19 marzo 2013

Carifac se n'è andata e non ritorna più


Fusione per incorporazione. E’ interamente racchiuso nel tecnicismo di questa procedura societaria il fine corsa della Carifac. La storica banca fabrianese cessa di essere un’entità autonoma, con una sua struttura e una sua catena di comando, e si acconcia a farsi marchio transitorio, effimero e destinato a rapida consunzione. Si chiude, quindi, senza gloria e senza memoria una vicenda ricca e importante, che ha segnato in profondità il benessere economico del territorio, cementando una linea di consenso politico che si è indissolubilmente intrecciata con le esigenze individuali, familiari e generazionali di un blocco sociale più controverso e complesso rispetto allo spiccio clientelismo delle assunzioni e delle aperture di credito. Sul versante simbolico il fine corsa della Carifac avrà implicazioni ancora più pesanti di quel che ha rappresentato, nell'autopercezione di una intera comunità, l’implosione della Ardo. La Cassa di Risparmio è stata, infatti, il sogno di generazioni,  l’occasione di riscatto per i figli del metalmezzadro, l’unica opportunità locale di mobilità sociale e di promozione professionale. Lavorare in Cassa di Risparmio significava non solo stabilizzare il proprio ruolo nella società fabrianese, ma anche esercitare una funzione di gendarmeria del blocco sociale, di vigilanza in nome e per conto del potere: gettando un occhio sui conti dei fabrianesi, monitorandone croci e delizie economiche, applicando - attraverso un mormorio felpato ma pervasivo - un controllo sociale al limite dell'apartheid, verificando le discese ardite e poi le risalite, inquadrando i meritevoli di luce e i destinati all'ombra, i degni d'invito a cena e quelli da scansare riducendo al minimo vicinanze e confidenze. Con la fusione per incorporazione Carifac cambia segno, natura e destino: cessa di essere il braccio secolare del potere economico, l’occhio attento del potere politico e il barometro della rispettabilità sociale, per essere solo e soltanto banca, sportello, risparmi da raccogliere e impieghi da destinare. Di fronte a questo salto di paradigma una classe dirigente seria dovrebbe tacere e interrogarsi sulla mutazione genetica delle banche, che quando rispondono al comando della politica e del potere sono destinate ad assorbire traumi, diseconomie e servilismi. Per queste ragioni si fatica a comprendere alcune dichiarazioni del Sindaco Sagramola, che ha rintuzzato i vertici di Veneto Banca per aver annunciato la fusione per incorporazione ad Ancona invece che a Fabriano. Come se la differenza di location potesse ancora rappresentare una linea di demarcazione tra il prima e il dopo, tra la permanenza di un radicamento territoriale e l'inarrestabile vocazione al nomadismo delle attività e dei profitti. Veneto Banca non ha acquisito Carifac per tutelare gli interessi di Fabriano ma quelli di se stessa. E alla holding di Montebelluna interessano la dorsale adriatica e la direttrice dell’entroterra, grandi assi di sviluppo dimensionale rispetto ai quali Fabriano incarna un punto tra i tanti nella linea strategica e territoriale di crescita del gruppo. Ed è sintomo di testa voltata indietro che un primo cittadino – magari solo per rimarcare un'adesione retorica al culto delle radici, recise da quella stessa classe dirigente di cui è parte integrante – neghi la verità amara ma necessaria delle cose, immaginando connessioni territoriali che la Banca non ha più coltivato da tempo e richiamando impegni in loco che sono incompatibili col nuovo corso e le sue necessità. A chi governa non si chiede di ribaltare le decisioni dei soggetti economici perché non è politicamente ed economicamente possibile, ma di inquadrare il danno e di evitare la beffa. E beffa sarebbe stata organizzare una finzione politicamente corretta, organizzando una conferenza stampa a Fabriano per comunicare ai fabrianesi che da domani e per sempre conteranno meno del due di denari quando briscola è bastoni. Bisogna essere chiari. Anche la sconfitta e il declino hanno bisogno di uno stile e di un decoro. Che non prevedono si consideri umiliante, o peggio ancora disdicevole, ciò che ha evitato alla città l'inutile affronto di un mesto e insincero congedo.
    

7 commenti:

  1. il monastico19 marzo, 2013

    Nostalgica melancolia battistiana.

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  2. Tranquilli adesso arriva la "costituenda"bcc!!!!

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  3. Fa pensare alla grande fusione di "caos calmo", ci si potrebbe dunque scrivere un romanzo. In fondo l'apocalisse quando arriva non è sempre un danno...almeno per noi che resteremo alla finestra. Il cadavere della company town non ci farà piangere, ognuno alla fine non avrà di più di quel che ha meritato. (alex)

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  4. Girava qualche anno fa nelle aziende un libriccino dalla copertina e dal titolo molto fumettistici: Chi ha spostato il mio formaggio? (di Johnson Spencer).
    (senza andare in libreria lo trovate anche su youtube)

    A me pare che in molti, troppi, siamo ancora alla fase della domanda: Chi ha spostato il mio formaggio?

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    1. qualche decennio di panze piene ha inevitabilmente comportato una certa atrofizzazione dei cervelli, adesso che le panze saranno sempre meno piene forse i cervelli riprenderanno a funzionare...qualcuno vedrà questa cosa come una tragedia, per me è solo una liberazione.

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    2. Lo dicevo cinque lustri (circa) fa! Ma nessuno mi credeva! Ma quelle persone che ora stanno constatando i fatti, aspettano il prossimo culo! (da leccare off course)

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  5. Storia triste e puzzolente quella della CARIFAC. Ma tutti salvi e vergini.

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