Europea ha riconosciuto che una legge sulla fecondazione assistita deve consentire la diagnosi preimpianto. Se sarai eletto, ti impegnerai a cambiare a legge 40 sulla fecondazione assistita liberandola da pregiudiziali ideologiche cattoliche?

Ho una profonda avversione per l’ideale della perfezione umana. Perfezione e uomo sono a mio giudizio un ossimoro ed attraverso ciò passa la bellezza dell’Uomo. Non si tratta di pre-giudizio ma di consapevole giudizio. Né il mito del superuomo né figli di un Dio minore.


Hai rimarcato in più di un’occasione che grazie a Monti hai trovato la tua vera collocazione politica ma in tanti ti rimproverano una candidatura nell’UDC vissuta come scelta trasformista rispetto alla tua storia politica. E’ il mercato delle vacche o una opzione meditata?

Quando mi sono candidato sindaco per il comune di Fabriano l'ho fatto con il Polo 3.0. Un progetto partecipato da liste civiche e partiti moderati. L'Udc fece una scelta diversa. Oggi ritrovo il mio stesso progetto a livello nazionale targato Monti ed anche l'Udc, che vi aderisce, trova una sua collocazione definitiva. E l'Udc si è aperto alla società civile candidando indipendenti come il sottoscritto ed altri. Una precisa volontà di avviare una fase di rinnovamento per di più in un terreno valoriale comune.


Si dice che tu abbia deciso di scendere in campo dopo che autorevoli esponenti della componente montiana, riconducibili a Maria Paola Merloni, ti hanno dato dell’elitario. Siamo ai fratelli coltelli o dietro c’è una lotta per chi comanda al centro?

A proposito dell'elitario puoi andare a leggerti l'editoriale di Galli della Loggia su Il Corriere della sera che ho postato su Facebook: in tal senso, sono sicuramente elitario. Penso di aver dimostrato più volte che niente e nessuno condizioni le mie decisioni, se non la mia coscienza - escludendo doverosamente mia moglie. Tutte le scelte che uno compie derivano da una pluralità di eventi, alcuni razionali e raziocinanti, altri intimi ed impulsivi. Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma.


Viventi è stato uno dei principali sostenitori della tua candidatura nella lista dell’UDC? Lo consideri un punto di forza o il bacio della morte?

Viventi è un mio amico. Lo ritengo un politico onesto e come assessore ha fatto e sta facendo un lavoro egregio, cui è sicuramente data poca visibilità mediatica, ma ti assicuro di grande concretezza per la Comunità. Se ha creduto nella mia candidatura è perché crede nella necessità di avviare un rinnovamento che possa rendere ancora più forte il suo partito; e questo mi lusinga. C’è bisogno del contributo di tutti per affrontare la sfida di una nuova politica e, al contrario di quanto possa credersi, c’è più concordanza su questo, nell’Udc locale, che in tanti movimenti autoproclamatisi democratici. Rinnovare attraverso e non contro, ci siamo capiti.


L’UDC a Fabriano è ritenuta uno dei principali ostacoli politici rispetto al rilancio della città. Sarai il Gorbaciov dello scudocrociato o l’uomo civetta di un partito che non cambia?

In questi giorni di campagna elettorale ho condiviso con molti "vecchi" dell'Udc numerosi incontri con la popolazione, recuperando la sfera delle relazioni che sembrava sacrificata sull’altare di una becera legge elettorale. Non verrò eletto alla Camera poiché non nominato. Ciononostante, mi sembra di vedere che solo l’Udc cerchi di parlare con tutti i cittadini con questa azione capillare, più tipica di una tornata comunale che non nazionale. E' stata per me una sorpresa trovare una così ampia disponibilità, con un entusiasmo tipico della gioventù, proprio in coloro che a tuo dire necessiterebbero del ‘Gorbaciov de casa nostra’. Ammetto di essermi ricreduto. C'è la piena e condivisa volontà di recuperare un rapporto con gli elettori e con la città che supera, di gran lunga, qualunque protagonismo personale. In realtà sono tutti Gorbaciov ed il ruolo del Polo 3.0 è solo quello di un enzima che dà velocità ad una reazione che comunque sarebbe lo stesso avvenuta.


Già a partire dal 2007 hai cominciato a proporre tagli ai costi della politica, ma questo tema è sempre più in mano ai grillini. Vuol dire che la pancia del popolo furente è più forte della riflessione cartesiana delle elite o che non sei riuscito a comunicare le tue posizioni?

