18 aprile 2015

La linea del Piave del Piano Whirlpool


Ieri è stato il giorno della "rabbia e dell'orgoglio", delle reazioni a caldo, del sussulto anarcoide e dei no che risalgono brutali e istintivi. A partire da oggi non potrà essere l'emozione la bussola più adatta per orientarsi in una vertenza complicata, ma una razionalità lucida e calma fondata sul principio di realtà.

La prima cosa da fare è distinguere. Il Piano Indesit del 2013 era un disegno di riorganizzazione finalizzato a creare le condizioni per una vendita del gruppo che fosse il più remunerativa possibile per gli azionisti. Di fatto si trattava di un'operazione a breve termine e senza prospettiva futura, in cui l'unico orizzonte era un recupero di redditività capace di condurre Indesit all'abbraccio con l'acquirente: bella, acchittata e in abito da sposa.

In quel contesto la conflittualità sociale fu una risposta comprensibile - perchè i lavoratori e le forze sociali avevano intuito che si profilava un cambio di scenario su cui era necessario intervenire da subito con energia - ma sostanzialmente sterile perchè Indesit aveva fretta di vendere, mentre le parti sociali agivano come se il Piano fosse ancora dentro la storia merloniana e il cambio di proprietà non fosse altro che un'ipotesi apocalittica e remota.

Oggi siamo in un'altra situazione che non può essere affrontata col classico schema degli scioperi e dei blocchi stradali. Le differenze con il 2013 sono enormi: innanzitutto perchè Indesit non esiste più come soggetto autonomo ed è stata annessa e incorporata a Whirlpool; e poi perchè siamo di fronte a un Piano Industriale. 

Ma che cos’è un Piano Industriale? Sostanzialmente un documento economico, industriale, commerciale e organizzativo che delinea le intenzioni del management in merito alle strategie competitive del gruppo, alle azioni che saranno realizzate per raggiungere gli obiettivi strategici e alla stima dei risultati attesi.

Nella fattispecie il Piano Industriale presentato giovedì è la carta d'identità di Whirlpool e per questa sua natura non può essere modificato dall'esterno, perchè il modello di business, che piaccia o meno, viene scelto in autonomia dalla proprietà e dal management del gruppo.

Di fronte a questo punto fermo l'unico margine di trattativa può essere creato e sfruttato prendendo realisticamente atto del Piano Whirlpool e individuando nel polo dei piani di cottura la linea del Piave.  

Ciò significa due cose: che non ci si arrocca in difesa dello stabilimento di Albacina e che non si contesta la scelta di Melano come centro dei piani di cottura ma si va a direttamente a contrattare sulle prospettive di sviluppo di quel segmento di produzione e su come riassorbire la quota di esuberi generata dalla chiusura di Albacina.

Per gestire in modo serio e robusto questa operazione bisogna superare due certezze ormai prive di fondamento: che Indesit esista ancora e che Fabriano sia sempre il centro di quell'universo. Una rivoluzione di mentalità urgentissima ma che non può prendere corpo in pochi giorni. Ancora una volta è il tempo, risorsa scarsa, il nemico più insidioso del nostro territorio.
    

5 commenti:

  1. Con i blocchi stradali si risolve ben poco. Chi ci passa più ormai per favrià?
    E poi sarebbe bello andarsi a leggere quello scritto dai sindacalisti subito dopo l'acquisto di Whirpool.
    Ma questa gente non ha vergogna? Crede davvero che non ci sia memoria in questa città?

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  2. Simonetti ultimamente hai scritto poco ma vedo che l'ispirazione è sempre la stessa. Bentornato su Fabriano!

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  3. Lapalissiano, ma dove sarebbe la notizia?

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  4. Per Lodolini il confronto tra Ministero e Whirpool avrà risultati positivi. Amen, andate in pace!

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    1. Lodolini è sempre contento quando lo invitano ai tavoli di governo perchè pensa che se magna.

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