Quando venne Grillo a Fabriano per le comunali, dal palco di piazza del Comune fece due promesse: se i suoi consiglieri fossero stati eletti avremmo avuto la presenza della web cam in consiglio comunale ed il bilancio del Comune sarebbe stato reso pubblico. Nessuno gli ha però ricordato che la diretta streaming del consiglio a Fabriano era già attiva da oltre un anno grazie all'azione del consigliere Ennio Mezzopera e che i bilanci sono pubblici per legge e disponibili sul sito di ogni Comune. Non mi piace questo tipo di inganno mediatico e per le stesse ragioni, ho sempre rispettato la volontà del consiglio comunale di aver più volte bocciato la mia mozione sulla riduzione dei costi della politica. Avrei potuto censurarli a mezzo stampa ma di urlatori di piazza son piene le fosse e a Simonetti non sfuggirà di certo che "l'ignoranza urla ed il sapere parla".


Grandi aziende come Enel sono disponibili a vantaggiosi accordi di compensazione con i territori che ospitano impianti di produzione elettrica. Potrebbe essere un’opportunità per il nostro territorio. Saresti disposto a sostenere una battaglia economica e imprenditoriale di questa natura?

Sono disposto a sostenere tutte le battaglie che possano apportare valore aggiunto ed intendo soprattutto lavoro, nella nostra Città. Non sono però disposto a sacrificare, in ragione dell'offerta lavorativa, né il territorio né la sua salubrità o quella dei suoi residenti


E vero che dopo le elezioni politiche ci sarà un grande rimpasto di Giunta che prevede un tuo ingresso e un percorso guidato di chiusura dell’esperienza Sagramola?

Sono stato eletto all'opposizione di questa amministrazione ed all'opposizione resto. Sono comunque sempre più convinto che il rilancio di Fabriano debba passare per primo a livello politico consiliare. Il Polo 3.0 aveva lanciato un progetto preciso: un’unione di moderati basata su razionalità, competenze, professionalità e concretezza con grande partecipazione della civicità da opporre alla follia dell'illusione populista ed ai ricatti degli estremismi. Né destra, né sinistra, né centro. Solo un progetto di uomini che vogliano ed abbiano dimostrato di amare la loro Comunità. Quindi ampia convergenza del buono che c’è nel nostro centrodestra e nel nostro centrosinistra. Di fronte a ciò, se non concordi, tutti sono sacrificabili.


Quale futuro immagini per Fabriano? Emigrazione, turismo, agricoltura o industria?

Quante ore ho per parlarne? Beh visto il poco tempo che mi lasci mi limito all’ordine di rilevanza secondo le attuali possibilità. Agricoltura, Turismo, Emigrazione, Industria.
    

19 febbraio 2013

Intervista elettorale a Francesco Casoli



Il senatore Casoli, candidato al Senato per il Pdl, ha confermato la sua disponibilità a rispondere a una serie di domande, in vista delle elezioni politiche di domenica prossima. Oltre alle risposte ha fornito ai lettori del blog anche materiali di approfondimento sulle cose fatte che troverete indicate come link. Domani mattina proseguiremo con la pubblicazione dell'intervista a Marco Ottaviani.

Sen.Casoli è stato notato il tuo silenzio sulla vicenda BEST. Rispetto per le scelte di un concorrente o conflitto di interessi tra il suo ruolo politico e quello imprenditoriale?

Incominciamo bene… ok, io non ho mai mischiato i due ruoli e anche in questo caso non ho sentito l’imbarazzo di non intervenire in quanto concorrente. Certo, si potrebbe strumentalizzare un mio intervento verso l’una o l’altra soluzione. Ma non è un Senatore che deve infilarsi, Best o non Best, in questioni amministrative di questo tipo. La politica locale ha tutti gli strumenti per entrare in merito, ed io - se chiamato - non mi tiro certo indietro. Nella vicenda Antonio Merloni abbiamo portato sul territorio importanti risultati coinvolgendo il Ministero dello Sviluppo Economico. Voglio ricordare che circa un anno fa ho formulato, da solo, una proposta: estendere i benefici previsti per i dipendenti della Ardo a tutti i dipendenti delle altre aziende in crisi. Per non creare lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Purtroppo la proposta non è stata accolta.  In questo momento sono convinto che i sindacati e le parti sociali abbiano bisogno di calma e tranquillità e non di un Senatore che in campagna elettorale fa confusione solo per portare a casa consensi demagogici…

Uno dei motivi di successo del berlusconismo è stato l’idea dell’imprenditore in politica. Si tratta di un’idea ancora attrattiva o, come dice qualcuno, di uno degli elementi di crisi del sistema Italia?
L’imprenditore è forse un animale a parte? Penso che i nostri rappresentanti politici debbano, appunto, rappresentarci. Gli imprenditori possono dare un gran senso pratico alla politica, che vi assicuro ne ha tanto bisogno…


Tre fabrianesi per due posti al Senato. Ad oggi tu sei quello con l’elezione più a rischio. Chi è il tuo diretto concorrente: la deputata e imprenditrice Maria Paola Merloni o la debuttante Serena Fucksia?
Io vado avanti per la mia strada con coerenza, i miei avversari sono l’astensionismo e la disinformazione. Penso di aver lavorato bene per le Marche e credo che il mio impegno possa garantire una rappresentanza forte e collaudata. Poi siamo in democrazia e saranno i cittadini a decidere chi passerà, io faccio comunque gli auguri a tutti.


Ti accusano di aver fatto poco per Fabriano e di essere l’uomo del succo d’arancia: verità, pregiudizio o antipatia nei tuoi confronti?
E' la verità, non ho fatto niente… Io ho un carattere strano, non amo parlare di me e di cosa ho fatto. Per rispondere mi devo forzare, ma ci provo: 

- Settimana corta: ho contribuito, insieme all'On Giancarlo Mazzuca, all'introduzione della settimana corta, in una fase congiunturale che impone alle imprese, a fronte di un calo della domanda, un consistente ricorso agli ammortizzatori sociali (per approfondire: Settimana Corta Sky ) 
- Quadrilatero: sotto il Governo Berlusconi è stata apposta la firma per la consegna dei lavori per il raddoppio della strada statale 76, la Quadrilatero avvia un’opera molto attesa, indispensabile per lo sviluppo della nostra regione;
- Terremoto 1997: ho proposto un emendamento, poi è stato approvato, che ha fatto slittare la restituzione dei contributi post terremoto di sei mesi (per approfondire: Articolo su emendamento);
- Terremoto 1997: grazie ad accordi presi con il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, si è provveduto dapprima a rendere più elastici i tempi di pagamento e successivamente è stato approvato un vero e proprio emendamento che non prevedeva l’applicazione di sanzioni in caso di pagamenti effettuati in ritardo (per approfondire: Articolo su Carlino);
- Terremoto 1997: grazie a un mio intervento sulla questione della restituzione dei contributi e tributi sospesi a cittadini ed imprese in occasione del terremoto di Marche e Umbria del ’97, con l’approvazione del decreto legge 162 del 2008, sono state recepite le disposizioni per la restituzione dei tributi e contributi sospesi con la cosiddetta ‘busta pesante’. Tali disposizioni prevedevano che la restituzione avvenisse in 120 rate per un importo pari al 40% del dovuto. Grazie all’emendamento che ho presentato in sede di approvazione del decreto, la restituzione, anziché partire da gennaio 2009, è slittata al mese di giugno. C’era però un problema da risolvere: quello dell’interpretazione della Legge del Governo Prodi, 6 dicembre 2006, n.290, art.6 comma 1 bis, in materia di applicazione delle ordinanze di protezione civile ai datori di lavoro privato aventi sede legale e operativa nei territori colpiti da calamità naturali: sulla base di tale legge, la sospensione dei contribuiti previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi, riguardava solo i datori di lavoro e i dipendenti privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile. Ciò significa che sarebbero stati esclusi delle disposizioni del decreto 162,  tutto il settore pubblico e i cittadini di aree terremotate lavoratori dipendenti da datori di lavoro fuori dai comuni colpiti da calamità. Pertanto, per questi cittadini, che in occasione del terremoto del ‘97 hanno sospeso la quota a proprio carico, la restituzione all’INPS doveva avvenire per intero, in un’unica soluzione o nei limiti di un quinto dello stipendio. E’ naturale che ciò avrebbe creato una discriminazione tra persone colpite dallo stesso evento calamitoso e per questo, insieme ad altri parlamentari, rappresentanti dei territori interessati a questo problema, abbiamo trovato una soluzione che ha consentito a tutti di poter usufruire dello stesso trattamento agevolato. RISULTATO: grazie alle modifiche introdotte dalla legge 201 del 21 dicembre 2008 i benefici della restituzione sono stati estesi anche ai dipendenti pubblici. Ciò ha comportato maggiori risorse per enti come il Comune di Fabriano e l'ASUR che grazie a queste maggiori entrate ha stabilizzato molti precari;
- Tutela ambientale: estensione del contributo per conversione auto da benzina a GPL e metano: prima era possibile solo per auto EURO 0 ora, grazie al mio emendamento, è possibile anche per auto EURO 1/2/3/4;
- Tutela ambientale: € 150.000 per il recupero dei giardini Regina Margherita (fondo ex legge Mancia);
- Giustizia: sono stato promotore per la salvaguardia del Tribunale di Fabriano, organizzando un incontro tra una delegazione degli avvocati di Fabriano e il Presidente della Commissione Giustizia del Senato, Senatore Berselli e un ulteriore incontro con il Ministro della Giustizia Sen. Palma;
- Ordine pubblico: grazie all’incontro presso il Viminale con il sottosegretario alla difesa Guido Crosetto, ho evitato il declassamento della Caserma dei Carabinieri di Fabriano (per approfondire: Articolo Agenzia Parlamentare). 
- Ardo: un discorso a parte merita la vicenda Antonio Merloni. Sono stato l’unico parlamentare a partecipare fisicamente agli scioperi organizzati dagli operai della Ardo a Roma, per dimostrare la mia solidarietà. Sono stato presente, per volontà del Ministro Scajola, alla prima stipula dell’accordo di programma. In completa solitudine ho sostenuto la non credibilità delle proposte di acquisto iraniane e cinesi della Antonio Merloni sottolineando come, andando dietro a quelle proposte fantasma, in realtà si perdesse tempo prezioso da dedicare invece alla rimodulazione dell’accordo di programma (per approfondire: Articoli su ARDO). Ancora: su mia richiesta, audizione dei commissari straordinari presso la Commissione Industria del Senato sul futuro della Ardo e question time in diretta televisiva, al Ministro Passera, sulla richiesta di proroga della cassa integrazione (per approfondire: Articolo). Infine ho organizzato un incontro tra il Ministro Sacconi e la RSU della Ardo e altri rappresentanti di categoria. Poi tante altre cose per il restante territorio della regione Marche che qui non sto ad illustrare per non autocelebrarmi.

A seguito della tua rielezione nel 2008 avevi aperto un punto di ascolto presso il centro commerciale. Non pensi che averlo chiuso abbia indebolito la tua immagine in città?
Assolutamente no, ho chiuso il punto di ascolto ma aperto una sede del Pdl al centro della città. Da quando ho iniziato a far politica siamo riusciti ad organizzare una rete d’ascolto che va al di là del punto fisico. Comunque non mi sono mai rifiutato di parlare, ascoltare e confrontarmi con i cittadini, e non solo in campagna elettorale. Nella vita meglio essere coerenti…


C’è grande curiosità per il risultato fabrianese dei montiani. Si profila anche la possibilità di un patto tra Francesco Casoli e Maria Paola Merloni per il governo della città?
Io mi candido al Senato e non per il governo della città. Penso che i fabrianesi siano stufi di patti che passano sopra le loro teste e abbiano voglia di gente capace e nuova. 


Elica ha la maggior parte dei dipendenti in Italia e la maggior parte del fatturato all’estero. Eppure in città ti accusano di aver delocalizzato. Il comunicatore Casoli ha comunicato male o si tratta di un’azione di disinformazione degli avversari politici?
Il comunicatore Casoli cammina sulle “uova” quando parla di Elica. Ci sono troppe famiglie che vivono insieme a noi e grazie alla nostra capacità di competere nel mondo.  Se ne dicono tante, io so che abbiamo avviato la produzione di un nuovo prodotto negli stabilimenti italiani dove abbiamo investito svariati milioni di Euro. So che lo stabilimento di Castelfidardo è stato riconosciuto, da un nostro cliente tedesco, come il miglior luogo dove produrre motori ad alta tecnologia. So che lo stabilimento di Serra San Quirico produce un prodotto che riusciamo a vendere sul mercato a 24.000 Euro (e per una cappa è un record…). So anche che la competizione è durissima e non guarda in faccia a nessuno. Ma io sono abituato a mettercela la faccia e, ti assicuro, i nostri dipendenti sono tutti molto concentrati verso l’obiettivo di eccellere sempre di più.

Se fossi eletto quali sarebbero le prime tre proposte che faresti per risollevare questo territorio?
Accordo di programma che liberi soldi verso le piccole aziende in crisi di liquidità; ritorniamo all'idea di una zona franca con tasse ridotte per attirare investimenti; promuoviamo il territorio anche per il turismo, ma veramente. Ci sono parti d’Italia che iniziano a rinascere con turismo alternativo che oggi fa girare molta, ma molta, più gente di quella che noi pensiamo. Cerchiamo di lanciare piccole produzioni alimentari di qualità ma riunendole in un modello consortile o di rete... ( ops, avevi chiesto tre e sono scivolato alla quarta...)

E’ vero che in cambio del passo indietro Berlusconi ti ha garantito la candidatura al Parlamento Europeo o in subordine alla Presidenza della Regione Marche?
No, stiamo pensando all'elezione come Presidente degli Stati Uniti d’America.

Fabriano è sull'orlo del collasso sociale. Come industriale che futuro vedi, considerando che la crisi dell’industria locale non può essere compensata, a livello occupazionale, né dai servizi né dal settore primario?
Fabriano non se la passa bene e se non ci saranno scelte illuminate non riusciremo a risollevarci. Le scelte illuminate passano da un nuovo piano regolatore che dia un profilo diverso al nostro territorio. Noi, se vogliamo rinascere, dobbiamo attrarre i migliori. Per fare questo dobbiamo riqualificare tutto, dalle orribili statue moderne all'ingresso della città (ma il vetro si è rotto o l’artista è un genio del male?) Fino a una decisione su zone residenziali vere. Se vogliamo ripartire dobbiamo uscire dalla mediocrità e dobbiamo crederci tutti. Ci sono degli esempi in giro ma sono casuali e poco apprezzati. Serve un cambiamento radicale di mentalità: coraggio gente che non arriverà nessun aiuto dall'alto, dovremo costruircelo insieme da qua. 




    

18 febbraio 2013

La Cena di Genga e la scissione di fatto nel PD

"Come una freccia dall'arco scocca vola veloce di bocca in bocca". Così cantava De Andrè raccontando la nomea di Bocca di Rosa e il rapido propagarsi delle dicerie sul suo conto. Lo stesso destino della Cena di Genga, promossa sabato sera da Scelta Civica per Monti e da Maria Paola Merloni. Una cena che verrà ricordata non tanto per gli appelli al voto, per l'invito a non disperdere l'esperienza elitaria dei tecnici  o per l'urgenza di sostenere la linea tedesca del Professore, quanto per il ruolo politico di chi sedeva in platea e per ciò che tale presenza comporta e prefigura. A un'iniziativa elettorale del raggruppamento montiano chi ti aspetti? Democristiani convertiti al rigore, cattolici ratzingeriani tutto crocifisso e San Tommaso D'Aquino, ex fascisti riposizionati attorno al centrismo nazionale come il fabrianese Solari (presente) e il consigliere regionale Silvetti (presente), renziani delusi dalle improbabili smacchiature del giaguaro. Quel che davvero non ti immagini è la presenza massiccia e qualificata di dirigenti di un partito, il PD, che si presume possa allearsi coi montiani ma che, ad oggi, è un loro dichiarato, e sempre più polemico concorrente elettorale. Quando i partiti erano organizzazioni efficienti partecipare a un'iniziativa come quella gengarina di sabato, tecnicamente e politicamente scissionista, avrebbe comportato l'espulsione immediata e senza neanche la garanzia di un equo processo interno. Ma il PD è notoriamente un corpo fragile, segnato da una profonda linea di faglia interna che, nel fabrianese, è drammatizzata dall'assenza di cervelli diessini e dalla storica egemonia esercitata da democristiani di ogni risma. Ma quel che conta è quel che si racconta e pare che alla Cena di Genga fossero presenti: Giancarlo Sagramola, Sindaco del Pd; Maurizio Fini, candidato alle regionali per il Pd nel 2010; Roberto Sorci, ex Sindaco di Fabriano; Claudio Alianello, ex segretario cittadino del PD e attuale assessore ai Lavori Pubblici; Renzo Stroppa, Vicepresidente della Cmunità Montana; Guido Papiri, Presidente della Fondazione Carifac; Domenico Giraldi, Presidente della Carifac; Gian Mario Spacca, Governatore della Regione Marche. Le altre sono figure minori del Partito Democratico ma sempre e comunque iscritti di un certo peso. Ho chiesto all'amico piddino Gola Profonda il senso di questo convivio e la risposta è stata favolosamente nitida ed evasiva al tempo stesso: "Gli esponenti del Pd erano lì per amicizia con la Merloni, che è stata nel partito fino a qualche mese fa, e non certo per ragioni politiche". Insomma, una rimpatriata in amicizia, una conviviale tra vecchi sodali, un momento di affinità elettive ma non elettorali organizzato giusto otto giorni prima delle politiche. Un'iniziativa a cui, verso la fine, ha portato un saluto politicamente pesantissimo pure il Governatore Spacca che pare non fosse, invece, presente alla serata all'Oratorio della Carità col vicesegretario nazionale del PD Enrico Letta, non a caso accompagnato fino a Fabriano dall'antispacca per antonomasia, il pesarese Palmiro Ucchielli, noto per la straordinaria somiglianza con Antonio Cornacchione. Qualche settimana fa il tesoriere regionale di Scelta Civica per Monti Maurizio Benvenuto, in una intervista per questo blog, fece cenno a una diaspora consistente dal Pd fabrianese in direzione del centro montiano. Ma quella che si prospetta, dopo il desinare gengarino, non è una diaspora ma un vero e proprio esodo dall'Egitto e un indubbio successo personale e politico di Maria Paola Merloni. Si tratta di un'operazione ambiziosa, in cui sarà il risultato elettorale a disegnare la vera linea di demarcazione tra il successo e la disfatta. Se Maria Paola Merloni viene eletta e a Fabriano si apre una forbice di almeno il 5% tra Camera e Senato nel voto al Pd, il Mar Rosso è destinato ad aprirsi rapidamente al passaggio di molti e rinomati fuggitivi. Diversamente tutto resterebbe fermo come prima, con la Cena di Genga avvolta nell'oblio e serenamente derubricata a gentile cortesia per gli ospiti e a episodio di buon vicinato tra chi non sta più assieme ma è condannato dalle circostanze e dal potere a convivere e collaborare.
    

17 febbraio 2013

La lezione politica delle mamme e delle mense


Tratto dal film Novecento

Si dice non ci sia niente di più pericoloso di una mamma incazzata. E niente di più letale di sessanta mamme in assemblea che trattano, coi politici le condizioni di pagamento della mensa dei propri figli. Sagramola non sapeva in che guaio si stava cacciando perchè, nonostante sia un cattocomunista corazzato, non si è mai soffermato a riflettere su quel capolavoro del cattocomunismo che fu Novecento di Bernardo Bertolucci, specie nel passaggio in cui è solo il coraggio delle donne a sfidare il potere e i gendarmi a cavallo. Sul pagamento delle mense hanno vinto le mamme e hanno perso il Sindaco Tini e il Vicesindaco Sagramola. I pagamenti sono posticipati al 31 marzo e a poco serviranno le mille scuse e le mille puntualizzazioni dei prossimi giorni. A riprova che quando c'è da giocare duro l'opposizione consiliare non serve a una beata minchia e certe decisioni vengono ritrattate o rinegoziate soltanto se i cittadini scelgono il modello dell'organizzazione collettiva dal basso, veri e propri Cobas che si aggregano su un tema e si sciolgono un istante dopo aver ottenuto il risultato. Si tratta di un modello partecipativo che avrebbe raccolto anche il consenso di un Alexis de Tocqueville, che individuò proprio nella partecipazione pragmatica e a termine la chiave del successo della democrazia americana rispetto agli ideologismi di lungo periodo della rivoluzione francese. Ma senza divagare troppo e senza richiamare autori di nobilissima concezione che mal si addicono alla miseria dei nostri tempi, credo sia opportuno riflettere sulle conseguenze politiche di questa disfatta della coppia Tini&Sagramola. La prima è la caduta di leadership del primo cittadino, perchè un Sindaco davvero con le palle di un Colleoni va a difendere e rivendicare, senza scuse risibili, le sue scelte in qualsiasi assemblea, consapevole che un amministratore ha il dovere di andare avanti ed è soggetto a un unico indicatore di successo o di sconfitta: le elezioni successive. C'è poi un altro aspetto, politicamente gravissimo e gravido di conseguenze. Prendere una decisione e buttarla alle ortiche dopo pochi giorni, solo perchè la gente si incazza, vuol dire che quella scelta è nata orfana e non è supportata da convinzioni profonde, perchè una posizione solida non si riduce a fortilizio diroccato di fronte a proteste fisiologiche, che sono il pane quotidiano della dialettica tra cittadini e istituzioni. Ma da questa vicenda si ricavano anche altre impressioni. La prima è che la Premiata Coppia abbia agito come certi venditori che ti rifilano la merce bacata mescolata a quella buona, seguendo la logica del "proviamoci che tanto il cliente è fesso e non si accorge". E sarebbe interessante sapere chi tra Tini e Sagramola abbia vestito i panni del direttore vendite, convincendo tutto l'ambaradan che questa fosse la modalità migliore per far ingoiare ai fabrianesi tre bollettini in dieci giorni. La seconda è invece un'impressione strettamente politica: siccome anche il gatto sa che il pagamento anticipato dei servizi a domanda individuale è una fisima ragionieristica di Angelino Monti da San Donato e visto che su questa ossessione di bilancio si è verificato l'ennesimo scivolone della Giunta, pare assodato che il buon Sagramola sia oramai costretto a rincorrere e a soddisfare tutti i capricci di Tini senza neanche un diritto al lamento. Il che significa che abbiamo un Sindaco che non è stato votato dal popolo (Tini) ma solo nominato da un Sindaco eletto (Sagramola) che per questo si è declassato a Vicesindaco (Sagramola) lasciando al non eletto, ma nominato (Tini), la vera carica di primo cittadino. E per questo siamo ben oltre il problema politico, ossia giusto a un passo da un piccolo golpe istituzionale, di cui la rabbia delle mamme ci ha offerto un'ulteriore e forse definitiva testimonianza.
    

16 febbraio 2013

Spacca e il mistero non misterioso della busta anconetana

di Fabrizio Mosc
Quando i bambini della scuola primaria si cimentano con le prime moltiplicazioni complicate - operazioni di vera e propria dannazione infantile - lo sforzo matematico viene compensato con uno strumento non perfetto ma mediamente salvifico: la prova del nove, un piccolo test di verifica del risultato finale della moltiplicazione. In politica, purtroppo, la prova del nove non esiste, perchè tutto è dominato dalle eccezioni e da una sensazione permanente e rassicurante di non replicabilità. Ma ci sono comunque strumenti che surrogano, abbastanza efficacemente, l'assenza di una prova matematica convincente e certa. Si chiamano prove deduttive e funzionano quando sono sostenute da indizi che convergono e rivelano la natura e il senso di una presa di posizione, di un silenzio o di una qualunque altra situazione riconducibile al gioco di segni e segnali che caratterizza la politica. Ieri mi sono ritrovato tra le mani una busta rettangolare, vidimata dal timbro delle Poste Italiane. Una missiva spedita da Ancona. Intestata Consiglio Regionale delle Marche - Assemblea Legislativa delle Marche. Sul retro il timbro del mittente: Gruppo Consiliare GIAN MARIO SPACCA PRESIDENTE, Piazza Cavour 23 - 60121 Ancona. Visto che manca una settimana al voto ho immaginato un contenuto elettorale routinario, di sostegno a questa o a quell'altra lista. Ma un punto interrogativo mi è rimasto appeso in testa visto l'assoluto riserbo del Governatore rispetto alle forze in campo per le elezioni politiche. La domanda a cui dare risposta era molto semplice e seducente: se il Gruppo Consiliare che fa esplicito riferimento a Spacca invia una lettera comprensiva di messaggio elettorale si presume lo faccia con il benestare del Governatore e quindi, a partire da questa sventagliata di buonsenso, diventa possibile metersi a rintracciare e inquadrare interessanti prove deduttive di orientamento politico. Dentro la busta però non c'era nè la tradizionale lettera appello, nè il classico santino, nè il depliant trash, corredato di colori, di logo e slogan, ma soltanto una pagina di giornale ridotta e portata a dimensione di foglio A4. La pagina è del Resto del Carlino del 7 febbraio 2013 e riporta, in alto, un grafico dell'andamento elettorale dei principali partiti nelle Marche e nella metà inferiore una lunga intervista al politologo Francesco Orazi, intitolata "Egemonia Pd alla prova del voto. Il vero pericolo è Beppe Grillo". E' del tutto evidente che posta in questi termini la pagina è tecnicamente misterica, dato che non presenta segni di evidenziazione nè una qualche sottolineatura che possa far intendere, al volo, il messaggio e il senso del contenuto. L'unico riferimento, potentissimo e rivelatore, è solo nella risposta di Francesco Orazi alla domanda sulla valenza locale del voto nazionale, che riporto integralmente perchè contiene una sintesi perfetta di quel che si andava cercando: "In effetti Spacca con il suo Modello Marche è stato il precursore della Lista Monti e credo che il candidato Oreficini sia la sintesi perfetta del progetto del Governatore che ha messo assieme: Modello Marche, Lista Monti-Montezemolo e mondo cattolico progetto Todi-Bagnasco. Ora questo laboratorio va alla prova del voto e si scontra, o meglio, si rapporta con l'egemonia del Pd pesarese che ha voluto candidare ortodossi e fedeli alla linea Bersani-Ucchielli. Il futuro della Regione dipenderà dall'esito di questo braccio di ferro". Abbiamo scoperto l'acqua calda? Può darsi. Ma fino ad ora le scelte di Spacca non erano mai state rivelate e tutto il chiacchiericcio era più che altro il frutto di congetture verosimili e di deduzioni istintive. Mancava la prova deduttiva del disegno e della prospettiva. Adesso c'è perchè, come sempre, si annida più verità in un messaggio elettorale che in un'intera enciclopedia di riflessioni politologiche.
    

14 febbraio 2013

La rivolta delle mamme e lo scandalo delle mense

Gli artefici dello scandalo mense (di Fabrizio Moscè)
Sagramola e Tini sono due furbacchioni matricolati, un Gatto e una Volpe d'antico pelo e di solida tradizione democristiana. E quando scaltrezza, intelligenza e prassi sacrestana convergono in un'unica persona è buona cosa tutelarsi camminando sempre con la schiena bene appoggiata al muro. Il Gatto e la Volpe sulla questione dei pagamenti anticipati per le mense scolastiche quasi sicuramente hanno ragionato così: il mese di febbraio è quello più propizio per far scattare la tagliola perché hanno tutti la testa girata da un'altra parte. Ci sono le elezioni politiche, il toto scommesse su chi saranno i fabrianesi eletti, su chi va a Roma e chi resta al paesello ma senza la poltrona. E poi la gran botta di culo delle dimissioni del Papa, che arrivano a completare il cerchio della distrazione pubblica, con gli occhi della gente puntati Oltretevere e su quel che accadrà alla Chiesa e nel mondo cattolico. Sagramola e Tini si saranno dati di gomito, sogghignando e contando sulla tradizionale mansuetudine dei fabrianesi, che di solito alzano gli occhi rassegnati al cielo pure se gli bombardi la casa e il giardinetto intorno. Ma per una volta la previsione del Gatto e delle Volpe è andata a vuoto perché, senza preavviso e senza demiurghi, è partita l'insurrezione delle mamme. In poche ore, come scrive oggi il Resto del Carlino, sono state raccolte più di duecento firme e per sabato pomeriggio è prevista un'assemblea dei genitori che minacciano pure azioni eclatanti, con tanto di bambini coinvolti. Il Sindaco, da incallito democristiano, è intervenuto per scusarsi di quanto accaduto. Come se il chiedere scusa rendesse più accettabile pagare tre bollettini in dieci giorni trasformando il mese corrente in una vera e propria trincea finanziaria per le famiglie fabrianesi. E poi, come sempre accade, quando le scuse sono fasulle e non si sa dove mettere le mani per coprire la cazzata, si ricorre alla spiegazione tecnica, alla congestione da start up, al caos da stabilizzazione delle procedure. L'azione di protesta delle mamme è un ottimo gancio per trasformare la questione mense in un Vietnam. Non per mettere in difficoltà la Giunta ma per ottenere un obiettivo molto più concreto: bloccare il pagamento anticipato, discutere della possibilità di applicare alle mense scolastiche il criterio dei tagliandi come nel caso del trasporto pubblico locale e avviare un confronto con le famiglie e i cittadini perché non è possibile che i capricci contabili del Ragioniere Angelo Tini e del suo Vicesindaco Sagramola diventino il Golgota di famiglie già devastate dalla disoccupazione e da una permanente tensione finanziaria. Su questo tema misureremo molte vocazioni: quel che resta dell'ispirazione sociale del Pd ma anche i livelli di scoliosi dell'opposizione. Un'opposizione che, se fosse davvero capace di conflitto e di vertenzialità, dovrebbe occupare l'aula consiliare giorno e notte, costituendosi in assemblea permanente aperta ai cittadini e luogo di discussione e proposta di soluzioni accettabili - sia per il Comune che per i cittadini - in materia di finanziamento dei servizi a domanda individuale. Diversamente le famiglie saranno costrette o a subire il diktat  degli amministratori o a ribellarsi all'onere senza modificare lo scenario e ingurgitando nuovo veleno nei confronti di uno Stato sempre più nemico dei suoi cittadini. E' quindi fondamentale fermare l'insensibilità sociale di Tini e Sagramola e il loro rigorismo nutrito di pelo sullo stomaco. E per questi ci sarebbe bisogno anche di un pronunciamento forte e corale dei candidati fabrianesi alle elezioni politiche, perché Parlamento e enti locali non sono entità distinte e separate ma soggetti complementari di una politica al servizio dei cittadini e non ancella di se stessa.